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Nicola Russo » 29.Naufragio di verificazione e giustificazione


Decostruzione giuridica

In un suo recente articolo (1995), Guenther Winkler – il più importante esponente contemporaneo della gius-filosofia austriaca, erede della lunga tradizione che parte da Jellinek e passa per Kelsen – cerca di affrontare, facendo leva su una controversia nata tra Kelsen ed uno dei suoi primi allievi, Eric Voegelin, la dottrina pura del diritto kelseniana come una delle forme più antiche di decostruzionismo. Il suo saggio parte proprio dalla classificazione operata da V. in un articolo del 1924, “Reine Rechtslehre und Staatslehre”, della dottrina pura come teoria dello stato decostruzionista, sostenendo che essa parte proprio dalla “Dekonstrution des Symbolproblemes”, affidandosi solo ad una trattazione della logica empirica dell’ordinamento giuridico. La riduzione della forma statuale ad elemento logico si pone al termine “della distruzione storica del complesso problematico [che pertiene allo stato]“, superando così le complicate costruzioni della scienza storica dello stato e giungendo alla designazione si punti semplicemente logico-formali del sistemi (come il punto di imputazione).

Decostruzione giuridica – seconda parte

Winkler non può negare che la liberazione della scienza giuridica attraverso una costruzione giuridica nella forma di un sistema di concetti giuridici dedotti in maniera logico formale (secondo lo schema ipotetico deduttivo dalla Grundnorm all’imputazione della conseguenza giuridica, la sanzione) abbia radici in una lunga tradizione che parte da Laband e Jellinek; ma nessuno degli autori precedenti è giunto così lontano nella costruzione logico-formale come Kelsen. La dottrina pura del diritto è prima di tutto una teoria della conoscenza giuridica, una critica della ragione giuridica quindi uan metodologia ed una logica normativa del diritto. “Il principio teoretico-conoscitivo – scrive Voegelin – della dottrina pura del diritto è la purezza metodologica. La conoscenza non raffigura (abbilden) un oggetto che si dà nella realtà, ma presenta il carattere apriori che determina la forma giudicativa di ogni possibile conoscenza e quindi la struttura oggettuale, che si dà in tali giudizi”. Questo svuotamento contenutistico coinciderebbe secondo Voegelin, ma anche secondo Kunz, con una negazione radicale di tutta la giurisprudenza passata. La norma giuridica deve essere costruita, secondo la dottrina pura del diritto, una forma quasi-logica di imputazione di una conseguenza giuridica (la sanzione) ad una condizione giuridica.

Decostruzione giuridica – terza parte

Quindi, “tutto ciò che non corrisponde alla logica normativa, non dovrebbe più valere come scienza”, scrive nelle sue riflessioni autobiografiche Voegelin. Ma una tale dottrina – conclude Winkler – ha solo l’aspetto del positivismo. “Essa è in verità solo un sistema concettuale costruito logico-formalmente, senza oggetti, che non è conforme né con la logica generale né con l’oggetto reale diritto. Diritto e teoria del diritto sono per Kelsen sono prodotti di pensiero formalizzati. Rappresentano solo un’unità concettuale. Da qui non vi può essere nessun passaggio empirico-razionale al diritto come fenomeno realmente esistente, come fenomeno sociale-culturale. Il diritto della “dottrina pura” è, in quanto dovere, solo una compagine concettuale costruita e dedotta logico-formalmente. È essensialmente differente dall’essere della natura e dall’effettualità culturale-sociale e dalla peculiarità sostanziale del diritto positivo. Questo mondo concettuale costruito non si adatta ad un pensiero empirico-razionale del diritto (vd. “Rechtswissenschaft und Rechtserfahrung”). Esso ha per Kelsen solo una funzione. Serve a decostruire i concetti teleologici legati agli oggetti del pensiero giuridico tradizionale”.

G. Grosz, Republicanische Automaten (1920). G. Grosz, Republicanische Automaten (1920).
Fonte: Wikipedia

G. Grosz, Republicanische Automaten (1920). G. Grosz, Republicanische Automaten (1920). Fonte: Wikipedia


Decostruzione e nichilismo giuridico

«Dove il diritto non è più, – aveva scritto Nietzsche nell’aforisma 459 di Umano, troppo umano – come da noi, tradizione, esso può essere solo imposto, solo costrizione, noi tutti non abbiamo più un senso tradizionale del diritto, perciò dobbiamo accontentarci di diritti arbitrari, che sono espressione della necessità che esista un diritto».
Secondo una tale definizione di nichilismo giuridico, sembra che il diritto sacrifichi se stesso sull’altare della sua stessa positività, che si trasformi nella sua vacanza per la medesima furia di esserci, di imporsi nella sua effettualità. Ora che un tale titolo pare essersi diffuso ampiamente nel dibattito politico oltre che giuridico, dacché, ad esempio il presidente russo Medvedev (l Sole-24 Ore, 23/01/2008), proclama la lotta al nichilismo giuridico, inteso come assoluta variabilità della legge (di cui sarebbero esempi gli esisti giudiziari del caso Yukos), come una delle priorità per il governo dell’Eurasia centrale, rimontare al complesso edificio teorico kelseniano, quale esito del processo di positivizzazione giuridica moderna, assume un significato di notevole ampiezza.

Scienze e diritto nella contemporaneità

Una questione rilevante all’interno delle nostre riflessioni è offerta dall’interpretazione kelseniana delle scienze fisiche contemporanee, quanto soprattutto al concetto di causalità, la cui delucidazione diviene essenziale nell’intento di distinguerne il concetto di imputazione; se il primo infatti contraddistingue le scienze della natura, ovvero dell’essere, solo il secondo caratterizzerà la scienza del diritto, in quanto scienza del dover essere.
A questo riguardo si dovranno considerare, Causality and retribution, ed in part. What is Justice: Justice, law and politics in the mirror of science, per la prima volta apparso in «Erkenntnis», 8, 1939-40, ove si esamina lungamente le concezioni di causalità di Driesch, Heisenberg e Reichenbach (pp. 316 e sgg.), sostenendo che nonostante la sua modificazione semantica, la causalità resterebbe la forma fondamentale di ogni legge naturale (in quanto dipendenza condizionale tra stati di cose), pur perdendo l’essenziale carattere asimmetrico caratteristico del concetto di retribuzione (propriamente teologico). Sul tema, Kelsen si era già espresso in Reine Rechtslehre (1934), nel § 44: Theory of Law and View of the World, soffermandosi sulla teoria quantistica di Plance, e si soffermerà poi in Society and Nature. A sociological Inquiry (1946), nella parte III, Modern Science (VI. The Law of Causality in modern natural Science (pp. 249-262) e VII. Natural and Social Science).

Verificazione e giustificazione

Siamo ora costretti a raccogliere le fila di una riflessione che sarebbe potuta essere ben più lunga ed organica e che invece si è dovuta arrendere alla rapsodicità imposta dalle fin troppo numerose sollecitazioni presentate dai materiali esaminati e dalle vostre ricche interrogazioni. E proprio perché siamo consapevoli che l’epilogo è un luogo retorico proveremo almeno in questo caso brevi e scarni.
Potremmo, così, raccogliere icasticamente l’apporto di Schlick e di Kelsen alla nostra iniziale domanda sullo statuto della legge, e della legge come misura, sotto i titoli rispettivamente di “naufragio della verificazione” e di “naufragio della giustificazione”. E se nel primo un tale fallimento sembra patito nella forma dei tentativi talora scomposti e disperati che mette in pratica per scongiurare un definitivo divorzio tra fatti e proposizioni, nel secondo una tale dissociazione sembra costituire l’assunto fondamentale, la medesima consapevolezza che dà inizio alla sua speculazione (configurando per giunta il compimento storico-ideale dell’intera evoluzione della scienza giuridica moderna).

Verificazione e giustificazione – seconda parte

Verificazione e giustificazione rappresentano però null’altro che i due più acuti artifici moderni per sostituire la dottrina delle idee nella relazione triangolare (vedi lezioni del prof. Russo) tra ente, nome ed essenza (eidetica): verificazione e giustificazione sarebbero perciò null’altro che i termini moderni per misurazione. E quanto profonda sia la loro penetrazione nella Nuova Era lo dimostra – ancora una volta – l’uso che di queste nozioni fa ed impone la traduzione luterana della Sacra Scrittura e la sua dottrina della salvezza. Ed a lungo Heidegger cercò di comprendere la loro storia effettuale, sin dalle lezioni sulla Fenomenologia della vita religiosa: unica verità per l’umano è la sua giustificazione, Recht-fertigung, ed, in uno, la sua salvezza. Nel corso del semestre invernale 1920-21, Heidegger, indica, in una relazione che è allo stesso tempo di continuazione e di opposizione rispetto alla via platonica di comprensione dell’essere-reale, mediante una relazione tra l’essere temporale e l’essere sovratemporale, la tendenza all’assicurazione come la garanzia dell’effettivo ed obbiettivo inserimento in una realtà storica, su cui altrimenti ci si sentirebbe sospesi (M. Heidegger, Phänomenologie des religiösen Lebens, § 9, a); ed. it., pp. 79 e sgg.).

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Verificazione e giustificazione – terza parte

Molti anni dopo, avendo oramai guadagnato, in particolare attraverso la lettura di Nietzsche, una comprensione profonda del nesso esistente tra verità, giustizia ed appunto assicurazione in quanto certificazione di sé (Nietzsche, Pfullingen, Neske, 1961, I, pp. 632-648; II, pp. 314-333; Si veda anche Nietzsches WortGott ist tot“, in Holzwege, p. 226 [244]; ed. it., 224), potrà scrivere in un saggio già citato: «La certezza, in quanto auto-assicurazione [Selbstsicherung] (volere-se-stessi), è la justitia come giustificazione [Rechtfertigung] della relazione con l’essente e con la sua causa prima, e quindi dell’appartenenza all’essente. La justificatio, nel senso della Riforma, ed il concetto nietzscheano di giustizia come verità sono la medesima cosa.
La representatio si fonda essenzialmente nella reflexio. Perciò l’essenza dell’oggettità [Gegenständigkeit] in quanto tale diviene manifesta solo laddove l’essenza del pensiero venga riconosciuta e compiuta come “io penso qualcosa”, ovvero come riflessione» (M. Heidegger, Überwindung der Metaphysik, in Vorträge und Aufsätze, p. 82 [81]; ed. it., p. 55, la trad. it. è leggermenete modificata).

Nominazione e legislazione

Così nominazione e legislazione accompagnate nel loro cammino ascetico da verificazione e giustificazione rincorrono la loro estinzione. Se allo stesso modo, nome e legge sono opere a cui l’umano, e solo l’umano, è costretto, dacché per la sua medesima indole di fenomeno non può che affidarsi a questi strumenti didascalici, diairetici e dialettici – come ancora sosteneva Proclo nel suo Commento al Cratilo – cosa accade quando, in quello che sembra l’ultimo giorno, nome e cosa si fanno uno?

W. Kandinskij, Mappe der Folge “Kleine Welten”. Fonte: Wikipedia

W. Kandinskij, Mappe der Folge "Kleine Welten". Fonte: Wikipedia


I materiali di supporto della lezione

Dispensa - Parte prima

Dispensa - Parte seconda

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