Nascere a Napoli
In un quadro demografico nazionale di crisi delle nascite, in Campania e a Napoli si nasce ancora. La fecondità è, però, molto differenziata per quartiere e le differenze territoriali e socioeconomiche si traducono in differenze nella salute presente e futura dei bambini. Un piccolo gruppo di neonati nasce di basso peso ed affetto da problemi speciali: per loro bisogna preparare culle più moderne.
Se ne discute con Enrica Amaturo e Luigi Greco.
Federica offre una sintesi dell’incontro, svoltosi nell’ambito di Come alla Corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di scienza.
In un quadro internazionale che vede l’Italia sfavorita rispetto ai livelli di fecondità, e segnata da un marcato invecchiamento della popolazione, la Campania è la regione dove risiede il maggior numero di minorenni, e dove si registra uno dei tassi di natalità più alti d’Italia. Al contrario, però, la speranza di vita è la più bassa di tutto il paese e l’incidenza della povertà relativa significativamente più alta di quella nazionale: nel 2006 il 21,2% della popolazione contro l’11,1% riscontrato in Italia. Per quanto riguarda poi la città di Napoli, il panorama è estremamente differenziato per municipalità: poche nascite nei quartieri borghesi, dove il modello riproduttivo è allineato con quello nazionale, molte nascite nei quartieri periferici, soprattutto quelli cosiddetti “a rischio”.
Enrica Amaturo
Professoressa di Metodologia della Ricerca Sociale
Università degli Studi di Napoli Federico II
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
Si nasce a Napoli più spesso che nella maggior parte delle città italiane, ma il decremento delle nascite sperimentato a Napoli è anche il più significativo nell’ambito nazionale. Napoli (Prov.) genera 36.000 bimbi quanto intere regioni (Emilia, Toscana) e quanto Roma o Milano.
Non nascono più tanti bambini da mamme giovanissime o attempate: le famiglie numerose sono un ricordo del passato. In questo Napoli è città moderna.
Soltanto 30 anni fa nella fascia periferica di Napoli i livelli di Mortalità Infantile (> 10%), per cause ben curabili, e di Malnutrizione erano paragonabili a quelli attuali dei paesi in via di sviluppo. picurea la “Fisica” si colloca al centro del sistema; essa, chiarendo la vera natura dell’universo, contribuisce a chiarire anche quale sia in esso la posizione dell’uomo.
Luigi Greco
Professore di Pediatria
Università degli Studi di Napoli Federico II
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E se la “malattia” della legalità dipendesse dal nido dove i minori sono nati? Dove hanno avuto la socializzazione primaria e dove sono cresciuti? E quanto incide il tema della povertà?
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In generale, dal punto di vista della devianza minorile la famiglia risulta rappresentare un forte condizionamento.
Si è visto che nel caso napoletano, che non è così drammatico come potrebbe sembrare (fonte: Istat), incidono diversi aspetti tra cui:
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Indicatori per la valutazione comparativa dei bambini e famiglie nei Paesi ricchi (OECD)
Qual è la posizione italiana rispetto a questi indicatori? E quanto contano le reti sociali?
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Enrica Amaturo è professore ordinario di Metodologia delle Scienze Sociali e Preside della Facoltà di Sociologia dell’Università di Napoli Federico II. È coordinatrice della Conferenza dei Presidi di Sociologia e fa parte della Commissione di indagine sull’Esclusione Sociale presso il Ministero della Solidarietà sociale. È componente del Comitato scientifico della Scuola di Metodologia dell’Associazione italiana di Sociologia (AIS) e del Comitato Scientifico della Collana di Metodologia delle Scienze Umane edita da Franco Angeli.
Lavora da anni sui temi della povertà e delle politiche sociali e, nel 2000 ha fatto parte della delegazione italiana alle Nazioni Unite a Ginevra per la discussione del rapporto sul Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.
È autrice di numerosi saggi e monografie, di cui tra i più recenti: Capitale sociale e analisi di rete: un rompicapo metodologico – “Inchiesta” n. 139 gennaio/marzo 2003; Il Rmi a Napoli e in Italia, in AAVV, Reddito minimo di inserimento. Che fare? – Donzelli 2003; Capitale sociale e classi dirigenti a Napoli, (a cura di), Carocci, Roma, 2003; Profili di esclusione e politiche sociali a Napoli, (a cura di), Liguori, Napoli, 2004; I giovani. La creatività come risorsa, Guida editore, Napoli 2006 (con L. Savonardo); In ultima istanza. Riflessioni sul reddito di cittadinanza a Napoli, Edizioni Dante e Descartes, Napoli, 2007 (con D. Gambardella e E. Morlicchio).
Durante gli studi medici dal 1966, Luigi Greco ha la opportunità di partecipare al grande sviluppo delle Scienze Biochimiche e Molecolari. Questa esperienza ne ha caratterizzato l’attività scientifica. In questo periodo sviluppa anche l’interesse per la Epidemiologia e la Salute Pubblica, che perfeziona in seguito alla London School of Hygiene and Tropical Medicine. Specialista in Malattie Nervose e Mentali nel 1974.
Dal 1977, specialista in Pediatra, si occupa di Salute dei Bambini interessandosi alla crescita e nutrizione e dedicandosi alla cura delle malattie dell’apparato gastroenterico. Per la Malattia Celiaca ha coordinato studi multicentrici nazionali ed europei e partecipa, con la Scuola di Napoli, alla leadership internazionale nel settore. Stimolato da esperti dell’OMS è tra i fondatori, insieme a compianto Prof. Nino Salvatore, della Società Italiana di Pedagogia Medica nel 1984. È Direttore del Dipartimento di Pediatria Generale e Specialistica della Federico II. Nel 2002 costruisce un intervento stabile di cura e prevenzione della Malnutrizione Infantile, utilizzando cibi locali, a Gulu in Uganda, dove nel 2004 inaugura la Facoltà di Medicina, realizzata con l’aiuto del Rettore Guido Trombetti. Facoltà che oggi conta 350 studenti. Greco ne è l’Associate Dean e l’animatore: negli ultimi 3 anni ben 30 docenti napoletani hanno tenuto lezioni in questa Università ’sorella’. Da 30 anni Luigi Greco è apprendista in falegnameria napoletana e da 10 suona il flauto traverso con Musica Insieme.
Roberto Paludetto
Nascere prematuri, piccolissimi e bisognosi di cure speciali
Salvatore Strozza
Recenti cambiamenti nel comportamento riproduttivo in Campania e a Napoli
Vincenzo Patalano
... Io sceglierei di nascere ancora a Napoli
Carmine Nappi
Nascere a Napoli. Diamo un taglio ai cesarei
Maria Gabriella Gribaudi
Vivere a Napoli... La famiglia
Antonio D’Errico
Partenope
Quando, appena nato, il bambino è già in pericolo di vita, l’angoscia e la disperazione, sono i sentimenti prevalenti nei genitori. Questo accade quando la gravidanza termina molto prima o quando il feto cresce poco in utero, presenta malformazioni, infezioni, o nasce con asfissia e deve essere trasferito in Terapia Intensiva Neonatale.
Roberto Paludetto
Professore di Pediatria
Università degli Studi di Napoli Federico II
In Campania i nati nel 2006 sono stati poco più di 62 mila quando appena 10 anni fa erano quasi 75 mila, e si è ridotto anche il loro peso sul totale nazionale sceso dal 14 all’11%.
Se di recente le cicogne hanno consegnato meno bambini alle famiglie campane ciò è dipeso quasi esclusivamente dalla minore intensità della fecondità, visto che solo negli ultimi anni si è registrata una leggera, anche se nel tempo crescente, flessione della dimensione media delle generazioni femminili in età riproduttiva. Nell’arco di quindici anni il tasso di fecondità totale (TFT) è sceso da circa 1,8 a poco più di 1,4 figli per donna.
Salvatore Strozza
Professore di Demografia
Università degli Studi di Napoli Federico II
Io sono nato a Napoli, ormai qualche decennio fa. Quello di cui però non mi ero ancora reso conto è che i neonati napoletani, a differenza dei bambini che nascono in altre parti del mondo, per interdetto divino, non sono portatori soltanto del peccato originale, agevolmente rimediabile col battesimo, ma sono portatori di una ulteriore macchia: quella di essere napoletani. Un peccato, questo, rispetto al quale non vi è il facile rimedio offerto dalla religione. Nell’opinione di alcuni, ed in particolare di una certa stampa, infatti, il cittadino di questa parte del mondo, per il solo fatto di esservi nato (o comunque di viverci), è un camorrista, un ladruncolo, un disonesto perdigiorno, una persona da tenere alla larga, a meno di non volersi dedicare anima e corpo a pizza e mandolino. Il napoletano infatti, come è ben noto, passa le proprie giornate cantando “o sole mio” e mangiando pizza: una condizione felice che gli deriva dalla sua napoletanità, una condizione genetica che lo fa diverso dal resto dell’umanità.
Vincenzo Patalano
Professore di Diritto Penale
Università degli Studi di Napoli Federico II
Nell’immaginario collettivo, quando si parla di parto a Napoli, si va con la mente alla prolificità delle sue donne, rievocando immediatamente il film “Ieri, oggi e domani”, in cui Adelina (Sofia Loren) sfornava “spontaneamente” figli in rapida successione, per scongiurare la carcerazione.
Ancor oggi, a Napoli si continua a nascere molto, ma in più del 60% dei casi con taglio cesareo, anche se la mortalità perinatale permane superiore alla media nazionale. Tale epidemia di cesarei, diffusa in tutt’Italia (la media nazionale è del 33%), è cioè amplificata in Campania e a Napoli, alla stregua di tante altre emergenze sociali.
Carmine Nappi
Professore di Ginecologia
Università degli Studi di Napoli Federico II
Brani tratti dal libro ‘Donne, uomini, famiglie’ – 1999
[...] Dal punto di vista demografico Napoli si è portata, nel cuore del Novecento, caratteristiche e problemi antichi: innanzitutto un alto numero di morti e di nascite. Gerard Dèlille, proprio a proposito della Campania, ha proposto l’ipotesi che le nascite siano strettamente correlate alle morti. …La morte dunque può falcidiare un nucleo familiare o risparmiarne un altro per motivi più o meno casuali. Le famiglie risparmiate diventano centri di una rete di socialità e di solidarietà. Si può immaginare la trama sociale napoletana come una maglia molto larga e fluida, che ha però punti di coagulo in configurazioni di fratelli, sorelle, cognati, che attirano i deboli, gli isolati, gli instabili. Questo tipo di struttura era probabilmente molto forte fino a dieci, vent’anni fa, ma sopravvive tuttora perché il calo della natalità a Napoli è più tardo che nelle altre città italiane e troviamo ancora oggi famiglie composte da un elevato numero di fratelli e sorelle.
Maria Gabriella Gribaudi
Professoressa di Storia Contemporanea
Università degli Studi di Napoli Federico II
Nel 1924, Aleksandr Oparin espose una teoria sull’origine della vita in un libricino divenuto molto famoso e fortemente influenzante. Secondo questa teoria, l’ordine nel quale sarebbero apparsi i costituenti fondamentali della materia vivente sarebbe: per prime, le ‘cellule’ cioè, quelli che Oparin chiamava coacervati (una miscela stabile di liquido oleoso ed acqua), poi le proteine, ed infine i geni. Nel 1953 Stanley Miller eseguì un esperimento consistente nel mettere in una ampolla di vetro molecole semplici come acqua, metano, ammoniaca e idrogeno molecolare che fece attraversare per diversi giorni da scariche elletriche. Alla fine dell’esperimento vennero recuperati molti composti di grande interesse biologico come, ad esempio, gli aminoacidi.
Antonio D’Errico
Professore di Psichiatria
Seconda Facoltà di Medicina Università di Napoli
Scarica il dossier a cura della redazione di Come alla Corte – Edizione 2007-2008
Carmine Nappi: Nascere a Napoli. Diamo un taglio ai cesarei
Come alla Corte di Federico II, dossier: Nascere a Napoli
Enrica Amaturo: Nascere a Napoli
Luigi Greco: Nascere a Napoli: buona o cattiva sorte?
Maria Gabriella Gribaudi: Vivere a Napoli... La famiglia
Roberto Paludetto: Nascere prematuri, piccolissimi e bisognosi di cure speciali
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Vincenzo Patalano: ... Io sceglierei di nascere ancora a Napoli