Nonostante nella Dissertazione, Kant descriva un uomo fornito di un suo indubbio equipaggiamneto sensoriale, capace perciò di conoscere ogni cosa come quella che gli appare, un uomo che vive dovunque nel mondus sensibilis, egli pensa ancora che è il puro intelletto a fornire accesso al mondo intelligibile, al mondo delle cose come sono.
Nella Critica del 1781, invece
conducono alla definizione dell’intuizione sensnibile come l’unica forma in cui l’oggetto ci viene dato.
Frontespizio della prima edizione della Kritik der reinen Vernunft (1781). Tratta da: wikipedia
Nella Critica, l’intelletto, come organo della sintesi, non può più produrre concetti immediatamente riferiti ad oggetti, perché la sua sintesi deve essere preceduta – o accompagnata – da quella della sensibilità: l’unica in grado di dare oggetti.
Ma all’immediatezza dell’intuizione è legata la modificabilità, in quanto è la modificazione, e solo essa, a designare il tratto distintivo della forma umana dell’intuizione.
La forma intuitiva non si aggiunge alla materia preesistente, bensì la struttura, la coordina, fin nella sensazione, rendendola apparenza, Erscheinung, quel totum aliquod, “essenziale al discernimento tra conoscenza empirica e quella intellettuale”.
Quindi:
a) la forma dell’intuizione è la recezione degli oggetti “pel modo in cui siamo modificati da essi”,
b) la sensibilità e le sue forme non possono, per struttura, riguardare solo il soggetto, ma concernono anche l’oggetto;
c) forma dell’intuizione significa tanto il modo d’intuire quanto l’oggetto intuito; ovvero relazione, rapporto.
Se infatti la forma, quale modo in cui noi siamo modificati dagli oggetti, è sinonimo di relazione, allora
gli oggetti condividono col soggetto, il senso interno e il senso esterno.
Pertanto noi non conosceremo mai la cosa come è in sé, ma solo il fenomeno, cioè il lato della cosa in relazione con noi.
La distinzione tra fenomeno e noumeno è però una distinzione fatta per la conoscenza, in cui vige il nesso limitazione-certezza.
La cosa in sé indica semplicemente l’interno dell’oggetto, cioè l’oggetto fuori della relazione sensibile, e non affatto un altro oggetto, realisticamente posto alle spalle del fenomeno;
la cosa in sé indica lo stesso oggetto, ma osservato secondo un’altra relazione, sganciato cioè dalla nostra modalità sensibile-conoscitiva.
Sensibile e ideale sono quindi strettamente correlati, nella misura in cui il fenomeno indica il lato dell’oggetto in relazione col soggetto; sospendendo questa relazione, è sempre possibile avviare con l’oggetto una relazione non sensibile e non conoscitiva: una relazione di puro pensiero.
Poiché la sensibilità è forma recettiva e come tale riguarda esclusivamente il lato della cosa che è in relazione con essa, essa non esaurisce tutta la dimensione dell’oggetto, lasciando invece spazio all’esistenza di una cosa in sé, di un non fenomeno, di un ambito di percorribilità alternativo e non equiparabile alle griglie conoscitive.
A questo punto sorge un problema che si può riassumere nel modo che segue:
se è vero che la natura sensibile-recettiva dell’intuizione dev’essere costantemente ribadita perché prescindendo da essa correremmo il rischio di fraintendere il senso del fenomeno e, con esso, il carattere concreto dell’esperienza sensibile e della sua conoscenza possibile, tuttavia, a volersi attenere solo a tale questione si rischia di entrare in una serie di contraddizioni e di questioni, prima fra tutte quella concernente la questione dei giudizi sintetici a priori, cioè la principale questione trascendentale cui l’Estetica dovrebbe già fornire una prima risposta.
Quindi:
laddove l’intuizione sensibile è possibile solo per mezzo della presenza dell’oggetto, solo in quanto si riferisce immediatamente ad esso;
laddove solo la presenza di un che di esistente può provocare la modificazione del soggetto, attraverso cui l’oggetto si annuncia;
laddove l’intuizione sembra presupporre necessariamente l’oggetto e la sua esistenza empirica;
come la mettiamo con la teoria della matematica e della geometria come scienze allo stesso tempo pure ed intuitive?
Per affrontare una tale questione diviene necessario entrare nel complesso territorio dell’auto-affezione.
A questo punto è necessario sottolineare la differenza che nel pensiero kantiano intercorre tra sensibile ed empirico;
tutte le intuizioni sono sensibili, cioè rese possibili dalla modificabilità del soggetto, ma non tutte sono empiriche; empiriche sono, come è noto, solo le intuizioni materiali, quella che si riferiscono all’oggetto attraverso la sensazione o, se si vuole, grazie all’”effetto di un oggetto sulla capacità rappresentativa” (CrP, p. 65). Formali, invece, sono le intuizioni pure, quelle a cui non è assolutamente mescolato nulla di empirico.
Prima pagina di Che cos'è l'illuminismo (1784). Tratta da: wikipedia
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