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Giuseppe Cacciatore » 5.L'essenza della verità


Il capovolgimento

Il controverso concetto di svolta [Kehre] è stato definito dallo stesso Heidegger come un capovolgimento, che, però, non deve essere inteso come un cambiamento del punto di vista di Essere e tempo.
Heidegger si richiama all’Essenza della verità [Lettera sull'umanismo, p. 52] come alla conferenza [la conferenza è del 1930, ma la prima pubblicazione è del 1943] che «permette di farsi una certa idea della svolta da Sein und Zeit a Zeit und Sein». Una svolta che è consistita nell’afferrare con pienezza il concetto di destino.
Come?
Attraverso l’elaborazione della nozione di negatività
In virtù della declinazione dell’oblio dell’essere in una molteplicità di forme di storicizzazione del darsi e del rifiutarsi dell’Essere: physis, logos, volontà di potenza, evento [Ereignis].

M. Heidegger. Imamgine da: Wikipedia

M. Heidegger. Imamgine da: Wikipedia


Cambiamento del luogo della verità

Il luogo della verità cambia quando questa passa dall’Essere all’uomo.
Il cambiamento del luogo comporta una trasfigurazione della verità che, da manifestazione dell’Essere, si trasforma in esattezza del pensare e del volere umano.

  • La trasfigurazione, che Heidegger riconduce a Platone, ha avuto origine da una prima scissione
  • Di cosa?
  • Del non nascondimento [alétheia]
  • In cosa?
  • In ente (idea) da un lato e manifestazione o visione (idein), dall’altro

La manifestazione cessa di essere proprietà dell’ente per passare ad essere proprietà dell’uomo e così l’aletheia cede il posto all’orthotes, vale a dire, la verità come manifestatività cede il posto alla correttezza, l’essere al pensiero.

Breve storia delle concezioni soggettive della verità

Aristotele: «Vero e falso non si trovano nelle cose ma nel pensiero soltanto» [Metafisica E 1027, b].

S. Tommaso: con l’«adaequatio rei et intellectus» [De Veritate] riproduce la conformità platonica tra idein e idea.

Cartesio: Verità e falsità possono esistere solo nell’intelletto. Con la modernità nasce “l’immagine del mondo”, ovvero la riduzione del mondo ad immagine soggettiva.

Nietzsche: la verità è una forma di errore in quanto è confinata nell’orizzonte del pensiero riflesso come esattezza (Richtigkeit) di un enunciato.

L’essenza della verità

La proposizione non è il luogo originario della verità.
La conformità del giudizio è derivata dall’apertura costante di una relazione intenzionale, che Heidegger preferisce chiamare rapportarsi nel senso di “stare aperto sull’ente”.
Ciò che rende possibile la conformità del giudizio – quando ciò che si manifesta diviene misura-di-conformità per l’adeguazione che ap-presenta – è la libertà di stare aperto sull’ente.
L’essenza della verità è la libertà.
La libertà non ha a che fare con l’arbitrio dell’uomo, e non è una sua proprietà.
La libertà è il fondamento della possibilità della conformità e la conformità, da parte sua, è una norma vincolante che obbliga il giudizio a dirigersi all’oggetto e ad accordarsi con esso.
La conformità è più originaria della correttezza.
L’apertura è più originaria della conformità.
La libertà fonda l’apertura del rapportarsi.
La libertà è definita come lasciar essere l’ente.

Originarietà del nascondimento

Alla verità come manifestazione si oppongono due tipi di non-verità:

  1. la non-verità come nascondimento
  2. la non-verità come errare

1) Se la verità è manifestazione (aletheia), il “non” della non-verità è la negazione della manifestazione, è il non-disvelarsi.
Se la verità è uscir fuori dal nascondimento, allora il nascondimento è essenziale alla verità.
Il nascondimento non è occultamento di questo o quell’ente, ma è l’orizzonte che precede e che si mantiene nella manifestazione di ogni ente.
La verità, nel manifestare un ente, lo sottrae al nascondimento precedente e, nel contempo, lascia essere nel nascondimento la totalità degli enti.
Il nascondimento che precede e accompagna ogni disvelamento veritativo è la non-essenza della verità, è il mistero.
Ogni parziale disvelamento, in quanto lascia essere la totalità nell’oscurità, si rapporta al mistero.

2) Se l’uomo dimentica il mistero, che accompagna il parziale disvelarsi degli enti, per volgersi agli enti che gli sono manifesti, allora si allontana dall’essere ed erra tra gli enti. L’errore è errare tra gli enti nel senso di un’e-sistenza che è tanto apertura alla totalità dell’ente, quanto in-sistenza sull’ente manifesto nell’oblio del mistero della totalità degli enti lasciati in ombra.

Non-essenza e anti-essenza della verità

Non-essenza: oscurità come mistero
Anti-essenza: oscurità come errore

L’essenza della verità è sospesa tra due oscurità, tra il suo non e il suo anti, tra il mistero e l’errore.
Custodire il mistero significa custodire la non-essenza della verità, ovvero il nascondimento che è essenza pre-essenziale, nel senso di evento fondamentale che è essenziale all’essenza.
L’anti-essenza della verità non è un errore particolare ma «l’errore che regna (e domina) nella storia in cui si intrecciano le trame di tutti i modi di errare» [Sull'essenza della verità, p. 39]. L’umanità è errante in quanto è portata ad identificare la totalità dell’ente con la totalità dell’ente storicamente manifesto.
Che l’essenza della verità sia sospesa tra l’oscurità e l’oblio dell’oscurità determina per necessità l’ineluttabilità della doppia sottomissione dell’uomo:

  • alla potenza del mistero
  • alla minaccia dell’errare
Martin Heidegger. Immagine da: Wikimedia Commons

Martin Heidegger. Immagine da: Wikimedia Commons


Essenza della verità e verità dell’essenza

Quando dall’errare l’uomo avanza verso il mistero, allora realizza la sua libertà di apertura, lascia essere l’ente e pone il problema essenziale: «che cos’è l’ente come tale nella sua totalità?» [ivi, p. 41].
Sull’essenza della verità si chiude con una nota in cui Heidegger distingue tra essenza della verità e verità dell’essenza.
Essenza della verità: essere dell’ente.
Verità dell’essenza: essere dell’essere.
L’essenza della verità è la verità dell’essenza, non nel senso che l’essere dell’ente sia identificato con l’essere dell’essere, ma nel senso che quest’ultimo è la verità del primo.
La verità dell’essere dell’ente è il luminoso nascondersi dell’essere dell’essere. In questo modo Heidegger riafferra il significato originario del termine aletheia come disvelamento, o meglio come luminoso nascondimento.

Svolta: ciò che muta e ciò che non muta

Nella svolta, cui Heidegger fa menzione nella nota di chiusura a Sull’essenza della verità, vi è qualcosa che muta e qualcosa che non muta rispetto a Essere e tempo.
Ciò che non muta è il rapporto tra Esserci e essere.
Così come non muta l’istanza anti-soggettivistica, che sin dall’inizio determinava in Heidegger la rinuncia ad ogni forma di psicologismo e antropologismo.

Muta l’accezione della libertà che in Essere e tempo è definita come poter-essere [per la morte] mentre in Sull’essenza della verità è definita come lasciar-essere [l'ente].
Muta il metodo che non è più fenomenologico-ermeneutico ma che assume la forma di un sentiero interrotto.
Muta il senso dell’apertura: l’Esserci non si limita più a stare dentro una certa apertura già aperta, ma partecipa all’aprirsi di essa.

La persistenza dell’interruzione

Quel che non muta è il tema dell’interruzione che, da incompiutezza di Essere e tempo, si traduce in aggettivo della via del pensiero, che è appunto interrotta.
Da cosa?
Dall’indicibilità dell’essere.
La via del pensiero è anche smarrimento.
Lo stile è filosofico solo in quanto riesce a fare un passo indietro per liberarsi – anche se mai del tutto – dalle categorie della metafisica per parlare un altro linguaggio: quello poetico.
La ricerca di una nuova posizione storica del pensiero si essenzia, nel senso che si realizza, nell’invenimento di una nuova forma di apertura che prepara la prossimità alla verità dell’essere, ovvero a quel che Heidegger avrebbe poi tematizzato come Ereignis [evento], come l’accadere della reciproca appropriazione-espropriazione di uomo ed essere.

I materiali di supporto della lezione

Testi di M. Heidegger:

Prolegomeni alla storia del concetto di tempo (Semestre estivo 1925), ed. it. a cura di R. Cristin e A. Marini, Il melangolo, Genova, 1999.

Essere e tempo (1927), ed. it. a cura di P. Chiodi, Milano, Longanesi, 1976.

Concetti fondamentali della metafisica. Mondo, finitezza, solitudine (Semestre invernale 1929-30), ed. it. a cura di C. Angelino, 2005.

L'essenza della verità (1930), ed. it. a cura di U. Galimberti, La Scuola, Brescia, 1974.

Saggi e discorsi (1936-1953), ed. it. a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano, 1991.

Sentieri interrotti (1935-46), ed. it. a cura di P. Chiodi, La Nuova Italia, Firenze, 1999.

Lettera sull'«umanismo» (1976), ed. it. a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano, 1995.

L'arte e lo spazio (1969), tr. it. di G. Vattimo, introd. di C. Angelino, Il melangolo, Genova, 1979.

Testi dei critici di Heidegger

R. Carnap, Il superamento della metafisica mediante l'analisi logica del linguaggio (1931), ed. it. a cura di A. Pasquinelli, in Il neoemprismo, Utet, Torino, 1969, pp. 504-540.

K. Löwit, Saggi su Heidegger, Einaudi, Torino, 1974.

Th. W. Adorno, Il gergo dell'autenticità: sull'ideologia tedesca (1964), Einaudi, Torino, 1989.

Bibliografia secondaria essenziale

E. Mazzarella, Tecnica e Metafisica. Saggio su Heidegger, Guida, Napoli, 1982.

J.-L. Nancy, L'etica originaria, ed. it. a cura di A. Moscati, Cronopio, Napoli, 1996.

A. Guigliano, Nietzsche-Rickert-Heidegger. E altre allegorie filosofiche, Liguori, Napoli, 1999.

F. Volpi (a cura di), Guida a Heidegger, Laterza, Roma-Bari, 2005.

G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, Laterza, Roma-Bari, 2008.

Approfondimento

Glossario Heidegger

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