A conclusione del VI libro del De bello Neapolitano, dopo aver celebrato la fine della guerra tra Ferrante e i Baroni ribelli del regno, il Pontano pone una dissertazione sull’origine e sull’antichità di Napoli, sostenendo che proprio la bellezza e la nobiltà di Napoli, la sua excellentia, relativa al territorio come alla sua cultura, meritano di essere ricordati e celebrati.
Lungi dall’essere una digressione extravagante, questa lunga appendice antiquaria è perfettamente inserita nel corpo dell’unica opera storica scritta dall’umanista: essa fa da pendant all’ampia retrospettiva sulle vicende dell’Italia meridionale (dalla caduta dell’Impero romano) con cui si apre l’opera nelle battute d’esordio del primo libro.
Frutto della cultura antiquaria di questo umanista, questa digressione è presentata dall’autore stesso come nata dal suo desiderio di mettere finalmente per iscritto in maniera coerente il risultato delle lunghe ricerche condotte «longo studio multaque antiquitatum pervestigatione et cura». Essa getta luce, dunque, sulla competenza archeologico-antiquaria del Pontano, ma è anche espressione di un sentimento di autentica filiazione dell’umanista alla città di Napoli.
Nel lungo processo di revisione e riscritture, cui il De bello Neapolitano fu certamente sottoposto dall’umanista, è difficile collocare esattamente il momento della progettazione e della stesura di questa appendice. Ma un elemento per datarne la cronologia di composizione è costituito dall’allusione alla distruzione delle mura della città di Napoli decretata da Corrado IV nel 1253 e all’indicazione degli anni, duecentocinquanta, che separano l’epoca in cui l’umanista scrive – il 1503 – da quella in cui tale demolizione avvenne.
Le ragioni della scelta di trattare un tema apparentemente marginale ed extravagante rispetto al contenuto dell’opera storica sono chiaramente definite nelle prime battute della digressione: «vetustas ipsa rerumque remotissimarum obliteratio earumque cognoscendarum cupiditas», cioè l’antichità di Napoli, l’oblio della sua storia più antica e il desiderio di conoscerla, hanno spinto l’umanista ad uno studio accurato e a trattarne in un capitolo specifico della sua unica opera storica, non senza un intento didascalico che si coglie nella richiesta, ispirata ad un tono di modestia, di perdonare una narrazione che procede per digressioni e rievocazioni.
L’appendice è strutturata in due parti, di cui una prima è in buona sostanza una storia delle genti che abitarono e dominarono l’Italia prima della conquista dei Romani; la seconda è una storia di Napoli, che culmina nella descrizione di una città vivace, ricca di monumenti segno dell’antica e gloriosa magnificentia, ma anche della sapientia urbanistica dei Napoletani stessi.
Le due sezioni di questa digressione hanno connotazioni diverse: la prima – un excursus sui popoli che abitarono l’Italia prima della costituzione dello stato di Roma – scaturisce, a mio avviso, esclusivamente dalla ricerca erudita; la seconda – la descriptio e laudatio Neapolis – ai dati scaturiti dalla mera ricerca erudita e dallo scandaglio delle fonti storiche e letterarie affianca quelli derivanti dall’esplorazione archeologica condotta in prima persona sul territorio della città e dei dintorni.
Il lungo excursus sull’Italia (con una speciale attenzione per il territorio meridionale) e sulle sue genti nasce da una ricerca compiuta dall’umanista su un ricco ventaglio di fonti greche e latine, con una predilezione spiccata per testi di letteratura greca specialistica, tra cui hanno un posto d’onore la Geographia di Strabone e le Antiquitates Romanae di Dionigi d’Alicarnasso, queste ultime in un caso esplicitamente citate dall’umanista.
L’opera di Strabone era fruibile già alla metà del secolo nella traduzione in latino di Guarino Veronese e di Gregorio Tifernate e nell’ambito del Regno di Napoli aveva avuto una precoce circolazione e fruizione, come provano, ad esempio, il vocabolario dei nomi geografici di Strabone allestito da Giacomo Curlo, e il manoscritto della Geographia, Ottob. Lat. 1448, commissionato per la biblioteca di Ferrante.
Sulla mappa geografica e storica fornita dall’ipotesto straboniano l’umanista innesta una serie di notizie tratte dalle Antiquitates di Dionigi d’Alicarnasso. Che l’umanista tenesse materialmente tra le mani le Antiquitates nell’atto stesso di comporre questa sezione della sua opera storica è provato in maniera indiscutibile dal fatto che egli ricordi l’antica città degli Aborigeni, Orvinium, della cui esistenza l’opera di Dionigi d’Alicarnasso costituisce la pressoché unica testimonianza.
Sulla piattaforma derivata principalmente da Strabone e da Dionigi d’Alicarnasso il Pontano, attraverso un elaborato gioco d’intarsio, compie un’ampia e sistematica opera di arricchimento con notizie che attinge a fonti latine rappresentate da testi anche di uso scolastico: il commento serviano all’Eneide virgiliana, le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, le Naturales Historiae di Plinio, e testi storici, tra cui spicca la storia di Roma scritta da Livio.
Questo metodo di scrittura che procede per stratificazione emerge con chiarezza, ad esempio, proprio nell’esordio in cui le notizie sulla collocazione geografica degli Umbri sono tratte da Strab. V 1, 10, ma quelle sull’origine antichissima di questo popolo (celebrato qui come l’unico superstite del diluvio provocato da Giove, sotto il regno di Deucalione), hanno diversi possibili referenti, dall’umanista opportunamente contaminati tra loro: Plin. N. H. II 205 s., e III 112; Solin. XXXIV, 12-13; Isid. Etym. IX 2, 87.
Questa particolare prassi scrittoria è affiancata anche da una vera e propria mania della ricerca etimologica, sicché l’excursus propone di continuo etimologie vere e proprie; derivazioni dei nomi dei popoli dai nomi di re o condottieri, che finiscono per avere il sapore di vere e proprie filiazioni a questo o quell’altro personaggio del mito; oppure etimologie che si chiariscono alla luce di discendenze etniche.
1. Giovanni Gioviano Pontano: Vita e Opere
2. La produzione in versi di Giovanni Gioviano Pontano
4. Il De bello Neapolitano: struttura, contenuti, modelli
6. Contenuto e caratteri della Laudatio urbis Neapolis
7. Lettura e commento della Laudatio urbis Neapolis I
8. La storia dei popoli italici nella Appendice antiquaria del De bello Neapolitano
9. Le Antiquitates Neapolitanae
10. La magnificenza urbanistica della città di Napoli
11. Napoli e la Campania nella produzione in versi del Pontano.
12. L'elegia Parthenopeus II 14 Ad Musam de conversione Sebethi in fluvium.
13. La trasfigurazione in senso partenopeo di Virgilio
14. Conclusioni
A. Iacono, La Laudatio urbis Neapolis nell'appendice archeologico-antiquaria del De bello Neapolitano di Giovanni Giovino Pontano, "Bollettino di Studi Latini", 2/39, 2010,pp.562-586
1. Giovanni Gioviano Pontano: Vita e Opere
2. La produzione in versi di Giovanni Gioviano Pontano
4. Il De bello Neapolitano: struttura, contenuti, modelli
6. Contenuto e caratteri della Laudatio urbis Neapolis
7. Lettura e commento della Laudatio urbis Neapolis I
8. La storia dei popoli italici nella Appendice antiquaria del De bello Neapolitano
9. Le Antiquitates Neapolitanae
10. La magnificenza urbanistica della città di Napoli
11. Napoli e la Campania nella produzione in versi del Pontano.
12. L'elegia Parthenopeus II 14 Ad Musam de conversione Sebethi in fluvium.
13. La trasfigurazione in senso partenopeo di Virgilio
14. Conclusioni
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