India Shining. Sviluppo tra nazionalismo e globalizzazione. Messaggerie Orientali
“Nessun paese dell’immaginario occidentale ha bisogno di essere ripensato quanto l’India”. Se ne discute con Gianni Verardi.
Federica offre una sintesi dell’incontro, svoltosi nell’ambito di Come alla Corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di scienza.
‘India Shining’, l’India che risplende, è lo slogan coniato in occasione delle elezioni politiche del 2004 dal Bharatiya Janata Party, il partito degli Hindu, a cui non portò fortuna. Lo slogan dipinge però molto bene i desideri e le frustrazioni delle caste alte e della classe media, che sono i settori sociali portanti della trasformazione indiana. L’anno che segnò l’inizio di questa trasformazione fu il 1991, quando il Paese precipitò in una gravissima crisi finanziaria innescata dal crollo dell’Unione Sovietica, suo maggiore partner commerciale.
Gianni Verardi
Professore di Archeologia dell’India
Università degli Studi di Napoli ‘L’Orientale’
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
Autore delle riforme fu l’allora ministro delle finanze Manmohan Singh, attuale primo ministro, che agì sul fronte della stabilizzazione fiscale per controllare il deficit, introdusse la libertà d’impresa e favorì l’integrazione dell’economia indiana in quella globale, rimuovendo i controlli sul commercio estero e i tassi di cambio, spianando la strada agli investimenti stranieri, fino ad allora pressoché inesistenti.
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La contraddittoria India degli inizi del terzo millennio, in bilico tra fondamentalismo e globalizzazione, si riconobbe in uno slogan ‘India Shining’.
Fu coniato a fini di propaganda in occasione delle elezioni politiche del 2004.
Ma quanto sono note le questioni internazionai di cui l’India si riconosce come protagonista principale?
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Il sommovimento della grande massa formata dalle caste basse e dai fuori casta, a cui è assimilata anche la maggioranza dei musulmani, è la ‘rivoluzione silenziosa’ che sta facendo emergere i settori sociali antagonisti al tradizionale modello brahmanico di società.
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Intimidazioni e pogrom nei confronti di musulmani, cristiani e fuori casta, attentati terroristici che devastano le maggiori città del Paese, insorgenze separatiste, dal Kashmir all’Assam, guerriglia maoista e criminalità organizzata sono gravi fattori di instabilità. È difficile valutare in quale misura questi fenomeni, unitamente alla ‘rivoluzione silenziosa’, potranno essere contenuti, e come condizioneranno in futuro lo sviluppo del Paese, che si avvale tuttavia di un’élite politica di prim’ordine pienamente integrata in quella anglosassone.
Nonostante tutto, l’India splende…
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Gianni Verardi ha insegnato Archeologia dell’India all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” fino al 2007, dedicandosi, nel corso della sua carriera, sia all’attività sul campo sia a studi di carattere storico-religioso e iconologico. Ha soggiornato a lungo in India, e ha diretto la Missione Archeologica Italiana in Nepal e quella a Luoyang in Cina. Ha partecipato ai lavori della Missione Italo-Tedesca in Pakistan, e nel 2001 ha riaperto la Missione Archeologica Italiana in Afghanistan.
È stato maître de conférences presso il Collège de France, guest scholar all’Università di Kyoto e visiting professor alla Seijo University di Tokyo. Membro dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente di Roma, ha collaborato per molti anni con l’Istituto della Enciclopedia Italiana e con altri istituti di ricerca in Italia e all’estero.
Amedeo Maiello
L'India guarda ad Oriente
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Le religioni dell'India moderna
Francesco De Sio Lazzari
L'induismo
Liliana Baculo
Lo sviluppo economico dell'India
Corrado Calenda
Emilio Salgari, o dei viaggi che non possiamo fare
All’indomani del collasso dell’URSS e della crisi finanziaria del 1991 la pur opaca leadership indiana fu costretta ad adottare profonde politiche innovative. Il nuovo corso fu imperniato su un programma di liberalizzazione ed un riorientamento geostrategico: la Look East Policy. Due scelte che imposero all’India la sfida di come rimanere fedele sia ad una ideologia di sviluppo egalitario, sia alla realizzazione delle ambizioni di potenza regionale. Da questa prospettiva divenne prioritario per l’India allacciare più stretti rapporti con l’ASEAN, ponte per essa di quel polo economico che già allora produceva il 25% del PIL mondiale.
Amedeo Maiello
Professore di Storia dell’India medievale
Università degli Studi di Napoli L’Orientale
‘Welcome to the largest democracy in the world’ è il messaggio di benvenuto che si legge entrando in India: lo slogan è accompagnato dai simboli di tutte le religioni del Paese; la democrazia in India è intesa principalmente come pluralità religiosa. La popolazione indiana è composta per più dell’80% da hindu. L’Induismo moderno conserva l’antico sistema castale, imposto anche alle altre comunità religiose. Le caste restano fondamentali nell’organizzazione della classe dirigente, poiché ai vertici della società vi sono brahmani e altre caste alte. Pochissimo spazio è dato alle minoranze religiose, nonostante la retorica gandhiana che influenza ancor oggi i discorsi di molti politici.
La comunità più marginalizzata è quella musulmana, nonostante i musulmani siano più di 150 milioni. L’Islam risentì del contesto indiano, come è testimoniato dal sufismo, che alla mistica islamica affianca tecniche yoga, ma non fu mai legittimato dall’élite hindu, se non da un punto di vista politico-amministrativo. Dopo la Partition dalla quale nacque il Pakistan, nell’India repubblicana i musulmani sono stati allontanati dalle posizioni di potere.
Daniela De Simone
Dottoranda in Asia orientale e meridionale
Università degli Studi di Napoli ‘L’Orientale’
L’Induismo ha più di 900 milioni di fedeli, anche se la sua diffusione coincide – quasi del tutto – con il subcontinente indiano. Dopo il Cristianesimo e l’Islam, l’Induismo è la religione più praticata nel mondo.
Tuttavia, sbaglierebbe chi pensasse all’Induismo come a una religione nel senso in cui si parla di religione riferendosi ai tre grandi monoteismi. L’induismo è un variegato insieme di dottrine metafisiche, di riflessioni filosofiche, di pratiche devozionali. C’è un nucleo comune, ma non della stessa consistenza del nucleo che unisce il cattolicesimo, il protestantesimo (nelle sue varianti), l’ortodossia.
Anche il termine ‘Induismo’ ha un’origine singolare. Mentre il Cristianesimo prende nome dal fondatore, e Islam contiene in sé un concetto preciso (l’abbandono alla volontà divina), la parola hindu (da cui ‘indù’) ebbe origine all’epoca della dominazione dei musulmani (dal XIV secolo in poi: nel 1526 nasce l’Impero Moghul), per designare gli indiani non convertiti.
Francesco De Sio Lazzari
Professore di Storia delle religioni
Università degli Studi di Napoli L’Orientale
Il recente sviluppo economico dell’India (e della Cina) è così sorprendente ed imprevisto che si parla di miracolo!
Per comprendere il motivo di tale sorpresa è utile esaminare alcuni indicatori1 di sviluppo. L’India è il secondo paese più popoloso del mondo con 1 miliardo e 110 milioni di persone (la Cina ha una popolazione di 1 miliardo e 312 milioni di persone); il 32% della popolazione ha un’età tra 0 e 14 anni; il reddito pro-capite è pari a 820 dollari (contro i 2010 dollari della Cina); dal 2005 al 2006 il tasso di crescita del PIL pro-capite è stato, in media, pari al 7,7% (contro il 10,1 % della Cina); l’aspettativa di vita alla nascita in India per gli uomini è pari a 63 anni (70 in Cina) e per le donne è 64 (74 anni in Cina). Il 34,3 % della popolazione che vive con meno di 1 dollaro al giorno, mentre ben l’80,2% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno2.
Liliana Baculo
Professoressa di Economia dello sviluppo
Università degli Studi di Napoli Federico II
Un celebre aforisma attribuito a Emilio Salgari recita: ‘Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli’. E senza dubbio questa intelligente, sintetica formula illustra benissimo non soltanto l’origine profonda, ma anche una delle modalità di ricezione della sua attività di scrittore. Da una parte cioè la proiezione immaginaria ed esotizzante di un’autentica passione personale (l’iperbole del capitano di vascello veronese che ha conosciuto in gioventù solo le modeste rotte dell’Adriatico); dall’altra il surrogato appagante di un’inesauribile ma in realtà pigramente sedentaria ansia di mobilità e di conoscenza. Dunque, e inimitabilmente, esattezza di ricostruzione storica e geografica, competenze faticosamente acquisite, cura meticolosa dei dettagli e, insieme, fuga nell’immaginario, esplosione d’inventività, fantasia drammatizzante.
Corrado Calenda
Professore di Filologia italiana
Università degli Studi di Napoli Federico II
Scarica il dossier a cura della redazione di Come alla Corte – Edizione 2007-2008