Legge 20 Marzo 1865 n. 2248
Prima normativa di carattere generale concernente il settore acque.
Riforme normative del periodo 1916-19
Viene in particolare privilegiato l’uso dell’acqua per la produzione di forza motrice.
T.U. del 1933
Non viene sviluppata alcuna correlazione tra le diverse utilizzazioni.
Viene sostenuta l’esigenza di una pianificazione di bacino.
A partire dalla fine del 1800, costruzione di opere a servizio di singole committenze, con dotazioni idriche anche dell’ordine di 50 l/ab·g o meno, utilizzando in genere le fonti di approvvigionamento più prossime al centro abitato da servire. In altre parole, piuttosto che definire a priori i fabbisogni idrici ed individuare successivamente una fonte di alimentazione idonea, si preferiva trovare una fonte di approvvigionamento e convogliare all’abitato la massima portata che questa poteva fornire.
Già tra le due guerre mondiali, oltre ad una maggiore coscienza dei problemi di qualità dell’acqua, si è andata diffondendo il concetto di acquedotto consortile (a servizio di un gran numero di centri abitati), in modo da eliminare le sperequazioni tra comune e comune. Possono citarsi, a titolo d’esempio, l’avvio della realizzazione dell’Acquedotto dell’Alto Calore in Campania e dell’Acquedotto Pugliese.
Nel secondo dopoguerra, inizia in Italia una trasformazione della società da prevalentemente agricola ad industriale, con un conseguente notevole incremento dei consumi idrici, sia per usi civili che industriali. All’impellente necessità di reperire nuove fonti di approvvigionamento e di meglio utilizzare quelle già captate, si affianca l’opportunità di gestire in modo coordinato le risorse idriche disponibili. Vengono costruiti grandi acquedotti regionali (ad esempio l’Acquedotto Campano).
Nel 1967 viene pubblicato il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti – P.R.G.A. (D.M. 16/03/67; G.U. n. 148 del 15/06/67) onde coordinare ufficialmente la gestione delle risorse idriche.
Il P.R.G.A. inquadra ogni Comune in uno schema idrico, definendo per esso il fabbisogno idrico necessario (l/s), con previsione al 2015 (senza però tener conto di eventuali fabbisogni industriali), specificando il numero degli abitanti da servire, precisando e vincolando anche le fonti di approvvigionamento alternative.
Attualmente le dotazioni idriche sono ben più elevate che in passato, variando dai 150÷200 l/ab_g dei centri più modesti ai 500÷600 l/ab·g dei grandi centri urbani.
Ovviamente tali dotazioni sono comprensive dei consumi domestici, degli usi pubblici (scuole, ospedali, caserme, stazioni, parchi pubblici, ecc.) e dei cosiddetti usi terziari (connessi alle attività commerciali ed industriali diffuse nel tessuto urbano).
Identificazione del bacino idrografico come unità territoriale di base per la stima della disponibilità naturale delle risorse e dei loro usi.
Coordinamento dei differenti strumenti gestionali da realizzarsi mediante il Piano di bacino, concepito come “riassuntivo di tutti gli indirizzi e coordinatore di tutte le scelte, aventi influenza sulla destinazione delle risorse ambientali e territoriali che siano comprese nel bacino”.
Assicurare la difesa del suolo ed attuare il risanamento delle acque e la fruizione e gestione del patrimonio idrico ai fini di un razionale sviluppo economico e sociale.
Suddivisione dei bacini idrografici in:
Obiettivo di fondo della legge è assicurare la razionale gestione dei servizi idrici:
La L. 36/94 ha previsto la riorganizzazione dei servizi idrici mediante la costituzione di Ambiti Territoriali Ottimali - ATO (art. 8), per il superamento della frammentazione gestionale esistente, attraverso l’integrazione territoriale (definizione di bacini di utenza minimi) e l’integrazione funzionale delle diverse attività del ciclo (Servizio idrico integrato).
L’ATO, ambito territoriale ottimale, è in genere coincidente con distretti territoriali a livello di Provincia, intesa come unità amministrativa più idonea per l’organizzazione e la gestione ottimale dei servizi idrici corrispondenti alle varie fasi del ciclo idrico integrato, dalla captazione al riutilizzo.
Per gestione ottimale si intende l’equilibrata ripartizione degli usi nel rispetto del bilancio idrico ed il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario.
ART. 1
ART. 2
L’uso dell’acqua per il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo. Gli altri usi sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ledano le qualità dell’acqua per il consumo umano.
ART. 3
L’Autorità di Bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l’equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell’area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi [...]
Per assicurare l’equilibrio tra risorse e fabbisogni, l’Autorità di Bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell’economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.
I Comuni e le Province che ricadono nel territorio devono costituire un consorzio obbligatorio di funzioni (ai sensi dell’art. 25 della Legge 8 giugno 1990 n. 142), denominato Ente o Autorità d’Ambito, con personalità giuridica pubblica ed autonomia organizzativa. Il fine è quello di organizzare il servizio idrico integrato sulla base di una pianificazione del territorio in Ambiti Territoriali Ottimali.
Il Piano d’Ambito rappresenta lo strumento di effettiva programmazione dei suddetti Enti. Esso è sottoposto dalla Regione a verifica di coerenza, sentito il parere delle Autorità di Bacino competenti.
Il Piano d’Ambito, per essere uno strumento programmatico efficace, deve raggiungere i seguenti obiettivi:
Soggetti dello schema di regolazione previsto dalla L.36/94:
Attività del Comitato di Vigilanza per l’uso delle Risorse Idriche:
Prima della Legge Galli: gestione del ciclo delle acque allo Stato (Ministero per lo Sviluppo del Mezzogiorno).
PS 3 (Progetto Speciale per il Disinquinamento del Golfo di Napoli) nel 1972: realizzazione di impianti di depurazione ed annesse reti di collettori comprensoriali, destinati alla depurazione delle acque reflue dei comuni campani.
PS 29: realizzazione di captazioni ed adduzioni di acque destinate al consumo idropotabile.
Anni ‘80: opere trasferite agli Enti destinatari o alla Regione (competenze intercomunali o interprovinciali).
Inizio Anni ‘90: la Regione individua un concessionario venticinquennale (EniAcqua Campania S.p.A.) per la gestione dell’Acquedotto della Campania Occidentale, la riscossione degli oneri provenienti dalle tariffe ed il completamento degli schemi idrici regionali di pertinenza.
Con la Legge Galli
Ha delimitato gli ambiti territoriali ottimali (art. 8, c. 2), stabilendo ai sensi della L. 142/90, la forma di cooperazione degli enti ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale (art. 9, c. 3).
Ha adottato una convenzione tipo e relativo disciplinare per regolare i rapporti tra enti locali di cui all’art. 9 e i soggetti gestori dei servizi idrici integrati (art. 11, c. 1).
Legge n°14 del 21 maggio 1997:
ATO 1 “Calore – Irpino” (195 Comuni – 117 Provincia di Avellino e 78 Provincia di Benevento).
ATO 2 “Napoli – Volturno” (136 Comuni -104 Provincia di Caserta e 32 Provincia di Napoli).
ATO 3 “Sarnese – Vesuviano” (76 Comuni – 59 Provincia di Napoli e 17 Provincia di Salerno).
ATO “Sele” (144 Comuni Provincia di Salerno).
Le attività di controllo dell’ATO sul gestore per il rispetto della convenzione:
La revisione triennale:
I gestori esistenti, anche quelli in economia, continuano a gestire i servizi fino all’organizzazione del Servizio Idrico Integrato (art. 10, c.1).
Le aziende, gli enti ed i consorzi confluiscono nel gestore del Servizio Idrico Integrato secondo le forme e le modalità previste dalla convenzione (art. 10, c.2).
I concessionari mantengono la gestione fino a scadenza della relativa concessione (art. 10, c.3).
Le opere e gli impianti di proprietà degli enti o in dotazione ad aziende speciali, sono affidate in concessione al soggetto gestore del Servizio Idrico Integrato (art. 12, c.1).
La Legge 36/94 è stata successivamente abrogata quasi totalmente dal D.L. 152/2006, che nella sezione III sviluppa in modo organico la disciplina della gestione delle risorse idriche, organizzata sulla base degli “Ambiti Territoriali Ottimali” definiti dalle Regioni.
Gli enti locali partecipano obbligatoriamente (art. 148, comma 1) alle Autorità d’Ambito, cui è trasferito l’esercizio delle competenze in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche nonché l’organizzazione, l’affidamento ed il controllo della gestione del Servizio Idrico Integrato (art. 148, comma 2).
Il compito di disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ATO e di costituire l’Autorità d’Ambito è affidato alle Regioni.
La gestione del Servizio Idrico Integrato dovrà essere effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità, nel rispetto del principio di unitarietà della gestione (art. 147, comma 2): va garantita l’unitarietà anziché l’unicità della gestione del Servizio Idrico Integrato, in quanto non è necessario che ci sia un unico gestore ma che la gestione sia fatta con criteri unitari.
Le infrastrutture fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del c. c. (art. 143) e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla Legge.
Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’art. 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita al gestore del Servizio Idrico Integrato, al quale dunque non è prevista sia trasferita la proprietà delle stesse (art. 153).
1. Problemi di pianificazione e gestione delle risorse idriche
2. Impianti regolati e non regolati per l'utilizzazione delle acqu...
3. Il ciclo integrato delle acque. Lo sviluppo delle infrastruttur...
4. I sistemi acquedottistici. Schemi di funzionamento
5. L'acquedotto esterno: tracciato e calcolo idraulico
6. Tubazioni per il convogliamento a pressione ed a pelo libero: m...
7. Tubazioni per il convogliamento a pressione ed a pelo libero: m...
8. Tubazioni per il convogliamento a pressione ed a pelo libero: m...
9. Verifica statica delle condotte
10. Acquedotto esterno: Opere di captazione
11. Acquedotto esterno: opere d'arte minori
13. I serbatoi
15. Reti di distribuzione idrica
16. Criteri di gestione dei sistemi acquedottistici
18. I sistemi di drenaggio urbano
19. Modelli di trasformazione afflussi - deflussi