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Renata Viti Cavaliere » 6.Sul Sentimento


Uso empirico ed uso trascendentale dell’intelletto

Nell’appendice al libro secondo della Logica trascendentale e a quel complesso capitolo dal nome di Anfibolia dei concetti della riflessione per lo scambio dell’uso empirico dell’intelletto con l’uso trascendentale, il referente  polemico kantiano è Leibniz e il suo sistema intellettualistico, ove vige,

  • da un lato, la conservazione della sensibilità e delle sue forme come una specie di rappresentazione confusa, incapace di assurgere al rango di fonte del conoscere e
  • dall’altro la conseguente attribuzione della conoscenza al solo intelletto e ai suoi concetti.

Conseguenza diretta di questo modo di pensare è che l’intelletto finirà col confondere fenomeni e noumeni, finirà cioè con l’attribuire concretezza a ciò che può solo pensare o, comincerà a credere di poter conscere effettivamente ciò che è invece frutto del semplice pensiero.

Caricatura di H. E. Köhler. Tratta da: kant.uni-mainz.de

Caricatura di H. E. Köhler. Tratta da: kant.uni-mainz.de


Rappresentazioni e facoltà

Questa svista o anfibolia tra rappresentazioni e facoltà riguarda le radici stesse di un sistema filosofico: la sua trattazione si delinea come un’analisi della causa per cui in generale, diverse filosofie (tanto quella leibniziana quanto quella lockeana) possono incorrere in gravi errori senza averne compiuta consapevolezza.
Ciò che più preme a Kant è ricercare un metodo che sappia al tempo stesso smascherare gli errori e le sviste che si celano nelle altre concezioni, e più di tutto, che sia capace di prevenire le anfibolie e i deliri che possono celarsi nella propria;
di un metodo, insomma, che una volta individuate e stabilite le due fonti indispensabili alla conoscenza (la sensibilità e l’intelletto) sia in grado, evitando una confusione tra esse, di non convertire l’uso empirico dell’intelletto in uso trascendentale, tenendo così separati fenomeni e noumeni.

Topica e riflessione

Da qui deriva l’enunciazione della topica trascendentale in quanto elaborazione di una serie di regole in base alle quali determinare il posto che spetta a ciascun concetto, secondo la diversità del suo uso.
La topica trascendentale è quindi un metodo capace di distinguere tra diverse facoltà, o luoghi (topoi) trascendentali, al fine di comprendere quali variazioni di significato abbia una rappresentazione a seconda del luogo trascendentale, sensibilità o categoria dell’intelletto, a cui viene riferita; e viceversa di capire quale facoltà sia in atto dietro rappresentazioni aventi diverse caratteristiche.
Come è possibile attuare questa indagine interiore al fine di scoprire il giusto luogo per ogni concetto?

La riflessione trascendentale

Qui entra in gioco la riflessione trascendentale con i suoi quattro titoli,

  1. identità e diversità,
  2. concordanza e opposizione,
  3. interno ed esterno,
  4. determinabile e determinazione, detto anche materia e forma.

Questi titoli rappresentano un paragone fatto dal pensiero tra le diverse rappresentazioni.

Die vier Weltweisen: Kant mit Buddha, Sokrates, Konfutse (1893). Tratta da: kant.uni-mainz.de

Die vier Weltweisen: Kant mit Buddha, Sokrates, Konfutse (1893). Tratta da: kant.uni-mainz.de


Il confronto

Tale confronto, avvertito nel pensiero, individuando un primo rapporto tra le cose, avvia quel movimento a partire dal quale le stesse rappresentazioni possono diventare un giudizio.
Alla riflessione trascendentale non interessa sapere se le cose stesse siano identiche o diverse, in accordo o in opposizione – non interessa cioè una comparazione logica – ma piuttosto paragonare oggettivamente, dirigendosi agli oggetti, le diverse rappresentazioni tra di loro. (262-263)
Per ottenere questo confronto la riflessione trascendentale dovrà compiere un atto di ripiegamento, di interiorizzazione, in cui lo spirito si rivolge innanzitutto alle condizioni soggettive in cui noi possiamo arrivare ai concetti per raccostare a queste ultime le rappresentazioni che ci vengono dall’esterno.

Il sentimento

Che cosa guiderà la riflessione in questa fondamentale operazione di immersione orientativa nel pensiero capace di cogliere e discriminare le differenze interne? Evidentemente non le singole facoltà, non l’intelletto, non l’intuizione né le categorie; né propriamente il sentimento, di cui ancora Kant non parla esplicitamente, ma uno stato [Zustand] dello spirito che essa avverte mentre compone le sintesi dei titoli, che la guida e la orienta per individuare le singole facoltà a cui vanno riferite queste stesse rappresentazioni. (261)
Il sentimento è un elemento senz’altro soggettivo ma al tempo stesso autonomo, in quanto contiene in sé un’informazione generale che fa da principio di discriminazione delle facoltà – “in cui cominciamo a disporci a scoprire le condizioni soggettive”; è una capacità “a parte”, il cui gesto funge da preliminare orientamento per delineare l’uso legittimo di quelle stesse forme che le facoltà portano ancora con sé – “nelle quali possiamo arrivare ai concetti”.

Identità e diversità

Analizziamo ora la descrizione del primo dei quattro titoli, quello che va sotto il binomio identità-diversità, al fine di far emergere come la riflessione si muova per sconfiggere l’intellettualismo e con esso ogni forma di anfibolia, al fine di assicurare il terreno della filosofia trascendentale.
L’esperienza ci mette costantemente di fronte alla presentazione ripetuta di medesimi oggetti: mediamente abbiamo di fronte più volte oggetti simili, cioè oggetti aventi le medesime determinazioni interne, come è il caso di due gocce d’acqua. Ora, nel momento in cui questo accade noi abbiamo due possibilità: o osservare l’oggetto dal punto di vista dell’intelletto, o riferirlo all’intuizione, alla sensibilità. In entrambi i casi la rappresentazione e l’uso della facoltà varierà sensibilmente. È esattamente su questa variazione che si soffermerà la riflessione rendendo possibile un uso corretto delle facoltà.

Identità e diversità (segue)

Nella sua ricognizione interna la riflessione può accorgersi se la rappresentazione è riferita al solo intelletto o a questi e alla sensibilità. Se nella sua ricognizione interna viene guidata dal titolo identità essa comprende, grazie a questo stato, che la rappresentazione è riferita al solo intelletto: è evidente che le due gocce d’acqua saranno del tutto identiche, puri concetti pensati dal solo intelletto. Ma se la reflexio si muove anche secondo l’altro titolo, la diversità, le cose cambiano radicalmente: la diversità dipende dal fatto che le due rappresentazioni, le due gocce d’acqua, sono localizzate diversamente nello spazio.
La riflessione, con il suo gesto, consenta un corretto uso delle forme del pensiero: una volta individuato che la rappresentazione riferita al solo intelletto è da intendersi come noumeno, non sarà difficile capire che la facoltà discorsiva potrà occuparsi di fenomeni solo se posta in connessione con la sensibilità, che sempre ed esclusivamente con essi ha a che fare.

L’ascolto che il pensiero rivolge a se stesso

Al di là delle differenze tra i quattro titoli, ciò che comunque appare essenziale è che anche nella prima Critica c’è un luogo in cui lo stato interno connaturato e intrecciato al pensiero, lungi dall’eclissarsi è invece presente come qualcosa di più di un semplice e superfluo riflesso soggettivo: al contrario in queste pagine è in gioco un atto di ascolto che il pensiero rivolge a se stesso per evincere, a partire da questo auto-avvertimento, importanti notizie circa le diverse facoltà e le diverse rappresentazioni loro connesse.
Questa capacità riflettente intrecciata con uno stato, non trova più espressione negli anni a venire e senz’altro non trova più espressione nelle pagine della Critica della Ragion pura. È solo nel 1790 che tale questione e tale intreccio tornano, intrecciati ancora ad un altro termine: il giudizio, ed in specie il giudizio riflettente.

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