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Gianluca Giannini » 12.Nascita del giusnaturalismo


La domanda

A conclusione della precedente lezione s’è detto che:

prima di entrare nel merito del tema della “frammentazione” di sé dell’essere vivente uomo, si rende necessario fornire ulteriori coordinate-base segnatamente al “mondo dell’inganno” della metafisica che va in frantumi.

E che è questo il motivo per il quale è necessario calarsi nella questione del giusnaturalismo che comporta l’investimento degli ambiti dell’etica, della politica e del diritto.

Dunque, che cos’è giusnaturalismo?

Cassirer

Nel suo La filosofia dell’illuminismo, Cassirer a proposito de L’idea del diritto e il principio dei diritti inalienabili, ha rilevato che:

“uno dei tratti fondamentali della filosofia illuministica è questo: che, nonostante la sua appassionata tendenza a progredire, nonostante la sua aspirazione a spezzare le vecchie tavole della legge e ad arrivare a una costruzione intellettuale, del tutto nuova, dell’esistenza, ricorre tuttavia continuamente ai più antichi problemi filosofici dell’umanità. [...] Il problema del diritto”.
E aggiunge: “L’Illuminismo non intende fermarsi alla considerazione del diritto divenuto, del diritto storico: vuol risalire al diritto che è nato insieme con noi“.

Riferimenti:

E. Cassirer, Die Philosophie der Aufklarung (1932), ed. it. La filosofia dell’illuminismo, Firenze, 1974, p. 325.

Ernest Cassirer (1874-1945). Immagine da:  Wikimedia

Ernest Cassirer (1874-1945). Immagine da: Wikimedia


Caratteri di massima

Il primo passo da compiere è quello di andare a trovare una definizione di giusnaturalismo, ovvero di questo diritto nato insieme a noi. Questo passaggio – non semplicissimo – è, per certi versi, persino preliminare, anche e soprattutto perché pochi concetti sono tanto ambiguamente polisensi quanto quello di giusnaturalismo e, quindi, di diritto naturale. Questa varietà e molteplicità è la testimonianza concettuale e storica della pluralità delle posizioni assunte dall’”idea di diritto naturale” in situazioni morali diverse, che solo se conosciute storicamente nella loro specifica individualità possono permettere cognizioni non vaghe e approssimative.

Questa idea, infatti, attraverso i secoli si è caricata di significati anche intimamente e sottilmente contrastanti, fino a distinguersi in ramificazioni non riconducibili alla dubbia e scolorita unità originaria; tuttavia, proprio il suo correre fra epoche diverse le ha donato almeno un aspetto unitario, legittimando, per questa apparenza di unità l’impiego corrente di una denominazione comune, unitariamente significante.

Definizione di massima

Il giusnaturalismo è quella dottrina filsofico-giuridica che distingue – nel senso di riconoscere, quindi riconosce – un diritto valido per natura, intrinseco alla ragione umana, anteriore a un diritto positivo voluto dagli uomini.
In altre parole, il giusnaturalismo è la dottrina secondo la quale esiste e può essere conosciuto un “diritto naturale” (ius naturale), ossia un sistema di norme di condotta intersoggettiva diverso da quello rappresentato e costituito dalle norme dello Stato. Questo tipo di diritto ha valore di per sé, è anteriore e superiore al diritto positivo e, in caso di contrasto con quest’ultimo, deve persino prevalere su di esso.

Il giusnaturalismo, perciò, è la dottrina antitetica a quella detta “positivismo giuridico” secondo cui è diritto soltanto quello posto dallo Stato, e la validità di esso è indipendente da ogni suo riferimento ad un complesso extra-fisico.

Tre versioni

Rispetto alle varie concezioni del diritto naturale è plausibile dire che nella storia della filosofia si siano affacciate almeno tre versioni fondamentali:

  1. quella di una legge stabilita per decisione di una volontà divina, e dunque rivelata agli uomini;
  2. quella di una legge “naturale” in senso stretto, nel senso di connaturata fisicamente a tutti gli esseri animati;
  3. quella di una legge dettata dalla ragione e specifica, perciò, dell’uomo, che la ritrova autonomamente dentro di sé.

Sono, queste tre versioni, concezioni sostanzialmente eterogenee e, per certi versi, persino contrastanti tra di loro: tuttavia tutte e tre hanno in comune l’idea di un sistema di norme logicamente anteriori ed eticamente superiori a quelle dello Stato, al potere del quale esse costituiscono un limite invalicabile.

Platone

Si è detto, però, dell’esistenza di varie concezioni del diritto naturale. Conviene, anche per capire meglio l’articolazione di queste tre versioni ora richiamate, ripercorrere alcuni momenti della storia di questa “idea”, per vedere cosa viene “ereditato” e “trasmesso”, cosa viene rimodulato, e cosa viene elaborato.

Prime manifestazioni teoriche di giusnaturalismo si hanno nell’antica Grecia. “Tracce di giusnaturalismo” sono presenti in Platone (nei dialoghi politici, per lo più), fondamentalmente perché il suo idealismo, in quanto presenta la tensione dei fenomeni verso le idee come universale aspirazione ad un perfezionamento di ogni essere al fine essenziale che è suo e che è racchiuso nelle ragioni della sua idealità, si presta ad essere considerato finalistico. Nella teoria del Bene, il Bene non manca di essere presentato, infatti, come fine assoluto, in cui l’intero mondo delle idee dovrebbe assommarsi nella sua conclusiva unità.

Platone (427-347 a.C.). Immagine da: Wikimedia

Platone (427-347 a.C.). Immagine da: Wikimedia


Aristotele/Stoicismo

Se l’idea di un diritto naturale è incidentalmente presente anche in Aristotele, il quale parla “di un’alleanza tra fisica e metafisica”, è con gli Stoici che è sostanzialmente elaborata.

Per gli Stoici la natura è governata da un’immanente legge universale razionale, e l’uomo deve “aspirare a vivere conformemente a natura”, anche per quel che attiene le relazioni giuridiche.

Aristotele (384-322 a.c.). Immagine da:  Wikimedia

Aristotele (384-322 a.c.). Immagine da: Wikimedia


Stoicismo romano

Conosciamo la dottrina stoica a questo proposito soprattutto dalla “divulgazione” che ne ha compiuto Cicerone, in pagine che hanno esercitato un influsso capitale sul pensiero cristiano dei primi secoli, su quello medievale e persino sulle prime dottrine giusnaturalistiche moderne. In un celebre passo del De re publica Cicerone ha sostenuto l’esistenza di una legge “vera”, conforme alla ragione, immutabile ed eterna, che non varia secondo i vari paesi ed i vari tempi, e che l’uomo non può violare se non rinnegando la propria natura umana.

Marco Tullio Cicerone (106-43 a.c.). Immagine da:  Wikimedia

Marco Tullio Cicerone (106-43 a.c.). Immagine da: Wikimedia


Padri della Chiesa

Riportato ed accolto da uno dei Padri della Chiesa, Lattanzio, questa determinazione cicerioniana ha influenzato grandemente il pensiero cristiano di cultura latina che, quindi, ha fatto sua l’idea di un diritto naturale dettato dalla ragione. Ciò, però, in seno alla stessa Patristica ha suscitato gravi problemi di ordine teologico, sia per la difficoltà di spiegare la coesistenza di una legge naturale e di una legge rivelata, sia perché l’ammissione della presenza nell’uomo di una legge morale autonoma avrebbe messo in discussione la necessità della Grazia.

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