Unica opera storica del Pontano, il De bello Neapolitano fu utilizzata dagli storici che si occuparono delle vicende del regno di Ferrante I d’Aragona, come fonte autorevole del lungo conflitto seguito alla prima congiura dei Baroni.
Tuttavia, in sede critica il De bello Neapolitano non ha avuto adeguato riconoscimento, soprattutto a causa di un pregiudiziale inquadramento nel filone della storiografia encomiastica e cortigiana. Così, ad esempio, E. Füter la definiva “storia personale dei principi regnanti, dettagliata in modo novellistico, adornata romanzescamente”; e R. Sabbadini sosteneva che il Pontano avesse scritto l’opera “d’incarico della corte aragonese”.
Le valutazioni critiche relative al De bello Neapolitano sono fortemente condizionate da due questioni intrinsecamente connesse tra di loro:
Una datazione di composizione tarda (tra il 1494 ed il 1503) ha fortemente condizionato la valutazione del De bello Neapolitano, facendone un mero esercizio retorico mirante a dar corpo alla precettistica sullo scrivere la storia elaborata nel dialogo Actius.
La studiosa Liliana Monti Sabia sostiene, invece, che l’umanista compose questa sua opera negli anni immediatamente successivi al conflitto: “appunti presi a caldo all’epoca stessa degli avvenimenti ed anche notizie tratte da dispacci e lettere che giungevano alla cancelleria di Ferrante” contribuirono – secondo la studiosa – alla prima stesura dell’opera, nella quale il Pontano si sforzò di realizzare una narrazione dei fatti il più possibile obiettiva.
Questa nuova valutazione si fonda su una accurata analisi del codice autografo che ha conservato il testo dinamico dell’opera, il Vind. Lat. 3413.
Il codice latino 3413 della Biblioteca Nazionale di Vienna tramanda un testo dinamico del De bello Neapolitano: tutti i livelli del testo risultano essere autografi, tranne l’ultimo che corrisponde agli interventi editoriali di Pietro Summonte, discepolo del Pontano e curatore dell’edizione postuma di tutte le opere lasciate inedite dall’umanista al momento della morte.
Su una rigatura impressa di 23 righi per carta l’umanista iniziò a trascrivere in bella copia la sua opera, ma presto questa fatica di copiatura si trasformò in una vera e propria rielaborazione del testo, attraverso una serie di interventi tesi a migliorare il testo e anche ad ampliarlo.
Le aggiunte presenti nel codice autografo del De bello Neapolitano si prestano ad illuminare anche i rapporti intercorrenti tra l’opera storica e il dialogo Actius. Infatti, una parte di esse è rappresentata da excursus di varia estensione contenenti regressioni o digressioni di carattere storico-geografico, i quali costituiscono una delle componeneti dello scrivere la storia presentati nell’Actius. La natura di questi additamenta e la loro collocazione (esterna al testo d’impianto nel codice autografo) induce a ritenere che l’umanista abbia composto dapprima il De bello Neapolitano, e che solo successivamente si sia sforzato di far combaciare perfettamente tale opera con la minuta precettistica sullo scrivere la storia contenuta nel dialogo: le aggiunte in questione si spiegano così col tentativo di completare e perfezionare l’opera storica alla luce della precettistica elaborata nell’Actius.
Il De bello Neapolitano risulta strutturato in sei libri, che organizzano il racconto del conflitto in forma annalistica, riprendendo così una tradizione il cui modello classico per antonomasia è rappresentato da Livio, storico amatissimo dal Pontano:
Il modello classico nettamente prevalente nel De bello Neapolitano è Sallustio, per un’affinità determinata dal carattere monografico dell’argomento che ha una forte consonanza col Bellum Catilinae e col Bellum Jugurthinum. Il Pontano non solo predilige lo stile sallustiano caratterizzato da procedimenti stilistici quali la brevitas e la celeritas, ma adotta anche la maniera tipicamente sallustiana di descrivere battaglie e comportamenti dei condottieri, e la rappresentazione psicologica dei personaggi di maggior spicco.
Di Livio, invece, il Pontano cerca di imitare il color poeticus della narrazione.
1. Giovanni Gioviano Pontano: Vita e Opere
2. La produzione in versi di Giovanni Gioviano Pontano
4. Il De bello Neapolitano: struttura, contenuti, modelli
6. Contenuto e caratteri della Laudatio urbis Neapolis
7. Lettura e commento della Laudatio urbis Neapolis I
8. La storia dei popoli italici nella Appendice antiquaria del De bello Neapolitano
9. Le Antiquitates Neapolitanae
10. La magnificenza urbanistica della città di Napoli
11. Napoli e la Campania nella produzione in versi del Pontano.
12. L'elegia Parthenopeus II 14 Ad Musam de conversione Sebethi in fluvium.
13. La trasfigurazione in senso partenopeo di Virgilio
14. Conclusioni
J. Zurita, Anales de la Corona de Aragón (ed. A. Canellas Lopez, rist. anastatica, Zaragoza 1977, libro XVI)
G.A. Summonte, Historia de la città e del Regno di Napoli (Napoli 1675, tomo III, libro V)
A. Di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli (Napoli 1769, libri XIX e XX)
E. Füter (Storia della storiografia moderna, traduzione italiana di A. Spinelli, Napoli 1943)
R. Sabbadini (Il metodo degli umanisti, Firenze 1902)
Liliana Monti Sabia (Pontano e la storia. Dal De bello Neapolitano all'Actius, Roma 1995)
1. Giovanni Gioviano Pontano: Vita e Opere
2. La produzione in versi di Giovanni Gioviano Pontano
4. Il De bello Neapolitano: struttura, contenuti, modelli
6. Contenuto e caratteri della Laudatio urbis Neapolis
7. Lettura e commento della Laudatio urbis Neapolis I
8. La storia dei popoli italici nella Appendice antiquaria del De bello Neapolitano
9. Le Antiquitates Neapolitanae
10. La magnificenza urbanistica della città di Napoli
11. Napoli e la Campania nella produzione in versi del Pontano.
12. L'elegia Parthenopeus II 14 Ad Musam de conversione Sebethi in fluvium.
13. La trasfigurazione in senso partenopeo di Virgilio
14. Conclusioni
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