Il vino sotto il naso: molecole e percezione
Luigi Moio spiega come l’olfatto, il più misterioso tra i sensi, svela i segreti sottili della più misteriosa delle bevande.
Federica offre una sintesi dell’incontro, svoltosi nell’ambito di Come alla Corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di scienza.
Negli ultimi anni, innumerevoli studi epidemiologici hanno spesso indicato che l’assunzione di moderate quantità di vino è positivamente correlata al controllo di patologie cardiovascolari e tumorali. In seguito a queste osservazioni un gran numero di ricercatori ha studiato la composizione polifenolica di uve e vini ed il loro potere antiossidante sulla salute dell’uomo. Tuttavia, il cibo e le bevande rappresentano per l’uomo più di una semplice necessità biologica per la sopravvivenza ed il benessere fisico: i pasti costituiscono un importante momento d’interazione sociale e agli alimenti è possibile ascrivere un importante ruolo psicologico. Il vino fa parte da sempre di un immaginario che evoca scenari di convivialità, di aggregazione e di celebrazione: è attorno ad una buona bottiglia di vino che si incontrano gli amici, che si scambiano opinioni, che si concludono affari, che si festeggia un giorno o una persona importante. Il rituale del brindisi si ritrova indietro nei tempi sempre identico.
Luigi Moio
Professore di Enologia
Università degli Studi di Napoli Federico II
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
Come citato nei secoli, il “nettare di Bacco”, è soprattutto piacere, convivialità, rilassamento, spiritualità, emozione: entrano in gioco i cinque sensi. Attraverso i sensi si entra in contatto con la realtà e si acquisiscono gli stimoli che permettono di riconoscere un vino, un alimento o un’ambiente.
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Esiste un’infinità di variabili nel riconoscimento olfattivo che rende difficile l’identificazione delle molecole odorose e quindi la correlazione tra studi strumentali, analitici e sensoriali.
La percezione è legata anche alla volatilità delle molecole, agli equilibri tra molecole.
Va poi considerato che esiste una differenza tra percezione ortonasale e retronasale e che la saliva influenza la volatilità degli aromi.
Si deve, quindi, distinguere tra il concetto di odore e aroma.
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Nel vino sono state identificate 1800 molecole volatili che rappresentano meno dell’1% di tutte le sue componenti.
L’aroma del vino si gioca tutto su un centinaio di molecole, quelle sensorialmente attive, cioè non inferiori alla soglia di percezione e quindi utili anche per gli studi di ricerca.
Ma come si indaga la complessità odorosa del vino?
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Il caso del Pinot Noir
La strategia delle tecniche combinate, “naso umano” e strumento analitico, ha permesso di identificare le quattro molecole chiave del Pinot Noir. Gli studi delle molecole d’impatto sono importanti per sviluppare tutta una serie di attività di ricerca.
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Luigi Moio è nato a Mondragone il 29 giugno 1960. Si è laureato in Scienze Agrarie con lode a Napoli nel 1986 ed è professore ordinario di Enologia al Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Ateneo Federiciano. Si è specializzato presso il Laboratoire de Recherches sur les Arômes dell’Institut National de la Recherche Agronomique di Dijon in Borgogna, dove ha lavorato per circa quattro anni. È autore e co-autore di circa 150 pubblicazioni scientifiche nei settori della chimica e tecnologia degli alimenti. Dal 1991 svolge ricerche sullo studio dell’aroma degli alimenti, basate sull’applicazione di metodologie accoppiate di analisi sensoriale e strumentale. Ha rivolto particolare attenzione allo studio dei componenti odorosi del vino ed alle tecnologie enologiche mirate a preservarne ed amplificarne l’aroma varietale. Considerato uno dei maggiori esperti italiani del settore enologico, i suoi studi e le loro applicazioni hanno contribuito in maniera determinante alla riscoperta ed alla valorizzazione di innumerevoli vitigni autoctoni del Sud Italia. È membro dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino e delegato del Ministero per le Politiche Agricole nell’ambito della commissione Enologia presso l’OIV (Organisation International de la Vigne et du Vin) di Parigi.
Paolo Bazzicalupo
Nasi artificiali: quando la biologia ispira la tecnologia
Girolamo Di Francia
Nasi elettronici
Flaviana Ficca
Aut bibat, aut abeat
Gimmo Cuomo
L'indissolubile relazione tra uomo, vino e territorio
Eugenio Pomarici
Aroma del vino e territorio: mito, tecnologia e mercato
Per risolvere problemi difficili, scienziati ed ingegneri si sono spesso ispirati alle soluzioni trovate dalla natura ed hanno incorporato principi biologici nel disegno dei loro strumenti. Un esempio è rappresentato dai nasi artificiali, strumenti per l’analisi di miscele complesse il cui disegno è ispirato al modo con cui funziona l’olfatto.
Distinguere tra due tipi di vino o di formaggi mediante l’identificazione analitica e puntuale dei loro singoli componenti sarebbe uno sforzo titanico e sostanzialmente perdente. Seguendo una strategia diversa da quella strettamente analitica, il nostro sistema di olfatto/gusto riconosce il sapore di alimenti e bevande indipendentemente dalla identificazione dei loro componenti. Analogamente, i nasi artificiali, costituti da matrici più o meno numerose di sensori, sono assemblati e funzionano prescindendo dalla conoscenza di quali molecole attivino ciascun sensore.
Paolo Bazzicalupo
Dirigente di Ricerca Istituto di Genetica e Biofisica – CNR
Il 6% di quelle di un cane ed appena il 3% di un coniglio: a tanto appena assommano le capacità olfattive dell’uomo. Inglobato nella funzione respiratoria, l’olfatto sfugge al controllo volontario e ciò ne accentua, negli animali come negli uomini, le intrinseche caratteristiche di senso di allarme.
Forse proprio perché in un certo senso non pienamente sotto il nostro controllo, gli esseri umani hanno trascurato la funzione olfattiva, anche dal punto di vista della ricerca scientifica. Così, se sistemi di varia natura per registrare immagini e suoni sono ormai diffusissimi (si pensi ad esempio al cellulare), praticamente non è ancora disponibile commercialmente alcun sistema di registrazione elettronica dell’olfatto.
Girolamo Di Francia
Ricercatore ENEA (Portici)
‘Aut bibat, aut abeat‘, ‘o si beve o si va via!’: questa, ci dice Cicerone nelle Tusculanae disputationes, la legge in vigore nei conviti dei Greci. E non v’è dubbio che, tanto nel mondo greco quanto in quello romano, il vino fosse protagonista indiscusso della tavola, come elemento al quale – molto più che al cibo – era affidata una funzione liberatoria dagli affanni e dalle preoccupazioni della vita quotidiana. Bevuto in una maniera che farebbe oggi inorridire non solo intenditori ma anche semplici estimatori, e cioè quasi sempre allungato con acqua e talvolta anche mescolato con altre sostanze, tra cui il miele (ne derivava il cosiddetto mulsum), il vino era spesso oggetto del canto di poeti che ne celebravano le virtù, ne indicavano i pregi, proponevano una scala di gradimento a seconda della tipologia, della provenienza, del grado di invecchiamento. Non sfugge alla regola Orazio, uno tra i poeti più sensibili al fascino delle gioie della tavola, la cui poesia, per così dire, vino madet, ‘è impregnata di vino’, nel senso che egli non perde occasione per ricordarlo, alludervi, parlarne anche in contesti molto diversi gli uni dagli altri.
Flaviana Ficca
Ricercatore Letteratura latina
Università degli Studi di Napoli Federico II
Tra uomo, vino e territorio corre una relazione antica e affascinante. E verrebbe da dire inscindibile (così com’è stato per millenni) se non fosse per la frattura che artificialmente interviene a separarli nell’ambito di un sistema e di un mercato ormai strutturalmente globalizzato. Cosa intendo? Che sempre più spesso il legame del vino col territorio viene volutamente rinnegato dal produttore stesso, che, dunque, a sua volta, consapevolmente si taglia fuori dalla terna virtuosa per inseguire il gusto della maggior parte dei consumatori. Quest’ultimo, il gusto, è determinato soprattutto dai grandi opinion makers statunitensi, che su scala mondiale detengono (quasi) il monopolio della critica enologica, e che sono predisposti favorevolmente soprattutto verso i vini ottenuti da quelle che per convenzione si definiscono le varietà internazionali, vale a dire chardonnay, merlot e cabernet che, non a caso, costituiscono l’asse portante del patrimonio ampelografico del Nuovo Mondo (California e Sud America).
Gimmo Cuomo
Giornalista Corriere del Mezzogiorno
I progressi della scienza enologica e degli aromi hanno potenziato gli strumenti in mano all’enologo, che è diventato l’eroe del mondo del vino. Allo stesso tempo le nozioni fondanti e identitarie del sistema dei vini europei, terroir e tipicità, stanno scivolando verso il mito.
Per terroir s’intende l’insieme delle condizioni naturali che influenzano la biologia della vite (suolo, topografia, clima) e di conseguenza le caratteristiche dell’uva in uno specifico luogo. In forza della relazione tra terroir e caratteristiche dell’uva, anche lo stesso vitigno – se coltivato in ambienti diversi – può dare luogo a vini con gusto e aromi diversi.
Eugenio Pomarici
Professore di Legislazione e marketing vitivinicolo
Università degli Studi di Napoli Federico II
Scarica il dossier a cura della redazione di Come alla Corte – Edizione 2008-2009
Come alla Corte di Federico II, dossier: Il vino sotto il naso: molecole e percezione
Eugenio Pomarici: Aroma del vino e territorio: mito, tecnologia e mercato
Flaviana Ficca: Aut bitat, aut abeat
Gimmo Cuomo: L'indissolubile relazione tra uomo, vino e territorio
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