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Gianluca Giannini » 11.Morte dell'uomo della metafisica - Parte seconda


La domanda

Nella precedente lezione, dopo aver rilevato che:

  1. vi è un “ordine” sovrasensibile, immutabile ed eterno, di cui l’ordine sensibile è o rispecchiamento o, in qualche modo, emanazione;
  2. che questo ordine preesistente, fuori dello spazio e del tempo, è depositario e sede dei principi primi che strutturano il mondo fisico nella sua inseità rendendolo di fondo e di fatto inalterabile;

di necessità siamo transitati per l’interrogativo più “scontato” che comporta un volgere lo sguardo, all’interno di questo “già dato”, a quell’ente particolare che si pone una serie di domande e prova a fornire anche risposte auto-narrative e auto-narranti:

Chi è l’uomo (della metafisica)?

L’uomo della metafisica

Se le generiche considerazioni sin qui condotte a proposito della metafisica sono corrette, la prima qualità – rintracciabile come visto in ogni elemento/dato/ente di questo circuito del “già dato” – dell’ente-uomo è l’immutabilità.

In altri termini, l’uomo della metafisica è un uomo contraddistinto dalla sua staticità e stazionarietà.

Nella geografia del già-dato, anche l’uomo della metafisica non può che affondare la sua struttura/forma in un modello atemporale, aspaziale e dunque immutabile.

Stazionario metafisico

Che cosa vuol dire e, soprattutto, cosa implica questa necessarietà che mi proviene dalla impalcatura/struttura che fa ma che anche è la metafisica?

Implica in prima istanza che l’uomo, statico, stazionario è contraddistinto da un “calco” strutturale che rimane inalterato nel tempo.

È da sempre (e per sempre) questo ente-qui, qualitativamente e quantitativamente.

Statua di marmo

Non solo non c’è spostamento di forma/e ma, e soprattutto, non c’è modificazione di ordine intrinseco che possa tenere al cospetto di un cristallo originario che è l’uomo stesso.

Statua di marmo che si perpetua nel tempo e nello spazio senza sbavature significative segnatamente all’ordine originario.

Una statua di marmo cui, al massimo, è dato riconoscere le dinamiche che riconducono (o possono ricondurre) ai principi primi.

Polverizzazione

Ora, prima di entrare nel merito delle ricadute di ordine morale, auto-apprensivo e dunque etico che tutto ciò ha comportato – tema che interesserà le prossime lezioni dedicate al giusnaturalismo – è necessario cogliere, operando salti e tagli notevoli, il momento di snodo in ragione del quale tutto ciò entra in crisi, ovvero il momento in cui la statua comincia ad erodersi sino a polverizzarsi del tutto.

Non c’è dubbio che il più significativo momento di frantumazione dell’ordine metafisico anche e soprattutto segnatamente all’autoapprensione di sé come statico e stazionario da parte dell’uomo sia rintracciabile nella rottura epistemologica operata da Charles Darwin con l’intuizione e la relativa teorizzazione dell’evoluzionismo biologico.

Assenza di originarietà

Di Darwin e dell’evoluzionismo si parlerà in seguito in maniera più diretta e specifica, tuttavia è ora opportuno introdurre (e solo elencare) i motivi dello scoppio della metafisica insiti nella sua impostazione:

  1. gli esseri viventi, il mondo del bios, è divenire;
  2. non è verificabile l’originarietà di forme;
  3. la natura è silente, ovvero non vi è un logos fisso che abbisogna semplicemente di essere disvelato e portato fuori per cogliere le coordinate della “verità”;
  4. la natura, anzi, non è latrice e portatrice di alcuna legge morale o ordine (presunto) che regoli e detti i tempi del nostro esser-qui-ora.

Fine di ogni certezza

Come si diceva di Darwin si parlerà in seguito, ma è evidente che solo da questo elenco sommariamente riportato emergono tutti i reagenti tali da comportare l’estinzione della metafisica, di ogni metafisica, ovvero di ogni teoria che prevede l’esistenza di un mondo oltre/dietro questo mondo qui tale da regolarne e dettarne i tempi ed i modi istitutivi e costitutivi.

L’uomo dovrà ripensarsi giacché dovrà ricollocarsi in uno spazio (in uno spazio-tempo) di cui e in cui non avrà più “certezze” ultime alle quali aggrapparsi.

La fine di un inganno

Prima però di entrare nel merito di questa frammentazione che per l’uomo ha significato innanzitutto frammentazione di sé al punto da dover reinventare immagini riflesse persino eterogenee e, pur tuttavia, legittime di sé, si rende necessario fornire ulteriori coordinate-base segnatamente al “mondo dell’inganno” della metafisica che va in frantumi.

È questo il motivo per il quale la nostra trattazione dovrà immergersi nelle questioni legate al giusnaturalismo che, come si avrà modo di vedere, investirà gli ambiti non solo dell’autonarrazione di sé dell’uomo ma anche, e di conseguenza, dell’etica, della politica, del diritto e del cosiddetto bio-diritto.

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