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Gianluca Giannini » 13.Il giusnaturalismo compiuto nell'ordine suo


Giuristi romani

Anche i giuristi romani hanno attinto dallo stoicismo l’idea di un diritto naturale, pur senza approfondirla: uno tra i maggiori, Ulpiano, ha addirittura avuto modo di travisarla profondamente, definendo il “diritto naturale come ciò che la natura ha insegnato a tutti gli esseri animati”, comprendendo fra questi esplicitamente anche gli animali.

Ciò, come è facile comprendere, ha implicato la riduzione del diritto naturale da “norma di condotta” a “puro istinto”, a una vera e propria necessità di ordine fisico.

Contraddizioni e controversie

Tale concezione di Ulpiano del giusnaturalismo è, comunque, molto importante perché al pari di quella di Cicerone – come s’è visto, antitetica – è stata spesso accolta dagli scrittori medievali. È caratteristico, infatti, di quasi tutto il pensiero medievale l’accettazione del giusnaturalismo in tutte le sue modulazioni, con solo parziale consapevolezza della intrinseca inconciliabilità tra esse.

Al fianco della versione di Ulpiano, naturalistica, e di quella di Cicerone, razionalistica, il medioevo è stato in grado di sviluppare la dottrina di un diritto naturale identificato con la legge rivelata da Dio a Mosè e con il Vangelo.

Immagine da: PER Ipsum

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S. Tommaso

A porre fine a questa confusione e intreccio di versioni ci ha infine pensato San Tommaso D’Aquino, nel XIII secolo. Legge naturale, con l’Aquinate, diviene quella parte dell’ordine posto dalla ragione di Dio governatore dell’Universo che è presente nella ragione dell’uomo: norma, perciò, razionale.

Per certi versi, finalmente il giusnaturalismo riesce ad essere integralmente se stesso: è il diritto di tutta la natura, inevitabilmente totale per determinazione divina. Sfuggirgli è rifuggire e infrangere l’ordine di natura che regge il cielo e la terra.

S. Tomamso d’Aquino (1221-1274). Immagine da: Wikimedia

S. Tomamso d'Aquino (1221-1274). Immagine da: Wikimedia


S. Tommaso (segue)

È forse possibile sintetizzare la posizione di Tommaso con questa “formula”: unione e al contempo distinzione di lex aeterna, lex naturalis e lex humana. Il giusnaturalismo in Tommaso è davvero se stesso perché non si limita ad essere un criterio giuridico-politico ma, prevedendo sulla scia di Aristotele il connubio fisica-metafisica, si presenta come la manifestazione della ragione naturale che regge l’universo. Una regola cui tutte le nature – in special modo quella dell’uomo, vertice della creazione – devono adeguarsi per il raggiungimento del bonum universi che è il fine al quale tutta la realtà tende. Il finalismo naturalistico di Tommaso è, quindi, al contempo una cosmologia, un modello di etica nonché la teorizzazione di un assetto ideale di mondo morale.

Giusnaturalismo compiuto

In realtà la dottrina tomistica della legge naturale non ha fatto altro che riprendere, anche se racchiudendola in una cornice teologica, quella stoica-ciceroniana della legge vera in quanto razionale. E benché un diffusissimo luogo comune storiografico affermi il contrario, si fa strada oggi l’opinione che il giusnaturalismo moderno – che ha assunto, soprattutto nel secolo XVIII, caratteri decisamente laici e, in campo politico, decisamente liberali – si sia, a sua volta, sviluppato in gran parte sulla scorta della dottrina stoico-ciceroniana tramandatasi proprio grazie alla ricezione “aristotelica” compiutane da Tommaso.

Prime incrinature

Nell’ambito della teologia del tardo medioevo il giusnaturalismo tomista, però, è stato anche contrastato aspramente dalle correnti volontaristiche il cui maggiore esponente è certamente stato Guglielmo da Occam (sec. XIV). Ma quel che forse è maggiormente da sottolineare è che, in special modo, del giusnaturalismo di Tommaso, quello che più spesso si è fatto valere è il principio secondo il quale una legge positiva difforme dal diritto naturale, e perciò ingiusta, non è una vera legge e, di conseguenza, non obbliga.

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