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Carlo Gualtieri » 4.Le Leggi di Conservazione - Parte prima


Volume materiale e volume di controllo

L’Idraulica Ambientale ha in comune con la Meccanica dei Fluidi classica i principi o leggi di conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia che sono alla base di alcune delle equazioni utilizzate per analizzare e risolvere i diversi problemi applicativi. Questa Lezione presenta i teoremi del trasporto e tali leggi di conservazione, che possono essere espressi sia in forma differenziale, ossia riferita ad un punto, sia in forma integrale, ossia relativa un certo volume di fluido.
Si possono considerare, secondo un approccio già usato nella Meccanica dei Fluidi e nell’Idraulica classiche, un volume fisso nello spazio oppure un volume che si muove nello spazio seguendo le particelle fluide che lo compongono. Ciò conduce alla distinzione fra:

  • un volume finito di fluido che può cambiare forma, posizione, temperatura, etc. ma contiene sempre la stessa quantità di materia è detto sistema o volume materiale (MV); va notato che questa definizione corrisponde al concetto di “sistema chiuso” della Termodinamica. Lo studio di un fluido in termini di sistema non è, però, affatto semplice in quanto occorre seguire le particelle che compongono il sistema stesso nei loro movimenti, spesso complessi;
  • un volume finito di fluido scelto arbitrariamente nello spazio e che può essere attraversato nel tempo da un flusso di particelle fluide è detto, invece, volume di controllo (CV); esso, che corrisponde al concetto di “sistema aperto” della Termodinamica, può avere anche forma variabile, anche se molto spesso conviene che ne abbia una ben definita. E’ evidente che in tale approccio la quantità e l’identità del fluido presente all’interno del volume possono variare da istante a istante; la superficie che delimita il volume di controllo è detta superficie di controllo.

Il teorema del trasporto di Reynolds

Il teorema del trasporto di Reynolds fornisce la variazione nel tempo all’interno di un sistema di una qualsiasi grandezza estensiva B, che è pari, appunto, a:

\frac{dB}{dt}=\int_W \frac{\partial ( \rho b)}{\partial t}dW+\int_A \rho bV_n dA~~~~~~~~~~(4.1)

In altre parole, tale variazione è la somma di due termini; il primo, detto di termine di accumulazione, esprime la variazione della grandezza all’interno del volume di controllo considerato, mentre il secondo, detto termine di scambio, è legato al passaggio di tale grandezza attraverso i confini del volume di controllo. Si noti che i due termini al secondo membro della (4.1) sono espressi in funzione della grandezza intensiva b corrispondente. La proprietà intensiva b presente nella (4.1) varia a secondo della proprietà estensiva B di cui si intende fare il bilancio all’interno del sistema:

  • se B è la massa, la proprietà intensiva è pari ad 1, perché ρ, proprietà intensiva corrispondente alla massa, vi è già presente;
  • se B è la quantità di moto, la proprietà intensiva è la velocità;
  • se B è l’energia, la proprietà intensiva è il prodotto fra l’energia per unità di massa em e la densità ρ.

Principio di conservazione della massa

Si è visto che il teorema del trasporto di Reynolds può essere utilizzato anche con riferimento alla massa del fluido e che, in tal caso, la grandezza intensiva da considerare è pari ad 1. Dal momento che per definizione la variazione della massa nel volume materiale è nulla, la (4.1) diventa:

\int_W \frac {\partial \rho}{\partial t}dW+\int_A \rho (\vec V\cdot \vec n)dA=0~~~~~~~~~~(4.2a)

dove il primo termine è il tasso di variazione della massa presente nel volume di controllo, mentre il secondo rappresenta il flusso di massa che attraversa la superficie di controllo. In condizioni stazionarie, dove la densità non dipende dal tempo, il primo termine scompare e la (4.2a), applicata ad un volume fisso, diventa:

\int_A \rho (\vec V\cdot \vec n)dA=0~~~~~~~~~~(4.2b)

che è l’espressione del principio di continuità in forma integrale. Essa indica che, nel caso in cui la densità del fluido sia costante nel tempo, la massa totale che entra nel volume di controllo è eguale alla massa totale uscente da esso. In altre parole, la relazione trovata determina un legame fra i caratteri cinematici del processo di moto e la densità del fluido.

Principio di conservazione della massa (segue)

Si consideri ora una qualunque linea chiusa, che non sia una linea di corrente, e si immagini di tracciare il complesso delle linee di corrente che passano per tutti i punti della linea chiusa; esse formano una superficie tubolare che gode della proprietà di non essere attraversata da fluido nell’istante considerato. Lo spazio delimitato da tale superficie viene denominato tubo di flusso. Se si applica al volume di controllo contenuto in un tubo di flusso, come mostrato nella Fig.4.1, la (4.2a) diventa:

\vec V\cdot \vec n dA=\text{costante}~~~~~~~~~~(4.2c)

che esprime la cosiddetta portata elementare, ossia il volume fluido passante nell’unità di tempo attraverso la generica superficie dA di normale. Se si integra la (4.2c) all’intera porzione di sezione contenuta nel tubo di flusso, si ottiene la sua portata Q:

Q=\int_A (\vec V\cdot \vec n)dA~~~~~~~~~~(4.2d)

Fig. 4.1 – Principio di continuità per un tubo di flusso

Fig. 4.1 - Principio di continuità per un tubo di flusso


Principio di conservazione della massa (segue)

Più semplicemente la portata può essere definita se si fa riferimento, anziché ad una sezione generica, ad una sezione trasversale, ossia normale in ogni punto alla linea di flusso passante per il punto stesso; in tal caso, se V è il modulo della velocità, si ha:

Q=\int_A VdA~~~~~~~~~~(4.2e)

Infine, la velocità media Vmedia nella generica sezione trasversale è il rapporto fra la portata e l’area della sezione.

Fig. 4.1 – Principio di continuità per un tubo di flusso

Fig. 4.1 - Principio di continuità per un tubo di flusso


Principio di conservazione della massa (segue)

Si consideri di nuovo un volume di controllo fisso. Se si trasforma l’integrale di superficie al secondo membro della (4.2a) in un integrale di volume applicando il teorema della divergenza e si considera che il volume di controllo ha dimensioni elementari, diventa, si ottiene:

\frac{\partial \rho}{\partial t}+div(\rho \vec V)=0~~~~~~~~~~(4.3a)

Se si sviluppa il secondo termine e si applica la regola di derivazione euleriana alla densità, si ha:

\frac{d\rho}{dt}+\rho (div~\vec V)=0~~~~~~~~~~(4.3b)

che esprime il principio di conservazione della massa in forma differenziale, valido per qualunque massa fluida in movimento. Nel caso di un fluido con densità costante sia nello spazio che nel tempo, dove, quindi, dρ/dt=0, si parla di moto con fluido incomprimibile e si ha:

div ~\vec V=0~~~~~~~~~~(4.3c)

o anche:

\frac{\partial u}{\partial x}+\frac{\partial v}{\partial y}+\frac{\partial w}{\partial z}=0~~~~~~~~~~(4.3d)

che esprime il principio di continuità in forma differenziale, in cui il campo del vettore velocità è solenoidale.

Principio di conservazione della quantità di moto

Il principio di conservazione della quantità di moto in forma differenziale considera che l’insieme delle forze agenti su un generico elemento di fluido determina una variazione della sua quantità di moto. In altre parole, tali forze possono determinare un aumento o una diminuzione della quantità di moto. Esse sono di due tipi:

  • forze di massa, che si esercitano a distanza sulle particelle del sistema, proporzionalmente alla loro massa, fra cui c’è la forza di gravità, cui corrisponde il peso della massa fluida;
  • forze di superficie, che sono esercitate dall’esterno attraverso la superficie di contorno del sistema.
Fig. 4.2 – Componenti del tensore degli sforzi

Fig. 4.2 - Componenti del tensore degli sforzi


Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Si consideri, adesso, un parallelepipedo rettangolare con le facce aventi versori paralleli agli assi coordinati x, y e z e lati dx, dy e dz (Fig.4.2). La prima equazione cardinale della dinamica, applicata alla massa dm=ρdxdydz, contenuta nel parallelepipedo ed avente velocità ed accelerazione, fornisce:

d\vec R=\vec A ~dm~~~~~~~~~~(4.4a)

dove dR è la risultante delle forze agenti sulla massa stessa, costituita, appunto, dalle forze di massa e da quelle superficiali:

  • le forze di massa valgono ρ dxdydz, dove ρ è la densità del fluido contenuto nel parallelepipedo e è pari alla gravità moltiplicata per il versore delle normale alla superficie terrestre ed ha, poiché il fluido è pesante, modulo pari a – g grad z, dove z è la quota geodetica, misurata a partire da una qualsiasi piano orizzontale di riferimento;
  • le forze superficiali sono rappresentate dalla risultante degli sforzi trasmessi alla massa considerata dal fluido circostante attraverso la superficie di contorno del parallelepipedo.
Fig. 4.2 – Componenti del tensore degli sforzi

Fig. 4.2 - Componenti del tensore degli sforzi


Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Tali sforzi possono essere valutati considerando la generica forza per unità di superficie , agente su ciascuna delle facce del parallelepipedo, che può essere divisa in una componente normale alla faccia ed in due componenti tangenziali, le quali si trovano nel piano della faccia e sono orientate secondo gli altri due rimanenti assi coordinati. Ad esempio, sulla faccia di normale x, presenta una componente orientata secondo l’asse x, che è chiamata Φxx e due componenti tangenziali, Φxy e Φxz, che giacciono nel piano di normale x e sono orientate, rispettivamente, secondo l’asse y e l’asse z.
Se si considerano positivi gli sforzi di trazione e tenuto conto del verso degli assi x, y e z, gli sforzi interni presentano 3 aliquote, a secondo della normale scelta, che è negativa se orientata in verso opposto agli assi e si introducono anche le forze di massa, l’equilibrio alla traslazione del volume elementare fornisce:

\rho \vec A=\rho\vec g+\frac{\partial \vec \Phi_x}{\partial x}+\frac {\partial \vec \Phi_y}{\partial y}+\frac{\partial \vec \Phi_z}{\partial z}~~~~~~~~~~(4.4b)

che è l’equazione indefinita del movimento o equazione del moto di Cauchy.

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Gli sforzi ora introdotti possono essere meglio definiti. In primo luogo, va ricordato che se si considera un tetraedro elementare con 3 facce parallele ai piani coordinati e la quarta di generica normale n, le spinte agenti sulle facce sono proporzionali alle superfici di queste e, quindi, sono delle quantità infinitesime del secondo ordine, mentre il volume del tetraedro è un infinitesimo del terzo ordine e tale è, quindi, la risultante delle forze di massa e di inerzia. Pertanto, trascurando tale risultante rispetto alle forze di superficie, per l’equilibrio del tetraedro, lo sforzo agente in un punto lungo la è funzione lineare ed omogenea degli sforzi agenti nello stesso punto su tre qualsiasi giaciture fra loro ortogonali:

\vec \Phi_n=\vec \Phi_x cos ~nx +\vec \Phi_y cos~ ny+\vec \Phi_z cos ~nz~~~~~~~~~~(4.5)

dove nx, ny e nz sono gli angoli formati dalla con gli assi x, y e z; la (4.5) prende il nome di teorema del tetraedro di Cauchy, che proiettata lungo i tre assi, fornisce la terna di relazioni scalari:

\Phi_{nx}=\Phi_{xx}cos~nx + \Phi_{yx}cos~ny + \Phi_{zx}cos~nz

{\Phi_{ny}=\Phi_{xy}cos~nx + \Phi_{yy}cos~ny + \Phi_{zy}cos~nz} ~~~~~~~~~~(4.6)

\Phi_{nz}=\Phi_{xz}cos~nx + \Phi_{yz}cos~ny + \Phi_{zz}cos~nz

dove compaiono 9 componenti di sforzo, nelle quali il primo pedice indica la direzione della normale all’elemento su cui agisce lo sforzo ed il secondo la direzione secondo cui si fa la proiezione.

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Tali componenti formano un tensore, chiamato tensore degli sforzi viscosi o tensore degli sforzi \vec S. Pertanto, in base a questa distinzione, le 9 componenti di possono essere suddivisi in due gruppi:

  • le 3 componenti normali Φii, ossia con coppia di pedici uguali, dette anche σx, σy e σz;
  • le 6 componenti tangenziali Φij, ossia con coppia di pedici diversi, dette anche τij.

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Dall’equilibrio alla rotazione del generico elemento piano, si può dimostrare che le componenti tangenziali del tensore degli sforzi sono a coppia uguali e, quindi, il tensore degli sforzi è simmetrico e le sue 9 componenti si riducono a 6, 3 componenti normali e 3 componenti tangenziali. Queste tre ultime sono, infine, dette τx, τy e τz, dove τx è il valore comune delle componenti tangenziali τzyyz, agenti ortogonalmente all’asse x nei piani di normale y e z e che, pertanto, singolarmente tenderebbero a determinare una rotazione dell’elemento intorno ad un asse parallelo all’asse x. Pertanto, in definitiva, il tensore degli sforzi è (Fig.4.3):

\vec S=\left|\begin{array}{lll} \sigma_x ~~~\tau_z~~~\tau_y\\\tau_z~~~\sigma_y~~~\tau_x\\\tau_y~~~\tau_x~~~\sigma_z\end{array}\right|~~~~~~~~~~~~~(4.7a)

che definisce lo stato tensionale in ogni punto.

Fig. 4.3 – Componenti del tensore degli sforzi

Fig. 4.3 - Componenti del tensore degli sforzi


Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Lo stato tensionale in un punto può essere adesso visto come dovuto alla sovrapposizione di due diversi stati tensionali, l’uno legato alle sole componenti normali dello sforzo, ossia alla pressione, e, quindi, tipico di un fluido perfetto, e l’altro individuato dalle 6 componenti di tensione che nascono durante il movimento a causa della viscosità del fluido e che, quindi, distinguono il comportamento di un fluido reale rispetto a quello di un fluido perfetto. Il tensore degli sforzi può essere decomposto nella somma di due tensori:

\vec S=\left|\begin{array}{lll} \sigma_x ~~~\tau_z~~~\tau_y\\\tau_z~~~\sigma_y~~~\tau_x\\\tau_y~~~\tau_x~~~\sigma_z \end{array}\right| = \left|\begin{array}{lll} -p ~~~~~0~~~~~~0\\~~0~~~-p~~~~~0\\~~0~~~~~~0~~~-p\end{array}\right| + \left|\begin{array}{lll}\sigma_x +p~~~~\tau_z~~~~~~~~~~~\tau_y\\ ~~~\tau_z~~~~\sigma_y+p~~~~~~~~\tau_x\\ ~~\tau_y~~~~~~~~~\tau_x~~~~~~~\sigma_z+p\end{array}\right|~~~~~~~~~~(4.7b)

dove il primo tensore è un tensore isotropo in quanto gli unici elementi non nulli, fra l’altro uguali fra loro, si trovano sulla diagonale principale; esso rappresenta lo stato tensionale tipico di un fluido in quiete o di un fluido perfetto ed è, quindi detto, detto tensore idrostatico o isotropo e i suoi elementi non sono modificati da una eventuale rotazione del sistema di coordinate scelto; il segno negativo deriva dalla convenzione sul segno degli sforzi di compressione. Il secondo tensore è quello che trae origine dall’eventuale movimento del fluido ed è detto deviatore delle tensioni; la somma dei termini posti sulla sua diagonale principale è nulla.

Fig. 4.3 – Componenti del tensore degli sforzi

Fig. 4.3 - Componenti del tensore degli sforzi


Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Pertanto, in un fluido in quiete o in un fluido perfetto, il generico elemento del tensore degli sforzi Φij vale, se δij è il generico elemento del tensore di Kronecker:

\Phi_{ij}=-p\delta_{ij}~~~~~~~~~(4.8a)

mentre, se il fluido è in movimento vale, se σij è il generico elemento del tensore degli sforzi:

\Phi_{ij}=-p\delta_{ij}+\sigma_{ij}~~~~~~~~~(4.8b)

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

La decomposizione ora proposta mette in evidenza come all’annullarsi del movimento, ossia al tendere a zero del deviatore, gli sforzi normali σx, σy e σz tendono al comune valore idrostatico p. Si noti che, talvolta, la (4.7b) è espressa, in forma compatta, mettendo in evidenza il tensore deviatore delle tensioni:

\vec\Sigma=-p~{\vec \delta}+\vec S~~~~~~~~~(4.7c)

A questo punto, se gx, gy e gz sono le componenti di lungo i tre assi, l’equazione indefinita dell’equilibrio può essere proiettata lungo i tre assi x, y e z:

\rho\frac {du}{dt}=\rho g_x-\frac{\partial p}{\partial x}+\frac{\partial \sigma_x}{\partial x}+\frac{\partial \tau_z}{\partial y}+\frac{\partial \tau_y}{\partial z}

\rho \frac {dv}{dt}=\rho g_y-\frac{\partial p}{\partial y}+\frac{\partial \tau_z}{\partial x}+\frac{\partial \sigma_y}{\partial y}+\frac{\partial \tau_x}{\partial z}~~~~~~~~~(4.9a)

\rho \frac {dw}{dt}=\rho g_x-\frac{\partial p}{\partial z}+\frac{\partial \tau_y}{\partial x}+\frac{\partial \tau_x}{\partial y}+\frac{\partial \sigma_z}{\partial z}

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

A seguito della decomposizione del tensore degli sforzi, la (4.9a) diventa:

\rho\frac{du}{dt}=\rho g_x-\frac{\partial p}{\partial x}+\frac{\partial (\sigma_x + p)}{\partial x}+\frac{\partial \tau_z}{\partial y}+\frac {\partial \tau_y}{\partial z}

\rho \frac{dv}{dt}=\rho g_y-\frac{\partial p}{\partial y}+\frac{\partial \tau_z}{\partial x}+\frac{\partial (\sigma_y+p)}{\partial y}+\frac {\partial \tau_x}{\partial z}~~~~~~~~~(4.9b)

\rho \frac{dw}{dt}=\rho g_z - \frac{\partial p}{\partial z}+ \frac{\partial \tau_y}{\partial x}+\frac{\partial \tau_x}{\partial y}+\frac{\partial(\sigma_z+p)}{\partial z}

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Pertanto, si dispone, per un generico processo di movimento, delle seguenti equazioni:

  • equazione indefinita del moto, che esprime le condizioni di equilibrio dinamico in ogni punto del campo e fornisce le tre equazioni scalari (4.9b);
  • equazione di continuità che riflette il principio di conservazione della massa; nella forma indefinita più generale è la (4.3b);
  • equazione di stato che individua il legame fra la densità, lo stato di sforzo a cui si trova sottoposto il fluido e la sua temperatura; nel caso più generale, essa è, come si è visto nel capitolo precedente, ρ=ρ(p,Θ), mentre, nell’ipotesi di processo isotermico e di fluido incomprimibile, tale equazione è, semplicemente, ρ=cost.

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Si tratta, nel complesso di 5 equazioni scalari nelle 11 seguenti variabili, funzioni dei punti del campo e del tempo t:
densità ρ;
la pressione p;
componenti della velocità u, v e w;
componenti normali degli sforzi interni σx, σy e σz;
componenti tangenziali degli sforzi interni τx, τy e τz.
E’ chiaro che per rendere determinato il problema è necessario disporre di altre sei equazioni, che indicano le modalità di deformazione del fluido, che dipendono dalle proprietà reologiche del fluido individuabili in generale per via sperimentale; pertanto, definito il legame fra sforzi e deformazioni e, quindi, quello fra sforzi e componenti di velocità, il problema dinamico diventa determinato.

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

Va osservato che nel caso di fluido ideale tutte le componenti del tensore deviatorico sono nulle e resta solo il tensore idrostatico, per cui lo stato tensionale assume la forma:

\frac {\partial \Phi_x}{\partial x}=- \biggl(\frac{\partial p}{\partial x}\biggr)\vec i

\frac {\partial \Phi_y}{\partial x}=- \biggl(\frac{\partial p}{\partial y}\biggr)\vec j~~~~~~~~~(4.10)

\frac {\partial \vec \Phi_z}{\partial x}=- \biggl(\frac{\partial p}{\partial z}\biggr)\vec k

e, quindi, l’equazione indefinita dell’equilibrio si riduce alla forma:

\rho\frac {d \vec V}{dt}=\rho \vec g-~~grad~ p~~~~~~~~~~(4.11a)

che è chiamata equazione indefinita dei fluidi ideali o equazione di Eulero.

Principio di conservazione della quantità di moto (segue)

In tal caso, le incognite da individuare si riducono da 11 a sole 5, ossia la densità ρ, le componenti della velocità u, v e w e la pressione p, ovvero, è come si fossero introdotte 6 nuove equazioni, ossia (τxyz=0) e (σxyz), per cui il problema dinamico diventa definito. Tale equazione, anche se relativa a condizioni di moto non verificabili rigorosamente nella realtà, dove qualunque movimento di un fluido comporta componenti tangenziali degli sforzi, è molto utile per un primo inquadramento dei processi di moto di un fluido.
Si osserva, infine, che, nel caso di un fluido in quiete, la (4.11a) si riduce l’equazione indefinita della statica dei fluidi:

\rho \vec g=~~grad ~ p~~~~~~~~~~(4.12)

I materiali di supporto della lezione

C. GUALTIERI (2006). Appunti di Idraulica Ambientale. CUEN Editore, 2006, pp.410 (ISBN 88-7146-717-5)

D. CITRINI, G.NOSEDA (1987). Idraulica, 2ª edizione, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, Italia, pp.468

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