Capitale umano e crescita economica
Non tutti i lavoratori sono ugualmente produttivi, per lo più in ragione del loro “capitale umano”, che a sua volta riflette il loro grado di istruzione e stato di salute. Quanto rende l’investimento in istruzione? E in che misura differenze nelle dotazioni di capitale umano possono spiegare le disuguaglianze fra paesi e al loro interno? Se ne parla con Tullio Jappelli.
Federica offre una sintesi dell’incontro, svoltosi nell’ambito di Come alla Corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di scienza.
La capacità di elaborare informazioni e utilizzarle nella soluzione di problemi o per apprendere, le competenze linguistiche, la capacità di operare con particolari tecnologie, la conoscenza scientifica sono tutti fattori cruciali per la crescita della produttività, sia a livello individuale sia collettivo. Per questo motivo nelle economie sviluppate la capacità intellettuale è di gran lunga più importante di quella fisica nella determinazione del reddito di una persona.
L’investimento in capitale umano protegge anche dal rischio di perdere il posto di lavoro, perché ci rende più produttivi più a lungo e adattabili a mansioni diverse; favorisce la mobilità sociale, perché consente ai più meritevoli di raggiungere posizioni più elevate nella scala sociale; migliora anche la salute, perché individui più istruiti sono più attenti a prevenire le malattie e dispongono di maggiori risorse per affrontarle. Poiché il reddito di un individuo e di una collettività dipendono in parte dal capitale umano, gli investimenti che migliorano le competenze di una persona, cioè l’istruzione e la formazione professionale, sono le forme più importanti di investimento in capitale umano.
Tullio Jappelli
Professore di Macroeconomia
Università degli Studi di Napoli Federico II
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
È importante considerare la quantità del capitale umano inteso sia come istruzione sia come stato di salute della persona.
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Possiamo dire che l’istruzione causa la crescita?
Causalità inversa: paesi ricchi possono permettersi di investire di più in istruzione.
Correlazione spuria: altre variabili potrebbero determinare sia l’investimento in istruzione sia la crescita
Altri fattori (capitale fisico, tecnologia, qualità delle istituzioni, ecc.) sono molto importanti.
I migliori studi empirici studiano le conseguenze per la crescita economica di riforme d’istruzione (es. scuola dell’obbligo, diversa organizzazione delle scuole, ecc.).
C’è poi la questione del rendimento sociale dell’istruzione.
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
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Tullio Jappelli insegna macroeconomia presso l’Università di Napoli Federico II, è direttore del Centro Interuniversitario di Studi in Economia e Finanza (CSEF) e Research Fellow del Centre for Economic Policy Research (CEPR, Londra). Ha conseguito il Ph.D. in Economia presso il Boston College e svolto periodi di studio presso MIT, Università di Pennsylvania e Università di Princeton. L’attività di ricerca riguarda prevalentemente i temi del risparmio, delle scelte di portafoglio, della previdenza sociale e dei trasferimenti intergenerazionali. Ha pubblicato oltre 60 lavori su riviste accademiche e quattro libri sui temi del risparmio e delle scelte di portafoglio delle famiglie. È condirettore di Economic Policy (dal 2008) e del Giornale degli Economisti (dal 1998). Ha collaborato a progetti di ricerca di numerose istituzioni internazionali. Coordina, insieme a Riccardo Martina e Marco Pagano, il Master in Economics and Finance (MEF) dell’Università di Napoli Federico II.
Marcello D'Amato
Cos'è il capitale umano, come investire in questa forma di ricchezza, quanto rende?
Massimo Marrelli
Capitale umano e egueglianza di opportunità
Giovanni Laino
Si dice capitale umano si legge sviluppo
Dora Gambardella
Capitale umano e sviluppo economico: da Lisbona alla Campania
Cos’è il capitale umano? In che senso umano? Esiste anche quello dis-umano? D’accordo forse non è una felice definizione per un concetto importante ma prendiamo i termini della disciplina come dati e proviamo a capirci. Per il discorso che segue serve solo che, di fronte al termine “capitale umano”, per “umano” s’intenda l’insieme di risorse fisiche, intellettuali e di conoscenza di un individuo, insomma non ciò che possiede ma ciò che sa fare. Per “capitale” il discorso è più complesso. Non si deve intendere solo che tali risorse hanno valore sul “mercato”, dalle quali cioè è possibile, per l’individuo, ottenere reddito. Il termine “capitale” si riferisce al fatto che per ottenere l’insieme di risorse considerato è necessario aver realizzato un investimento. In altre parole il capitale umano può essere accumulato solo attraverso atti di rinuncia, in un certo senso come la terra, come il capitale fisico, come il capitale finanziario, di qui l’uso del termine.
Marcello D’Amato
Professore di Politica economica
Università degli Studi di Salerno
L’eguaglianza delle opportunità è un principio di giustizia distributiva ampiamente accettato nelle società democratiche occidentali. È anche ampiamente riconosciuto il ruolo che il sistema di istruzione può svolgere nel determinare il livello di uguaglianza delle opportunità e di mobilità intergenerazionale all’interno di una società. È, quindi, di primaria importanza valutare gli effetti delle politiche di istruzione in termini di uguaglianza delle opportunità. Tuttavia, una valutazione del genere incontra difficoltà, non solo dal punto di vista della scarsità di dati, ma anche sullo stesso piano concettuale: cosa significa esattamente eguaglianza delle opportunità? È sufficiente eliminare qualsiasi forma di discriminazione per assicurarla? Fornire pari risorse scolastiche a tutti gli studenti assicura che esista eguaglianza di opportunità?
Gli studi più recenti hanno provato a risolvere il problema partendo dall’ipotesi che la distribuzione di un particolare tipo di risultati individuali (per es. voti di laurea, reddito post laurea, etc.) possa essere determinato da due classi di variabili: circostanze e impegno.
Massimo Marrelli
Professore di Economia pubblica
Università degli Studi di Napoli Federico II
L’ultimo premio Nobel per l’economia è andato – per la prima volta – ad una donna che, forse non a caso, secondo la motivazione lo ha meritato “per aver dimostrato come la proprietà pubblica possa essere gestita dalle associazioni di utenti e per la sua analisi della governance in economia, in modo particolare del bene collettivo”. Una donna che ha dato prove economiche della cooperazione fra gli esseri umani come fattore strategico per lo sviluppo.
È un segnale molto rilevante della progressiva evidenza che le buone qualità del capitale umano, e quindi gli investimenti per tali finalità, sono essenziali per realizzare seriamente traiettorie di sviluppo (termine da preferire a quello, più neutro, di crescita).
Il capitale umano ha diverse dimensioni, in parte ancora un po’ misteriose, almeno per la sua riproduzione e crescita.
Giovanni Laino
Professore Politiche urbane e territoriali
Università degli Studi di Napoli Federico II
La prima Strategia di Lisbona ambiva a rendere entro il 2010 l’Ue “l’economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, capace di una crescita economica durevole accompagnata da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e da una maggiore coesione sociale”, un obiettivo ambizioso in cui la piena occupazione e la coesione sociale assumono pari peso rispetto alla crescita economica e alla competitività, con un ruolo cruciale riconosciuto all’investimento in capitale umano. Oggi, a dieci anni di distanza da quella dichiarazione di intenti, mentre ferve il dibattito intorno alle opzioni aperte per il coordinamento della politica Ue dopo il 2010, appare chiaro che nessuno degli indicatori fissati a Lisbona sarà raggiunto, come mostrano i dati riportati da Pochet in un recente numero della Rivista delle Politiche Sociali interamente dedicato al tema (2009).
Per quanto riguarda in particolare l’obiettivo della creazione della società della conoscenza – misurato attraverso la spesa in ricerca e sviluppo e l’accesso alla formazione continua – solo pochi paesi europei raggiungono gli standard fissati a Lisbona, con l’Italia al 17° posto per entrambi gli indicatori nella graduatoria dei paesi europei a 27.
Dora Gambardella
Professore di Metodologia della ricerca sociale
Università degli Studi di Napoli Federico II
Negli ultimi decenni il fenomeno della dispersione scolastica ha registrato una sensibile riduzione ma ci sono regioni italiane in cui il numero di abbandoni è ancora molto alto. Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, nell’anno 2006/07 in Campania e Sicilia gli studenti che hanno abbandonato gli studi hanno superato, rispettivamente, le 7.000 e 6.000 unità. Il fenomeno acquisisce dimensioni ancora più preoccupanti se si considerano i bambini che, pur continuando a frequentare la scuola dell’obbligo, lavorano in nero: nella sola provincia di Napoli ci sono 40.000 bambini tra i 9 e i 13 anni che lavorano. In questi anni non sono mancate politiche e programmi volti a ridurre il fenomeno della dispersione scolastica, ma la valutazione di questi interventi è stata o del tutto inesistente o basata su metodi scientifici poco attendibili.
Il basso tasso di scolarizzazione viene comunemente annoverato tra le cause principali degli alti tassi di povertà e disuguaglianza nelle aree più arretrate.
Ciro Avitabile
Modigliani Fellowship
Università degli Studi di Napoli Federico II
Scarica il dossier a cura della redazione di Come alla Corte – Edizione 2009-2010
Ciro Avitabile: Incentivi e valutazione: le lezioni dei paesi in via di sviluppo
Come alla Corte di Federico II, dossier: Capitale umano e crescita economica
Dora Gambardella: Capitale umano e sviluppo economico: da Lisbona alla Campania
Giovanni Laino: Si dice capitale umano si legge sviluppo
Massimo Marrelli: Capitale umano e egueglianza di opportunità
Tullio Jappelli, Università degli Studi di Napoli Federico II