«Perché gli esseri umani devono essere considerati più singolari degli elefanti, dei pinguini, dei castori, dei cammelli, dei serpenti a sonagli, degli uccelli parlanti, delle murene che danno la scossa elettrica, degli insetti che si mimetizzano sulle foglie delle sequoie giganti, delle mantidi religiose, dei pipistrelli o dei pesci di profondità che hanno una lanterna fluorescente sulla testa?» (S. Pinker, L’istinto del linguaggio, p. 362).
Secondo Pinker, l’uomo, nel corso dell’evoluzione, per sopravvivere ha costruito una “nicchia cognitiva”, che costituisce il guscio originario della comunità umana. Gli elementi costitutivi di questa “nicchia” sono l’attività simbolica, il ragionamento causale e la cooperazione tra gli esseri umani.
Quando e come è stato possibile per l’uomo costruire una nicchia come questa che non ha eguali nel mondo animale non umano? Sarebbe possibile ipotizzare altre “nicchie cognitive” per altri esseri animali non umani?
Il linguaggio verbale è «un bene e un’eredità comune» a tutti gli uomini, come risultato di un processo evolutivo di lunga durata.
Il linguaggio è una capacità esclusiva dell’Homo sapiens sapiens. Né l’Homo afarensis, né l’Homo erectus, né l’Homo abilis possedevano questa capacità.
La capacità dell’uomo di parlare e di significare è determinata dalla struttura biologica dell’essere umano (eredità biologica), quanto dalla sua natura relazionale (apprendimento sociale).
Nascendo all’esistenza umana, l’uomo nasce predisposto all’apprendimento del linguaggio; la capacità del linguaggio diventa effettiva nelle relazioni con gli altri. Perciò solo nel “commercio” con gli altri esseri umani, l’uomo realizza e sviluppa le sue capacità cognitive e linguistiche: nell’uso del linguaggio l’animale umano conquista il proprio “spazio” nel mondo, che diventa mondo umano.
Il linguaggio è l’uomo stesso nel suo difficile sforzo di dare un nome alle cose e di significare, ricreando così il mondo, sia quello interno, sia quello esterno, a misura della sua capacità di esprimerlo e di significarlo linguisticamente.
Il processo evolutivo, che ha interessato l’essere dell’uomo, è stato in parte determinato e accompagnato dall’apparizione e dallo sviluppo nel mondo degli ominidi di una forma di linguaggio verbale più elaborata, un linguaggio collegato ad un pensiero simbolico avanzato, di cui il linguaggio stesso ne è l’espressione maggiore e più rilevante.
Lo sviluppo delle capacità linguistiche e di uno scambio simbolico tra parlanti è all’origine di un mondo culturale, di uno “spazio” esclusivo dell’essere dell’uomo.
Il linguaggio nel suo sviluppo si è costituito come momento decisivo di un processo, piuttosto lungo, di differenziazione animale e di specializzazione intraspecie, manifestandosi in forme diverse e seguendo una cronologia di cui s’ignorano i passaggi decisivi (suoni indistinti e inarticolati iniziali? semplici richiami sonori? indicazioni gestuali collegate a suoni? primi suoni articolati? espressioni linguistiche più elaborate?) e, infine, consolidandosi nel tempo in atti e comportamenti linguistici in senso stretto.
Nell’uomo l’acquisizione del linguaggio e il possesso della parola rimandano ad un processo di sviluppo di tipo circolare, considerando che ogni avanzamento su questo piano del sapere, come di ogni altro, non è mai di tipo lineare.
Ogni progresso nella direzione di uno sviluppo nell’acquisizione del linguaggio non è stato mai definitivo, perché sottoposto a periodi di stasi, se non di regressi, determinati anche da particolari condizioni ambientali e culturali, subite dagli esseri umani nel corso dell’evoluzione.
Senza il supporto sensibile del linguaggio non ci sarebbero né il pensiero, né la coscienza. Non ha senso stabilire una priorità tra linguaggio e pensiero. Sarebbe più corretto parlare di un orientamento del pensiero al linguaggio e viceversa.
L’uomo come essere umano nasce e vive nel e attraverso lo “spazio” determinato dal linguaggio verbale, uno spazio che diventa il “luogo originario” della coscienza nascente dell’uomo, se non la coscienza stessa nel suo porsi e nel suo manifestarsi. La coscienza è essa stessa coscienza linguistica.
Solo nel contesto di un processo di apprendimento sociale, l’uomo può, mediante il possesso e l’uso del linguaggio, differenziarsi dagli altri suoi simili, raggiungere la consapevolezza delle sue capacità mentali e dei suoi mezzi espressivi, prendere coscienza dei propri limiti e dei propri bisogni, essere capace di esprimerli e di comunicarli nella comunicazione intersoggettiva e, soprattutto, costruire il mondo umano.
È nella lingua, soprattutto nella lingua materna, che l’uomo nasce, vive e si sviluppa, come nella sua dimora più originaria ed esclusiva, della quale non si può mai fare a meno.
É stato Kant all’inizio della Dottrina trascendentale del metodo della Critica della ragione pura a parlare del linguaggio come di una dimora, che doveva essere modesta, anche se spaziosa, per essere in grado di rispondere alle necessità degli uomini, contro il rischio, mai scongiurato, di una nuova Babele. La stessa immagine della “dimora” era stata ripresa da Jaspers nel parlare di Kant, come del filosofo che si era costruito lui stesso una casa “ai margini della strada per riposarsi”.
Il linguaggio, come “luogo originario” della coscienza nascente dell’uomo, costituisce la comune dimora di tutta l’umanità: in esso, l’uomo si riconosce e diviene consapevole della propria identità specifica. La comunità degli uomini si costituisce nella dimora del linguaggio, dove avviene lo scambio dei segni linguistici.
La presenza dell’uomo sulla scena del mondo è segnalata dalla presenza di strumenti e dalla presenza della macchina. Nasce la tecnica, che segna l’avvenuto dominio dell’uomo sul mondo. Essa è resa possibile dal linguaggio verbale.
Se lo strumento è il prolungamento dell’uomo, mosso dall’uomo stesso come un suo arto, la macchina è progettata per ottenere un certo risultato e rappresenta la materializzazione di una strategia mirante a raggiungere un obiettivo.
Il linguaggio è esso stesso uno strumento dell’uomo e può essere inteso come un vero e proprio “artefatto”, un prodotto del lavoro umano.
Come ogni prodotto del lavoro umano, il linguaggio non esiste in natura come un prodotto già finito, ma è il risultato del continuo intervento dell’uomo, membro di una comunità che si è già staccata dalla natura.
Lezione 4: Mondo animale e mondo umano. Una soluzione provvisoria
1. Filosofia della mente: contenuti, problemi, metodi
2. Perché l'uomo è un essere “speciale”
3. Il processo di ominazione: l'homo sapiens
4. Mondo animale e mondo umano. Una soluzione provvisoria
5. L'uomo tra natura e cultura: il ruolo del cervello
6. Cervello, Mente e Linguaggio
7. Le scienze cognitive, le neuroscienze e l'interrogativo sull'uomo
8. Il problema della coscienza
10. Teorie della mente a confronto: Dennett e Searle
11. Varela e la neurofenomenologia
12. La scoperta dei neuroni specchio e la conoscenza della mente
13. Gesticolazione delle mani, produzione del linguaggio e comprensione dell'altro
14. Il ruolo della mente nei processi cognitivi e l'identità personale
1. Filosofia della mente: contenuti, problemi, metodi
2. Perché l'uomo è un essere “speciale”
3. Il processo di ominazione: l'homo sapiens
4. Mondo animale e mondo umano. Una soluzione provvisoria
5. L'uomo tra natura e cultura: il ruolo del cervello
6. Cervello, Mente e Linguaggio
7. Le scienze cognitive, le neuroscienze e l'interrogativo sull'uomo
8. Il problema della coscienza
10. Teorie della mente a confronto: Dennett e Searle
11. Varela e la neurofenomenologia
12. La scoperta dei neuroni specchio e la conoscenza della mente
13. Gesticolazione delle mani, produzione del linguaggio e comprensione dell'altro
14. Il ruolo della mente nei processi cognitivi e l'identità personale
I podcast del corso sono disponibili anche su iTunesU e tramite Feed RSS.