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Domenico Pirozzi » 9.Produzione di biodiesel


Biodiesel

Il biodiesel è costituito da una miscela di esteri monoalchilici di acidi grassi a catena lunga.

Il biodiesel può sostituire il diesel fossile nei motori per autotrazione senza bisogno di modifiche. Infatti:

  • la viscosità cinematica del biodiesel è paragonabile a quella del diesel minerale
  • il flash point del biodiesel è più elevato rispetto a quello del biodiesel minerale(stoccaggio sicuro)
  • numero di cetano più elevato (migliore accensione a freddo)

Sintesi del biodiesel

Gli esteri monoalchilici vengono tradizionalmente prodotti mediante transesterificazione (alcoolisi) dei trigliceridi (in genere oli o grassi vegetali) con un alcool (metanolo), in presenza di un catalizzatore (in genere NaOH).
La reazione non è irreversibile, dunque si opera in eccesso di alcool per spostare l’equilibrio verso i prodotti. L’alcool in eccesso al termine del processo viene separato e reimpiegato.
Gli esteri monoalchilici e la glicerina (che è il co-prodotto della reazione) costituiscono due fasi liquide immiscibili, facilmente separabili.
La valorizzazione della glicerina rappresenta uno dei problemi da risolvere per rendere economicamente vantaggioso il processo.

Figura 1 – Schema della reazione di alcoolisi dei trigliceridi.

Figura 1 – Schema della reazione di alcoolisi dei trigliceridi.


Biodiesel di I generazione

Il biodiesel ricavato da oli/grassi vegetali è definito biodiesel di I generazione (Figura 2).

L’impiego del biodiesel di I generazione presenta diversi aspetti positivi:

  • é ottenibile da fonti rinnovabili
  • riduce la dipendenza dagli approvvigionamenti di petrolio
  • é biodegradabile e non tossico
  • l’emissione netta di CO2 (un gas serra) è ridotta, in quanto la quantità di CO2 rilasciata nel corso della combustione del biodiesel è di poco superiore a quella assorbita dalle piante oleaginose (utilizzate per produrre oli e grassi) nel corso della fotosintesi
  • nel corso della combustione del biodiesel non vengono emessi SOx
  • anche le emissioni di particolato , aromatici e Nox sono ridotte
Figura 2 – Schema della produzione di biodiesel di I generazione.

Figura 2 – Schema della produzione di biodiesel di I generazione.


Oli vegetali impiegati per la produzione di biodiesel

Gli oli vegetali caratterizzati da un moderato contenuto di residui di acidi grassi insaturi, come gli acidi oleico (C18:1) e linoleico (C18:2), (colza, girasole, soia, mais, ecc.) assicurano facilità di combustione e buona stabilità ossidativa del biodiesel prodotto.

Un’eccessiva concentrazione di residui di acidi saturi a catena lunga, come gli acidi palmitico (C16:0) e stearico (C18:0) determina un punto di congelamento troppo elevato.

Al contrario, un’aliquota eccessiva di residui di acidi fortemente insaturi come l’acido linolenico (C18:3) determina l’abbassamento della stabilità ossidativa del biodiesel.

Limiti del biodiesel di I generazione

La diffusione del biodiesel di I generazione è limitata da diversi fattori:

  • la disponibilità di terreni fertili per la coltivazione di piante oleaginose è inadeguata rispetto al fabbisogno di biodiesel
  • l’aumento della domanda di biodiesel ha accentuato in alcuni paesi la tendenza alla deforestazione,per reperire nuovi terreni
  • l’aumento della domanda di biodiesel, e degli incentivi statali, ha fatto aumentare i prezzi di oli e grassi vegetali, generando problemi sociali nei paesi sottosviluppati, in cui questi prodotti rappresentano alimenti fondamentali per le fasce meno abbienti della popolazione

Di conseguenza, la ricerca industriale è concentrata sulla produzione di biodiesel con materie prime ottenibili senza l’impiego di terreni fertili.

Impiego di oli residuali

In Italia vengono prodotte oltre 250.000 ton/anno di oli residuali. Il loro impiego per la sintesi di biodiesel (Figura 3) offrire un’alternativa al biodiesel di I generazione.

Gli oli residuali vanno pretrattati (filtrazione, decantazione) per rimuovere il particolato solido ed altre impurezze.
La presenza di elevate concentrazioni di acidi grassi liberi (prodotti dall’idrolisi dei trigliceridi) impedisce l’impiego di catalizzatori alcalini, che reagirebbero con gli acidi generando dei sali, che provocano la formazione di schiume. Infatti, i sali si sciolgono nella glicerina, riducendone il valore, mentre le schiume rendono problematica la separazione del biodiesel dalla glicerina, abbassando le rese del processo.

Figura 3 – Schema della produzione di biodiesel da oli residuali.

Figura 3 – Schema della produzione di biodiesel da oli residuali.


Catalizzatori alternativi

L’impiego di oli/grassi con elevate concentrazioni di acidi grassi liberi richiede l’impiego di catalizzatori non alcalini. Ecco le principali alternative:

  • catalizzatori acidi (p.es. H2SO4), che determinano velocità di reazione inferiori rispetto ai catalizzatori alcalini, ma catalizzano anche l’esterificazione degli acidi grassi liberi, migliorando la resa in biodiesel (Figura 4)
  • catalizzatori enzimatici (lipasi), anch’essi in grado di catalizzare l’esterificazione degli acidi grassi liberi. Le lipasi vengono immobilizzate su supporti solidi, per consentire l’impiego di reattori continui e per proteggere l’enzima dal metanolo, che provoca la progressiva disattivazione delle lipasi
Figura 4 – Schema della esterificazione degli acidi grassi liberi.

Figura 4 – Schema della esterificazione degli acidi grassi liberi.


Selezione del bioreattore

Lo svolgimento dell’alcoolisi dei trigliceridi in reattori continui è problematico, in quanto i catalizzatori impiegati sono generalmente omogenei, e perché il sistema di reazione è bifasico in quanto la glicerina non è miscibile con i componenti meno polari (trigliceridi, esteri metilici).
La reazione viene svolta con metanolo in eccesso, in modo da spostare l’equilibrio verso i prodotti, dato che la reazione non è irreversibile.

Nel caso in cui la reazione sia catalizzata da enzimi, l’impiego di reattori fed-batch con alimentazione progressiva del metanolo (Figura 5) consente di mantenere bassa la concentrazione dell’alcool, in modo da limitare l’effetto disattivante del metanolo sull’enzima.

Figura 5 – Schema dei reattori fed-batch impiegati per l’alcoolisi enzimatica.

Figura 5 – Schema dei reattori fed-batch impiegati per l'alcoolisi enzimatica.


Biodiesel di II generazione

Negli ultimi anni si è andato diffondendo l’interesse per la produzione di biodiesel di II generazione, ottenuto fermentando microorganismi oleaginosi in miscele di zuccheri prodotte mediante idrolisi di materiali lignocellulosici, attraverso i metodi discussi nel capitolo X.

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