In età antica si possono rinvenire varie testimonianze che alludono ad una misteriosa facoltà dell’animo umano, antecedente del Giudizio, in grado di distinguere (krinein = giudicare) e indicare il criterio o la misura del retto agire e pensare.
Per questo motivo nella logica arcaica e più avanti, soprattutto nelle filosofie ellenistiche e per certi aspetti nella modernità, il Giudizio è spesso avvicinato alla saggezza e alle sue pratiche, ed è simbolo nell’umano dell’enigma cosmico.
Assimilabile ad una misura segreta dell’essere che si trasfonde nel discorso umano è il logos di Eraclito.
Nella filosofia platonica ontologia, logica, etica e politica si legano in maniera indissolubile.
Perfino “il più semplice logos“, il giudizio proposizionale, è sempre sintesi-evento dell’essere che ogni volta accade nel discorso e ricade nella dimensione storica dell’esistenza umana.
Nel Sofista il gioco in apparenza leggero di dar conto di qualunque “altro” si fa risposta dialettica dell’altro e all’altro.
Con Platone la preistoria del Giudizio acquisisce coscienza della differenza (heteron) e insieme di una comune virtù politica, sinonimo di assennatezza, diffusa tra gli uomini (Protagora).
Con Aristotele il giudizio si stabilizza e si articola in sezioni e parti della filosofia.
Si possono individuare tre significati dominanti:
Di synesis Aristotele discute nel VI libro dell’Etica nicomachea.
La nozione va compresa nel quadro della distinzione tra:
La synesis è inserita nel catalogo delle virtù intellettuali e se ne discute nel quadro di un conflitto delle facoltà per individuare quella che, per contenuto e princìpi, gode di un privilegio sulle altre.
Come la phronesis, anche la synesis si indirizza alle realtà transeunti ma se ne distingue per la sua spiccata attitudine critica che non ha niente di imperativo.
Caratteristica del pensiero ellenistico e romano è la considerazione della filosofia come pratica di vita.
Stoici, scettici e epicurei danno gran conto all’esperienza del giudicare sul particolare (senso comune, consenso, comunicabilità).
Se lo scettico invita a sospendere il giudizio e a rinunziarvi per l’indeterminatezza del “criterio della verità” (Sesto Empirico), lo stoico romano cerca una rotta nel campo del probabile (Cicerone) e si appella al “diritto di giudicare” per proprio conto (Seneca), certo che sia il giudizio umano sulle cose, non la realtà in sé, a destare turbamento (Epitteto).
Nel pensiero tardo-antico la storia del Giudizio si arricchisce con il cristianesimo di un elemento fondamentale: il “giudice interno”, ovvero la coscienza.
Solo in pieno Medioevo si torna però a parlare della aristotelica ragione pratica bisognosa di “giudizio”.
Ciò avviene ad es. in Tommaso, che distingue una diligens et subtilis inquisitio, riconoscimento di sé come spirito, e uno iudicium electionis (giudizio di scelta, in cui riecheggia la distinzione synesis-phronesis).
Ispirata a Aristotele è anche l’individuazione di un naturale iudicatorium, principio della ragione naturale (Bonaventura).
1. Introduzione alla filosofia teoretica
2. Inizio ed Origine del Pensiero
3. Inizio ed Origine del Pensiero. Parte seconda
8. Il Giudizio Estetico Riflettente
9. La nozione antropologica del sentimento
10. Per un Kantismo post-moderno: il caso Lyotard
11. Introduzione al “giudizio”
12. Il modello kantiano di Giudizio
13. Il Giudizio: un'antica questione
14. Il Giudizio nella filosofia moderna
15. Il Giudizio nella filosofia tedesca di fine Ottocento e primo Novecento
16. Il Giudizio nella filosofia contemporanea
17. Il Giudizio in Hannah Arendt
18. La “filosofia del giudizio” in Italia
R. Viti Cavaliere, Giudizio, cit.: “Una antica questione”, pp. 21-42.
Per approfondire:
Aristotele, Etica nicomachea, Libro VI, tr. it. di C. Mazzarelli, Bompiani, Milano, 2003, pp. 228-255.
P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, tr. it., Einaudi, Torino, 2005.
Platone, Protagora, in Id., Tutti gli scritti, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano, 2000, pp. 805-858.
Platone, Sofista, tr. it. di F. Fronterotta, BUR, Milano, 2007.