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Giuseppe Cacciatore » 8.L'esistenzialismo è un umanismo


Morte di Dio e abbandono dell’uomo

Sartre cita il caso di un suo allievo come esempio dell’abbandono dell’uomo a se stesso, del fatto non solo che a partire dalla morte di Dio “tutto è permesso” – come dice Mitja nei Fratelli Karamazov – ma anche che l’avvenire che l’uomo è a se stesso, è un avvenire che non è scritto da nessuna parte. Cfr. Le mosche, cit., p. 95, in particolare le parole che Oreste rivolge a Giove: «Sino a ieri tu eri un velo sui miei occhi, un tappo di cera nelle mie orecchie; ieri sì avevo una scusa: tu eri la mia scusa di esistere, perché mi avevi messo al mondo per servire i tuoi disegni, e il mondo era una vecchia mezzana che mi parlava di te, continuamente. E poi mi hai abbandonato».

Copertina de “Les Mouches” (1943)
(da: Evening all afternoon)

Copertina de “Les Mouches” (1943) (da: Evening all afternoon)


La scelta del consigliere

Non essendo predeterminato è un avvenire «vergine», così vergine da non poter contare né sulla fermezza di una morale unica dai valori vaghi e indefiniti, né sulla “violenza” del consigliere. Ma neanche sulla forza dei sentimenti. Questi ultimi, infatti, ben lungi dal poter offrire un fondamento autentico e non suscettibile di essere finto o falsato, si costituiscono mediante gli atti, per cui una morale di tipo sentimentale non farebbe altro che avvolgere il giovane dilaniato dal dubbio “se partire per la guerra o restare accanto alla madre in lutto” in un circolo vizioso. In verità, il giovane ha già fatto una scelta nell’atto di scegliere il suo professore come consigliere. «In altre parole, scegliere il consigliere è ancora impegnare se stessi» [L'esistenzialismo è un umanismo, cit., p. 48].

L’inversione sartreana

Una tesi capitale della metafisica tradizionale è che l’essenza precede l’esistenza.
In opposizione ad essa, Sartre afferma – riprendendo uno dei nuclei tematici de L’Essere e il Nulla nello stile divulgativo del pamphlet L’esistenzialismo è un umanismo – che l’esistenza precede l’essenza.
Non c’è realtà all’infuori dell’azione e si agisce sempre in una concreta situazione determinata.
L’uomo è ciò che fa, e ciò che fa non è condizionato da malattie genetiche, dall’influenza dell’ambiente o della società, da una peculiare struttura psichica o da qualsiasi altra forma di determinismo.
Una siffatta concezione della libertà, che è condanna alla libertà di costruire e di non subire l’universale, è anche ciò che segna la differenza tra i romanzi, i racconti e i drammi teatrali che costellano l’opera filosofica di Sartre e il naturalismo che ispira l’opera di Émile Zola.

Un eroe de Le vie della verità

De L’età della ragione, il primo romanzo della trilogia, riproduciamo un passo che rende ragione di quel che Sartre chiama rigore ottimista di contro all’accusa di pessimismo, ma anche del fatto che i valori – in questo caso “le Spagne” – sono plurali come plurali sono le possibilità – per Matteo – di perdersi e di trovarsi: «Sono vecchio. Eccomi abbandonato sopra una sedia, immerso nella mia vita fino al collo, senza credere a nulla. Eppure, anch’io volevo partire per una qualche Spagna. La cosa non è riuscita. Ci sono forse parecchie Spagne? Io sto qui, mi assaggio, sento l’antico sapore di sangue e d’acqua ferruginosa, il mio sapore, “sono” il mio proprio sapore, esisto. Esistere, ecco cos’è: bersi senza sete [...]. Le Spagne, i castelli in Spagna erano…Che cosa? Una tiepida piccola religione laica per mio uso e consumo? Il discreto e serafico accompagnamento della mia vera vita? Un alibi? Così mi vedono Daniele, Marcella, Brunet, Giacomo: colui che vuol essere libero [...] come altri vogliono una collezione di francobolli. La libertà è il suo giardino segreto» [ivi, p. 54].

Copertina de L’age de Raison (1945)
(da:Hundredyearsof)

Copertina de L'age de Raison (1945) (da:Hundredyearsof)


Si ricompone la cesura tra teoria e prassi

Il passo appena citato, e il riferimento esplicito che Sartre fa alla trilogia, in un pamphlet che chiama alla azione qual è L’esistenzialismo è un umanismo, può d’altra parte essere assunto come la ricomposizione della cesura di quelle che sono state recepite come le due anime dell’esistenzialismo: da un lato il pessimismo della teoria e dall’altro l’ottimismo della prassi. Tale passo, in effetti, riconfermerebbe quanto era stato affermato ne L’Essere e il Nulla a proposito del non essere del valore: il valore è sempre al di là di ciò che è: il suo essere consiste nell’essere il fondamento del suo proprio niente, ossia degli atti che tendono ad esso, ma in cui il valore non è.
In questo slittamento dal niente del valore all’atto si potrebbe inoltre scorgere il terreno di preparazione della teoria della storia e dell’azione che Sartre avrebbe presentato anni dopo nella Critica della ragione dialettica (1960). Naturalmente con quest’ultima affermazione non si intende negare la profonda revisione che subiscono alcune tesi fondamentali de L’Essere e il Nulla, in particolare quella riguardante la nozione di progetto cha passa dall’incondizionatezza della libertà che produce dati, all’idea di libertà come oltrepassamento di una condizione data.

L’inversione che scioglie un paradosso

Il convincimento che Sartre aveva sin da subito evidenziato di non dover abbandonare l’atteggiamento naturale per operare un’epoché emotivamente intonata qual è – qui sì in sintonia con Heidegger – l’angoscia, lo ritroviamo ne L’esistenzialismo è un umanismo quando egli afferma che ciascuno di noi fa l’assoluto, respirando, mangiando, dormendo. E quando aggiunge che non vi è alcuna differenza tra essere come progetto ed essere assoluto, tra un assoluto localizzato nel tempo, che vuol dire nella storia, ed essere comprensibile universalmente (ivi, pp. 67-68).
Ne consegue che l’inversione del rapporto classico tra essenza ed esistenza determina altresì una ridefinizione, se non un pieno superamento, del conflitto tra particolare e universale, ma anche di quello tra situazione storica e condizione umana.

La dignità dell’uomo

Sartre crede di trovare una posizione affine alla sua in Essere e tempo, in particolare nel termine Dasein, che, esistendo come progetto gettato, escluderebbe una natura umana già data.
Anche in Sartre l’umanismo si traduce nel compito di riconoscere la dignità ontologica dell’uomo rispetto alla pietra o al tavolo, rispetto agli enti intramondani dunque.
Ma la differenza sta nel modo in cui Sartre e Heidegger intendono la dignità dell’uomo.
Sartre: la dignità dell’uomo sta nel suo essere legislatore di se stesso di fronte agli altri.
Heidegger: la dignità dell’uomo sta nel rapporto di senso che lo lega all’essere.

Divergenze

I punti di divergenza tra Sartre e Heidegger sono molteplici:
Sartre mantiene il presupposto del cogito cartesiano, seppur corretto da un concetto allargato di soggettività e di evidenza, teso ad includere la coscienza degli altri. In proposito si veda il dramma teatrale del 1944 Porta chiusa, in particolare la risposta di Estella alla proposta di Ines di guardarla e alla domanda “Non valgo un po’ più di uno specchio?: «Non so. Mi fa soggezione. Negli specchi la mia era un’immagine addomesticata. La conoscevo tanto bene….Ora sorriderò, il mio sorriso arriverà in fondo alle sue pupille, e Dio sa che cosa diventerà».

“Huis clos” (1944)
(da: Wikimedia Commons)

“Huis clos” (1944) (da: Wikimedia Commons)


Divergenze

Heidegger vede nella soggettività una forma di occultamento dell’essere fondata sulla volontà di potenza che mortifica la verità dell’essere entificandola nella certitudo. Cfr. M. Heidegger, Nietzsche, cit., p. 906: «per la storia moderna della metafisica la denominazione “soggettività” esprime la piena essenza dell’essere solo se si pensa non tanto, e nemmeno in misura prevalente, al carattere di rappresentazione dell’essere, ma se sono diventati manifesti l’appetitus e i suoi sviluppi come tratto fondamentale dell’essere. Dal pieno inizio della metafisica moderna in poi l’essere è volontà, cioè exigentia essentiae. “La volontà” cela in sé una essenza molteplice. È la volontà della ragione oppure la volontà dello spirito, la volontà dell’amore, oppure la volontà di potenza».

Altre divergenze

Il peso ontologico dell’etica sartreana sta nel fatto che nell’azione storica si compie la realtà umana come libertà e condanna a scegliere, che vuol dire scegliersi e scegliere per gli altri in un atto prassico che, indipendentemente dal suo determinato contenuto valoriale, è sempre esemplare. L’uomo si fa scegliendo la propria morale in una particolare situazione storica.
Il peso ontologico dell’etica heideggeriana sta nell’azione di pensare e poetare l’apertura all’essere, nel misurare la distanza e nello stesso tempo l’intimità che lega l’Esserci all’Essere. L’uomo si compie quando, attraverso il pensiero, dispiega la sua pienezza d’essenza: il suo rapporto con l’essere al di qua della distinzione tra soggetto ed oggetto e al di qua dell’interpretazione tecnica del pensiero come teoria e della rivendicazione della sua autonomia rispetto alla praxis e alla poiesis.

Ancora altre divergenze

Sartre intende “l’esser fuori di sé” dell’uomo come essere in una situazione che inesorabilmente esige un impegno, per cui l’esistenzialismo è una “dottrina d’azione”. La responsabilità è l’abilità di rispondere alla chiamata a scegliere una morale imposta dalla circostanza.
Heidegger intende l’”esser fuori di sé” dell’Esserci come essere dentro la verità dell’Essere che lo reclama. La responsabilità è l’abilità, più che a rispondere con una azione particolare, ad ascoltare la parola dell’Essere.
Il senso per Sartre è ciò che l’uomo sceglie per creare una comunità umana. L’uomo è inventore di significati.
Il senso per Heidegger è ni-entificazione di ogni significato, che in quanto tale chiude l’apertura all’essere. L’uomo è significante in quanto fa spazio al senso, al senso che è sempre dell’essere e che eccede ogni significato dell’uomo.

Rappresentazione e soggettività

In Sartre perdurerebbe il primato della rappresentazione.
Per Heidegger la linea del rappresentare metafisico pensa a partire dall’ente in direzione dell’ente, senza pensare l’orizzonte, in cui ogni pensare dell’ente si trova.
Il rappresentare [vor-stellen], in quanto porre [stellen] davanti [vor] l’ente come oggetto, fa sì che l’uomo, ovvero il soggetto del rappresentare, diventi il luogo della verità. Per questo motivo, quando Heidegger utilizza il termine vor-stellen, lo intende nel senso di render-presente, manifestare, che in francese è stato tradotto con apprésenter [appresentare].
Per Sartre la trascendenza è il tratto distintivo della soggettività, di una soggettività che non può essere trascesa ma che trascende, oltrepassando gli oggetti per perseguire dei fini liberamente scelti.
Per Heidegger il concetto di trascendenza riguarda la soggettività solo nella misura in cui anche quest’ultima viene trascesa, superata e oltrepassata.

Un’opposizione solo apparente

Per Heidegger, quella di Sartre è una rottura con la tradizione solo apparente, giacché il rovesciamento di una tesi metafisica non cessa per questo di essere una tesi metafisica, ovvero una tesi che permane nell’oblio della verità dell’essere.
L’uscita dall’oblio richiede, invece, un’interrogazione iniziale, quella che domanda sul destino dell’essere a partire dal quale la differenziazione tra esse essentiae ed esse existentiae arriva al pensiero.
L’interrogazione iniziale comporta un balzo nella presenza assoluta, non nella “presenza a [qualcuno]“, ma nella presenza come orizzonte in cui si costituisce ogni “presenza a”, ogni “star-di-contro” di qualcosa a qualcuno, e di conseguenza ogni destino di oggettivazione e di trascendimento soggettivo.

I due sensi dell’umanismo

Sartre segnala due sensi dell’umanismo.
Un umanismo come dottrina che considera l’uomo come fine e valore superiore, ma che lega il valore dell’uomo agli atti compiuti da una minoranza d’uomini e che, considerando l’uomo come fine, ne chiude l’apertura. L’uomo, per Sartre, non è un fine ma è un da fare.
Esempi di questo primo umanismo sono il culto dell’umanità dell’umanismo chiuso in se stesso di Comte, ma anche il fascismo.
Un umanismo esistenzialista che considera l’estaticità dell’uomo, l’esser fuori di se stesso progettandosi e perdendosi. «L’uomo, essendo questo superamento e non cogliendo gli oggetti che in relazione a questo superamento, è al cuore, al centro di questo superamento» (L’esistenzialismo è un umanismo, p. 85).
Conclude Sartre il suo pamphlet difendendosi dall’accusa secondo cui gli esistenzialisti sono dei disperati e riaffermando la coerenza di un ateismo che fa dell’indigenza ontologica, del verme del nulla che rode il nocciolo dell’essere, la leva della libertà come trascendimento della e nella situazione, di una dottrina dell’azione che si dà la propria legge ma mai da sola.

Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre e Ernesto Che Guevara a La Habana, 1960 (da: Wikipedia )

Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre e Ernesto Che Guevara a La Habana, 1960 (da: Wikipedia )


I materiali di supporto della lezione

Testi di J.-P. Sartre

La trascendenza dell'ego. Idee per una descrizione fenomenologica (1936-37), ed. it. a cura di N. Pirillo, Arturo Berisio Editore, Napoli, 1971.

Un'idea fondamentale della fenomenologia di Husserl: l'intenzionalità (1939) in Id., Che cos'è la Letteratura, Il Saggiatore, Milano, 1963.

L'Essere e il Nulla (1943), ed. it. a cura di G. del Bo, riv. da F. Fergnani e M. Lazzari, Est, Milano, 1997.

La nausea (1938), tr. it. di B. Fonzi, Einaudi, Torino, 1999.

Le mosche (1943), tr. it. di G. Lanza, Porta chiusa (1945), tr. it. di M. Bontempelli, prefazione di P.A. Rovatti, Bompiani, Milano, 1988.

L'età della ragione (1945), tr. it. di O. Vergani, Bompiani, Milano, 1998.

L'esistenzialismo è un umanismo (1945), ed. it., Mursia, Milano, 2007.

Testi di M. Heidegger

M. Heideger, Che cos'è metafisica? (1929), ed. it. a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano, 2001.

M. Heidegger, Nietzsche (1961), a cura di F. Volpi, Milano, Adelphi, 1994.

Bibliografia secondaria essenziale

S. Moravia, Introduzione a Sartre, Laterza, Roma-Bari, 1973.

W. Mauro, Invito alla lettura di Sartre, Mursia, Milano, 1979.

F. Jeanson, Sartre. Teatro e filosofia, tr. it. di R. Vitiello, Editori Riuniti, Roma, 1996.

Approfondimento

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