Lo smaltimento a fondale di acque reflue mediante condotte sottomarine consente da un lato, per effetto dei processi di diffusione nell’ambiente ricettore, di ottemperare agli standard di qualità richiesti dalla normativa vigente e, dall’altro, di allontanare i reflui da aree di particolare interesse ambientale. E’ necessario, ovviamente, valutare con attenzione i fenomeni fisici, chimici, biologici, igienici ed estetici conseguenti all’immissione dei reflui in mare, al fine di minimizzarne l’impatto ambientale.
Il processo di diluizione si presenta, pertanto, di non semplice schematizzazione, per i numerosi parametri che intervengono nella caratterizzazione dei fenomeni idrodinamici di risalita, mescolamento e diffusione del liquame, rilascio di massa, dispersione turbolenta e decadimento batterico.
Le acque reflue, una volta scaricate a fondale, tendono, a causa della minore densità rispetto all’ambiente ricettore, a risalire in superficie: si verifica, pertanto, un processo di diffusione del getto nel suo moto ascensionale (diluizione iniziale). La spinta di galleggiamento si riduce durante la risalita, poiché aumenta la densità del miscuglio; anche la quantità di moto del getto si riduce, per effetto della dissipazione d’energia conseguente al mescolamento turbolento. Lungo la superficie laterale del getto, inoltre, s’innesca un moto vorticoso, dovuto al gradiente di velocità tra i fluidi contigui, dando, luogo alla diffusione di liquame dall’interno del getto verso l’esterno e d’acqua marina in senso inverso (spreading): il getto, pertanto, rallenta e la sua traiettoria – se esso è inizialmente orizzontale – s’incurva verso l’alto; se ne allarga, inoltre, progressivamente la sezione trasversale (zone I e II in figura).
Il miscuglio liquame-acqua marina così formato – detto piuma o nube – subisce successivamente, durante il suo spandimento in superficie (zona III e IV), un processo di diluizione susseguente (o di seconda fase), dovuto a fenomeni di diffusione molecolare e di trasporto di massa fortemente condizionati dalle correnti marine e dal moto ondoso e, contemporaneamente, un processo di dispersione batterica – che viene considerato come una terza fase di diluizione, detta per decadimento batterico – per effetto di complessi fenomeni fisici, chimici e biologici (sedimentazione, radiazione solare, temperatura e salinità del campo di liquame, pH, utilizzo di nutrienti, predazione da parte della microflora marina).
In genere l’analisi del processo di diluizione viene effettuata, pur non mancando modelli completi, mediante i cosiddetti modelli di zona, che consentono di prendere in esame separatamente le principali fasi del fenomeno:
ricavando la diluzione complessiva Sc dalla relazione:
Sc = Si · Ss · Sb
Con riferimento al getto di liquame ed alla nube sovrastante, possono essere distinte quattro zone:
In generale si ritiene che la diluizione iniziale abbia luogo nelle prime due zone, raggiungendo il massimo valore ai limiti della seconda, mentre nelle restanti due acquistano notevole peso i fenomeni di diluizione susseguente e di decadimento batterico.
Con riferimento alle ipotesi di ricettore in quiete ed a densità costante e di getti orizzontali (che indagini sperimentali hanno dimostrato fornire migliori risultati rispetto alle immissioni verticali), possono essere citati, oltre alla fondamentale analisi teorico–sperimentale di Brooks, i modelli di Abraham, Cederwall e Fischer.
Le suddette trattazioni consentono la valutazione, mediante formule ed abachi, della diluizione iniziale minima Si in corrispondenza dell’asse del getto (laddove è massima la concentrazione), in funzione dei seguenti parametri:
in cui:
in cui ρw e ρo rappresentano rispettivamente la densità del ricettore e quella del refluo scaricato.
Diluizione iniziale per ricettore in quiete in funzione della profondità relativa e del numero di Froude densimetrico per getti orizzontali
Di immediata applicazione sono le formule teorico-sperimentali di Cederwall:
per Y/DF ≥ 0.50
per Y/DF < 0.50
Va sottolineato che nel complesso fenomeno della diluizione la maggiore incidenza è da attribuire, in linea generale, alla diluizione iniziale, cui andrebbero attribuiti in fase di progetto valori non inferiori ad 80÷100.
In alcune condizioni il getto di liquame non riesce a raggiungere la superficie idrica, restando intrappolato al di sotto del livello medio marino. Il suddetto fenomeno (trapping) si verifica quando si instaurano stratificazioni di acqua marina a densità variabile, ovviamente crescente verso il basso, come ad esempio nei mesi estivi.
L’intrappolamento del getto è sfavorevole ai fini del processo di diluizione, in quanto ne riduce l’altezza di risalita; tuttavia occorre tener conto che la piuma permane per tempi molto lunghi a contatto con l’acqua marina e non dà luogo ad inconvenienti di carattere estetico in superficie.
Diluizione iniziale: ricettore non in quiete
La presenza di campi di moto nella zona d’immissione dello scarico comporta generalmente notevoli benefici per la diluizione, in quanto rinnova la massa d’acqua diluente intorno al getto.
Di notevole interesse è l’analisi teorico-sperimentale di Roberts, che schematizza il getto come una piuma semplice di lunghezza finita (trascurandone, quindi, la quantità di moto iniziale) immessa in una corrente stazionaria di uniforme densità di direzione e profondità arbitraria.
L’andamento del campo di flusso è rappresentato dalla seguente relazione di carattere sperimentale:
in cui:
La diluzione susseguente (o di seconda fase) Ss ha luogo al termine della risalita del getto, verificandosi allora una diffusione turbolenta di particelle di liquame nell’acqua marina favorita dalla presenza di correnti e di moti convettivi.
Per quanto concerne il calcolo di Ss, può farsi riferimento alla classica trattazione di Brooks, nell’ipotesi di processo di diffusione bidimensionale ed assumendo, inoltre, che la concentrazione presenti, in direzione perpendicolare all’asse del campo di liquame, una distribuzione di andamento gaussiano.
Le relazioni seguenti consentono di valutare la diluizione susseguente – espressa dal rapporto tra la concentrazione massima C in corrispondenza dell’asse del campo inquinato e la concentrazione C0 al termine della fase di diluizione iniziale – in funzione della legge di variazione del coefficiente di diffusione lineare ε.
c/co = erf √[3 / (4 βx / Lo)] ε=ε0=cost.
c/co = erf √[1.5 / (1+ βx / Lo)2 -1 ] ε=ε0 (L/L0)
c/co = erf √[1.5 / (1+ 2βx / (3Lo)) ^ 3-1 ] ε=ε0 (L/L0) ^ 4/3
Nelle relazioni suddette:
Il calcolo della diluzione susseguente può essere anche effettuato speditivamente mediante l’abaco di Brooks.
Contemporaneamente ai fenomeni di diffusione turbolenta, il campo di liquame è soggetto anche a processi di natura fisica, chimica e biologica. Il fenomeno della scomparsa batterica è senza dubbio assai complesso, essendo influenzato da un gran numero di fattori:
La diluizione equivalente alla dispersione batterica Sb può essere valutata mediante la legge di Chick:
in funzione, quindi, dei seguenti fattori:
Ai fini della valutazione di x, oltre che tener conto dell’inclinazione della corrente rispetto al diffusore, sarà opportuno prevedere, per ovvie ragioni di carattere estetico ed igienico-sanitario, una fascia di rispetto costiera.
Al calcolo della diluzione complessiva indotta da un sistema di scarico sottomarino può, quindi, pervenirsi mediante il prodotto dei tre fattori Si, Ss e Sb, valutati singolarmente utilizzando i modelli di zona.
Non va, infine, dimenticata la benefica influenza del diffusore, posto sulla parte terminale della condotta sottomarina, che, frazionando il liquame in più getti, favorisce il processo di diffusione successivo, con conseguente incremento della diluizione iniziale (oltre che ridurre fattori nocivi secondari di intorbidimento e deossigenazione).
Per il dimensionamento del diffusore si suole in genere prefissare un unico diametro d delle luci e, quindi, il loro numero N, nel criterio di equiripartizione della portata complessiva, curando altresì che l’area della sezione trasversale della condotta sottomarina sia maggiore della somma delle aree delle luci, onde garantire il loro funzionamento a bocca piena ed evitare richiami d’acqua marina in condotta.
La distanza tra le luci d’efflusso può essere posta, onde evitare interferenze tra i getti, pari ad 1/3 della lunghezza della traiettoria e, quindi, ritenendo quest’ultima all’incirca uguale a 3/4 del battente H, pari ad H/4.
Risulta così determinata la lunghezza del diffusore, il cui funzionamento andrà successivamente verificato mediante un adeguato modello di calcolo.
1. Problemi di pianificazione e gestione delle risorse idriche
2. Impianti regolati e non regolati per l'utilizzazione delle acqu...
3. Il ciclo integrato delle acque. Lo sviluppo delle infrastruttur...
4. I sistemi acquedottistici. Schemi di funzionamento
5. L'acquedotto esterno: tracciato e calcolo idraulico
6. Tubazioni per il convogliamento a pressione ed a pelo libero: m...
7. Tubazioni per il convogliamento a pressione ed a pelo libero: m...
8. Tubazioni per il convogliamento a pressione ed a pelo libero: m...
9. Verifica statica delle condotte
10. Acquedotto esterno: Opere di captazione
11. Acquedotto esterno: opere d'arte minori
13. I serbatoi
15. Reti di distribuzione idrica
16. Criteri di gestione dei sistemi acquedottistici
18. I sistemi di drenaggio urbano
19. Modelli di trasformazione afflussi - deflussi
Ippolito, G., Appunti di Costruzioni Idrauliche, Liguori Editore.
AA. VV., Sistemi di fognatura. Manuale di Progettazione, Centro Studi Deflussi Urbani, Hoepli Editore.
De Martino G., D'Elia E., Giugni M., Perillo G., Criteri d'impostazione al calcolo degli scarichi a fondale di acque reflue. 1a parte, Associazione Idrotecnica Italiana, Quaderno n. 2.
Giugni M., Scarico a fondale di acque reflue: una formula sintetica per il calcolo della diluizione, Ingegneria Sanitaria-Ambientale, n. 5-6, 1996.