Nella precedente lezione si è giunti alla determinazione in ragione della quale l’uomo è conatus essendi. Sforzo d’essere proteso nel tempo alla ricerca di un sovrappiù di tempo.
S’è anche detto che in ragione di questo la sua capacità performativa di progettazione/fabbricazione necessita di una rilettura, ovvero di integrazioni di considerazioni non solo e non tanto per estendere il discorso meramente relativo al trofismo costitutivo uomo-macchina ma, in fin dei conti, per cogliere – qualora vi fosse – lo statuto, che è dunque solo presumibile, delle macchine stesse.
In ultima istanza della tecnica/tecnologia.
Come ha ben capito Heinrich Popitz, “l’agire tecnologico si sviluppa a partire da una specifica caratteristica tecnologica dell’uomo, da una specifica possibilità insita nel suo organismo. La tecnica non compensa una insufficienza organica ma al contrario sfrutta una capacità organica”.
Riferimenti:
H. Popitz, Der Aufbruch zur Artifiziellen Gesellschaft (1995), trad. it. di G. Auletta, Verso una società artificiale, Roma, Editori Riuniti, 1996, p. 42.
Heinrich Popitz. Immagine da: Instituts für Soziologie der Albert-Ludwigs-Universität Freiburg
Per cui, e in altri termini, l’applicazione tecnica, gli oggetti tecnologici hanno, da un lato, ampliato il dominio di intervento dell’uomo, dall’altro hanno contribuito a trasformare le sue stesse competenze, richiedendogli via via nuove prestazioni e nuove abilità.
In definitiva, quindi, la tecnologia e la tecnica non completano l’uomo. Estendono il suo campo di azione, manipolazione e deformazione.
Meglio ancora: tecnica e tecnologia non soccorrono una forma originaria carente per protenderla in direzione di una compiutezza e, quindi, in direzione della perfezione; rendono “solo” accessibili nuove vie di coniugazione con l’interno e l’esterno senza un preciso finalismo che non sia quello per-esistentivo. Cioè senza alcuna finalità, senza che, in ultima istanza, tali vie si collochino all’interno di alcun sentiero onto-teo-logico che, dunque, ne renda plausibile e possibile una rilettura finalistica. Se non, appunto, il sopravvivere (ad ogni costo) e che fa a meno, nella sua rudezza performativa, d’ogni fregio teleologico.
Se ci s’impegna ad assumere che l’uomo non è per nulla carente da un punto di vista biologico e che, inoltre, “non è vero che l’uomo si rende completo attraverso la cultura, bensì è molto più plausibile ritenere che l’uomo si percepisca incompleto a seguito della cultura”, è possibile intendere il cosiddetto processo culturale come “‘evento ibridativo’, ossia nei termini di una ‘esternalizzazione’ realizzata attraverso [...] l’uso di uno strumento, la partnership con un’altra specie, il conferimento di un significato, la proposizione di una teoria – in breve tutto ciò che attiva una coniugazione con la realtà esterna”.
Riferimenti:
R. Marchesini, Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, p. 24 e p. 25.
È questo “evento ibridativo”, assunto quale processualità che storicamente si determina, a farne e dirne dell’umano e della sua specificità. È nell’esplicitarsi della ibridazione che “è” la cultura, ragion per cui non vi è più dicotomia con la natura. Ovvero la cultura non è più da assumere quale mero completamento della natura in conseguenza della incompletezza originaria bensì, per certi versi, come “motore della natura” in ragione della sua capacità di retroazione sul sistema-uomo stesso.
E qui, come si capisce, lo statuto delle macchine (precipitato fisico della cultura come concrescenza sapienziale) è completamente rovesciato.
Dire che lo statuto delle macchine è completamente rovesciato, vuol dire che la macchina (le macchine) non svolge semplicemente funzioni che accrescono le chance del conatus essendi di persistere.
Vuol dire che la macchina (le macchine) è:
Ciò vuol dire che la macchina/le macchine non sono più meri utensili ma, in maniera più profonda, costituiscono radici espansive dell’uomo stesso.
E questo vuol dire, in ultima istanza, che la categoria di homo materia che si è introdotta nelle lezioni precedenti necessita di rivisitazione integrale rispetto anche alla posizione inquietante ed inquietata con la quale Anders l’aveva introdotta.
2. Bioetica e sue definizioni - Parte prima
3. Bioetica e sue definizioni - Parte seconda
4. Bioetica: sapere senza statuto epistemologico
6. Homo faber, homo creator, homo materia
8. Lo statuto (presunto) delle macchine
9. Dall'"utensile" alla falsificazione
10. Morte dell'uomo della metafisica - Parte prima
11. Morte dell'uomo della metafisica - Parte seconda
12. Nascita del giusnaturalismo
13. Il giusnaturalismo compiuto nell'ordine suo
14. La crisi e la fine del giusnaturalismo
15. La condizione dell'uomo e/o le condizioni dell'umano
16. Dal “sistema aperto” all'ibridazione
17. Dalla fantascienza alla scienza
18. Neo-umanesimo dell'a-essere (I parte)