I metaboliti primari, essendo direttamente coinvolti nei processi di crescita e riproduzione delle cellule, vengono generalmente prodotti durante la fase di crescita della biomassa (Figura 1).
Al contrario, i metaboliti secondari vengono prodotti dopo che la crescita della biomassa si è arrestata (Figura 2).
I metaboliti primari sono sostanze essenziali per la crescita (acidi nucleici, aminoacidi, proteine, carboidrati, lipidi, ecc.) o prodotti del metabolismo energetico (etanolo, acetone, butanolo, ecc.).
La grande varietà di metaboliti primari prodotti dai microorganismi ha consentito molte applicazioni industriali (Tabella 1).
Molti lieviti ed alcuni batteri sono in grado di produrre etanolo come metabolita primario. La produzione industriale viene effettuata con lieviti appartenenti ai generi Saccharomyces, Schizosaccharomyces, Candida, e Klyveromyces.
L’etanolo ha numerosi impieghi:
L’etanolo viene prodotto dai microorganismi condizioni anaerobiche, per bloccare il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa. L’acido piruvico (prodotto finale del ciclo EMP) viene decarbossilato ad acetaldeide, che viene poi ridotta ad etanolo (Figura 3).
L’energia prodotta (2 moli di ATP per mole di glucosio) è molto inferiore rispetto a quella ottenuta in condizioni aerobiche (36 moli di ATP per mole di glucosio). Di conseguenza, la produzione di biomassa è ridotta.
La fermentazione anaerobica è utilizzata fin dall’antichità. Dal 1950, l’etanolo per usi non alimentari fu prodotto per idratazione dell’etilene (derivato dal petrolio). Tuttavia nel 1975 l’aumento del prezzo del petrolio rese di nuovo competitivo il processo fermentativo, che rimane il più utilizzato.
Ossidazione completa del glucosio:
rapporti stechiometrici (teorici):
YO2/glucosio = 1,07 g/g YCO2/glucosio = 1,47 g/g
Ossidazione parziale del glucosio (per effetto della fermentazione alcolica):
rapporti stechiometrici (teorici):
YEtOH/glucosio = 0,51 g/g YCO2/glucosio = 0,49 g/g
rapporti stechiometrici (effettivi):
YEtOH/glucosio = 0,44 g/g YCO2/glucosio = 0,42 g/g
Dunque, la quantità di etanolo effettivamente prodotta è inferiore rispetto a quella prevista dalla reazione [2]. Evidentemente, una parte dei prodotti della degradazione del glucosio viene utilizzata attraverso altre vie metaboliche, consentendo la sintesi di nuova biomassa.
La produzione di etanolo è un processo a basso valore aggiunto. Dunque, si impiegano come nutrienti a basso costo i residui di lavorazioni agro-industriali (melasse), come la produzione di zucchero di canna (in Brasile) o di barbabietola (in Europa).
In alternativa, si usano sciroppi di glucosio (negli USA), prodotto mediante idrolisi dell’amido di mais (vedi Cap. XI).
Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse per il bioetanolo di II generazione, ottenuto dagli idrolizzati dei materiali lignocellulosici (vedi Cap. X).
Le melasse vengono arricchite con additivi.
La sterilizzazione è sostituita dalla pastorizzazione (breve trattamento a 80°C, poi rapido raffreddamento), per evitare la decomposizione degli zuccheri e la loro interazione con le proteine (colorazione).
Concentrazioni di etanolo superiori al 10 % (v/v) bloccano la crescita cellulare, in quanto l’etanolo inibisce alcuni enzimi, e determina la permeabilizzazione delle membrane cellulari.
L’effetto dell’etanolo può essere attenuato mediante aggiunta di vitamine o piccole quantità di ossigeno, o riducendo la temperatura.
I lieviti perdono vitalità se lasciati per 3-4 generazioni in completa assenza di ossigeno, per l’interruzione della sintesi di alcuni componenti delle membrane cellulari, che accentua anche l’effetto tossico dell’etanolo.
Per ridurre gli effetti dell’assenza di ossigeno, durante la fermentazione anaerobica si effettuano periodiche aggiunte di ossigeno (che tuttavia riducono la resa in etanolo), oppure si aggiungono steroli o acidi grassi.
Le condizioni operative dei bioreattori industriali per la produzione di etanolo per applicazioni non alimentari sono dettate da esigenze talvolta contrapposte.
Il pH è compreso nell’intervallo 4,5-4,7 per limitare i rischi di contaminazione ed ottenere una soddisfacente velocità di crescita.
La temperatura è compresa nell’intervallo 30-35 °C. Una temperatura più alta consentirebbe di accelerare la produzione di etanolo, ma accentuerebbe l’effetto tossico dell’etanolo.
La generazione di calore è contenuta (586 J/gglucosio).
Una recente alternativa all’impiego dei lieviti è costituita dai batteri termofili Zymomonas mobilis, che offrono alcuni vantaggi:
Gli svantaggi legati all’impiego dei batteri termofili nascono dall’esigenza di nutrienti complessi e dall’alto consumo di nutrienti per le reazioni di mantenimento cellulare.
La produzione di lieviti in reattori discontinui richiederebbe concentrazioni iniziali di zucchero elevate per allungare la durata dei cicli produttivi, riducendo l’incidenza dei tempi morti.
Tuttavia, l’impossibilità di raggiungere alte concentrazioni di etanolo rende inutile aumentare la concentrazione iniziale di zuccheri al di sopra di 150 g/lt. E’ dunque inevitabile che i cicli produttivi siano brevi (48-76 ore), e che l’incidenza sui tempi morti di lavorazione sull’economia del processo sia significativa.
I limiti sulla concentrazione di etanolo ottenibile rendono poco appropriato anche l’impiego di reattori semi-continui. Anche in questo caso i cicli produttivi avrebbero durata limitata.
L’impiego di bioreattori CSTB consente di ridurre i tempi morti, e di aumentare la produttività, per effetto della costanza delle condizioni operative.
Tuttavia, la produzione lenta di biomassa determina un basso valore della portata di wash-out.
Inoltre, gli effetti dell’inibizione da etanolo sono massimizzati, dal momento che in ogni punto del reattore la concentrazione di alcol è pari a quella della corrente in uscita; per ridurre questi effetti è possibile impiegare più CSTR in serie.
La separazione della biomassa a valle del reattore ed il suo parziale riciclo consentono di aumentare la portata di wash-out, e dunque di ottenere una produttività maggiore.
I bioreattori PFB vengono utilizzati con biomassa immobilizzata, per eliminare le limitazioni conseguenti ad una bassa portata di wash out.
Determinano un profilo di concentrazione del prodotto che cresce gradualmente dalla sezione di ingresso a quella di uscita, rendendo gli effetti tossici dell’etanolo meno significativi rispetto al caso del CSTB.
La formazione di un biofilm sui supporti solidi può determinare la progressiva occlusione del reattore.
Centrifugazione e filtrazione, per separare la biomassa dai componenti non fermentabili del terreno di coltura.
Distillazione per il recupero dell’etanolo. La corrente in uscita dal bioreattore contiene etanolo in concentrazione prossima al 10% (v/v). Attraverso la distillazione si ottiene una miscela azeotropica al 95% (v/v).
Il residuo della distillazione (vinassa) viene utilizzato come fertilizzante.
Il costo della distillazione si riduce al crescere della concentrazione di etanolo nella corrente di uscita dal reattore.
Disidratazione con setacci molecolari per ottenere etanolo in concentrazione prossima al 99% (v/v).
1. Bioreattori discontinui - Parte prima
2. Bioreattori discontinui - Parte seconda
3. Bioreattori continui miscelati
4. Bioreattori continui miscelati - Parte seconda
1. Bioreattori discontinui - Parte prima
2. Bioreattori discontinui - Parte seconda
3. Bioreattori continui miscelati
4. Bioreattori continui miscelati - Parte seconda
10. Biocombustibili di II generazione
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