La necessità delle classi di parole
Ogni lingua, per motivi di economia linguistica, è composta di classi di parole che sono accomunate dalle medesime proprietà e funzionano all’interno della frase in modo simile e regolare (se ogni elemento fosse diverso dall’altro, avremmo bisogno di un’enorme quantità di informazioni per attivare il sistema comunicativo!).
Le origini della classificazione delle parole
La possibilità di individuare delle classi di elementi lessicali simili tra loro era stata già notata da Platone ed Aristotele.
Ad essi si attribuiscono le prime classificazioni del lessico mentale in un numero ristretto di parti, organizzate in gerarchie più o meno complesse.
Nome e Verbo nella teoria platonica e aristotelica
I grammatici antichi e le classi di parole
I grammatici antichi (greci e latini) parlarono di “parti del discorso” per classificare le parole di cui la lingua si serve per formare enunciati.
Nei manuali tardo antichi (Carisio, Ars grammatica, GLK I 193, 6: Donato, Ars grammatica, GLK I 300, 26) il loro numero è per lo più individuato in otto: Nomi, Pronomi, Verbi, Avverbi, Participi, Preposizioni, Congiunzioni e Interiezioni.
Oggi ancora non è stato raggiunto l’accordo né sul numero né sull’individuazione delle parti del discorso.
Pregi e difetti
Il pregio principale della classificazione tradizionale delle parole in “parti del discorso” è quello di affermare che le parole del lessico mentale non sono tutte uguali.
La divisione della lingua in parti del discorso è stata però criticata perché:
Pregi e difetti
La divisione della lingua in parti del discorso non è mai stata abbandonata perché, tra l’altro, permette la costruzione di teorie grammaticali. Essa consente infatti di operare con categorie formali e di descrivere le proprietà strutturali delle lingue sul piano morfologico e sintattico.
Inoltre alcune parti del discorso hanno un valore universale.
In tutte le lingue probabilmente esiste la distinzione, che resta fondamentale, tra Nome e Verbo su cui insistevano già i filosofi antichi.
Individuazione delle parti del discorso
Ma altre parti del discorso sono più problematiche da individuare. Per esempio:
Già nel Medioevo invece l’aggettivo fu distinto dal nome proprio e si pose come categoria autonoma.
Definizione delle parti del discorso
Anche il modo di definire le parti del discorso, che si differenziano reciprocamente in base a criteri formali (morfologici e sintattici) e semantici, è problematico.
Ad esempio, il nome è stato definito come la parte del discorso che:
a. E’ sensibile alla distinzione tra genere e numero (definizione “formale”);
b. Indica una “sostanza” ed è perciò un sostantivo che indica una persona, un animale, una cosa (definizione “semantica”);
c. Svolge nell’enunciato la funzione di soggetto o di complemento (definizione “logica”).
Italiano e latino
Le grammatiche italiane individuano nove parti del discorso.
Di queste, cinque sono variabili, cioè soggette alla flessione: Articolo, Nome, Aggettivo, Pronome, Verbo.
Quattro sono invariabili: Avverbio, Congiunzione, Preposizione, Interiezione.
Italiano e latino
I linguisti latini alle “classi” tradizionali aggiungono:
il Dimostrativo, il Quantificatore (una classe separata per i numerali cardinali), il Complementatore (particelle subordinanti).
I tratti sintattici
I temi, nella flessione, appaiono dotati di una categoria lessicale e acquisiscono informazioni per la sintassi.
Il Nome, lo abbiamo visto, esprime nella flessione il Caso e il Numero.
L’Aggettivo esprime nella flessione il Caso, il Genere e il Numero (nella forma nominale del participio anche il Tempo).
Il Verbo esprime nella flessione il Tempo, il Modo, la Diatesi, la Persona e il Numero.
L’accordo tra le parti del discorso
L’accordo, o “concordanza”, è la condivisione, da parte di due elementi sintattici, delle stesse informazioni relative a Persona, Numero, Genere ed eventualmente Caso.
La modalità di impiego dell’accordo varia da lingua a lingua.
Come norma generale si può dire che quanto più una lingua è flessiva, tanto più usa l’accordo morfologico.
L’accordo di Nome e Pronome
In un sintagma i pronomi possessivi e dimostrativi concordano con il Nome in Genere, Numero e Caso.
Questo (sing. masch.) ragazzo (sing. masch.)
Hic (Nom. sing. masch.) puer (Nom. sing. masch.)
Questa (sing. femm.) ragazza (sing. femm.)
Haec (Nom. sing. femm.) puella (Nom. sing. femm.)
L’accordo di Nome e Aggettivo
In un sintagma gli aggettivi concordano con il Nome in Genere, Numero e Caso.
Buon (sing. masch.) ragazzo (sing. masch.)
Bonus (Nom. sing. masch.) puer (Nom. sing. masch.)
Buona (sing. femm.) ragazza (sing. femm.)
Bona (Nom. sing. femm.) puella (Nom. sing. femm.)
L’accordo di Soggetto e Predicato
In un sintagma, come in italiano, sono in accordo il Soggetto e il Predicato.
Io (I pers. sing.) lodo (I pers. sing.)
Ego (I pers. sing.) laudo (I pers. sing.)
Tu (II pers. sing.) lodi (II pers. sing.)
Tu (II pers. sing.) laudas (II pers. sing.)
Il ragazzo (sing. masch.) è lodato (sing. masch.)
Puer (Nom. sing. masch.) laudatus (Nom. sing. masch.) est
La ragazza (sing. femm.) è lodata (sing. femm.)
Puella (Nom. sing. femm.) laudata (Nom. sing. femm.) est
La flessione nominale II
1. L'insegnamento grammaticale del latino e la riflessione linguistica
2. Le unità di base della morfologia latina
3. Le classi flessive del latino
10. La formazione delle parole: la derivazione
13. I derivati con suffisso II
14. La composizione
Le parti del discorso nella grammatica antica