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Gianluca Giannini » 4.Bioetica: sapere senza statuto epistemologico


Statuto epistemologico

Nella precedente lezione abbiamo lasciato aperto un interrogativo decisivo segnatamente alla “bioetica”: esiste oppure no?

In altri termini se c’è, qual è lo statuto epistemologico della bioetica? Atteso che, con epistemologia, sebbene in un orizzonte decisamente meno ristretto, s’intende quella branca della filosofia che si interroga e si occupa non solo di decifrare ed individuare quelle condizioni in ragione delle quali si può realizzare una conoscenza scientifica (cioè conoscenza in qualche modo “certa”), ma anche di decifrare ed individuare i “metodi” più congrui al fine di raggiungere tale conoscenza.

Evanescenza

Come è stato acutamente rilevato:

“disperatamente alla ricerca di un controcodice epistemico e assiologico, di una metodologia a prova di scienza, la bioetica (…) avrebbe dovuto imporsi per specificità e capacità sintetica, tanto da individuarsi almeno come ultima frontiera dell’etica nel secolo biotech. Si trova invece come inopinato e arrogante perimetro etico-scientifico di un’area evanescente perché omnicomprendente”.

E ciò ha ingenerato una serie di aporie, ovvero di “strade non praticabili”, insolubilità strutturali per il problema fondamentale (che cosa è la bioetica?) giacché le premesse da cui si parte sono di per sé inficianti.

Riferimenti:
P. Amodio, Umano troppo post-umano. L’agonia della bioetica tra luoghi comuni, nostalgie e fantasmi, in AA. VV., Etica, bioetica e diritto nell’età delle biotecnologie, Napoli, Edizioni Partagées, 2005, pp. 9-22 [per questa e le prossime citazioni].

Aporie (1)

La prima di queste aporie può così esser riassunta:

La bioetica “continua a servirsi di modelli desunti da tradizioni classiche o più o meno recenti” tanto che ci si trova di fronte sempre a variazioni dei paradigmi (etici) di matrice aristotelico-tomista, kantiana o utilitarista.

Aporie (2)

In un senso o nell’altro, “sul piano teorico è ancora ferma da un lato a un’onnivora condanna/apologia della tecnica (…), e dall’altro a una strenua difesa della natura intesa comunque in termini essenzialistici”.

Aporie (3)

Inoltre, e in maniera decisamente più significativa e dirimente: “la bioetica, intesa come nitido spazio scientifico-disciplinare e cioè al di là delle necessità contingenti di applicazioni pratiche in senso deontologico e giurisprudenziale, si è estremamente ridotta: il dibattito risulta quasi arroccato nella manualistica di scuola”.

Senza statuto

Ragion per cui è lecito affermare, una volta costatata la problematicità estrema a decifrare ed individuare condizioni atte a realizzare una conoscenza scientifica “certa” in ragione anche di una evidente estemporaneità metodologica, che la bioetica, questo sapere/non sapere, è senza statuto epistemologico.

Ipotesi di neo-umanesimo

L’unica alternativa plausibile, dunque, per poter strutturare un discorso, un plesso riflessivo che, in qualche modo implichi la individuazione di un perimetro che, in qualche modo, possa far pensare alla eventualità di un dire bio-etico, risiede nella possibilità teorica individuata all’inizio di ogni ragionamento relativo alle origini della bioetica e implicante lo sforzo speculativo di disegnare ipotesi di neo-umanesimo in accordo con le frontiere nuove aperte dalle scienze.

Bioetica trasfigurata

Ovvero ipotesi di nuove e diverse accezioni dell’umano, di sua vera e propria definizione e ri-definizione, in relazione alle scienze coeve.

Solo da qui sarà poi possibile spostare il fuoco dell’attenzione sul problema dell’agire e valutarne la sua efficacia e resa da un punto di vista etico e normativo.

In altri termini, non è l’etica a fondare, bensì l’etica, le possibilità dell’agire etico, andranno scritte e riscritte e dunque fondate in ragione delle diverse ipotesi di vita e quindi di uomo che, via via, si andranno strutturando.

E la bioetica, infine, a dispetto di rozze esemplificazioni di senso comune, si potrà concepire come sapere trasfigurato e trasfigurante, torsione continua di immagini dell’uomo che vorrà sopravvivenza solo nel senso di sempre nuove vivenze.

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