La flessione è il fenomeno per cui un tema acquisisce nuove informazioni importanti per la sintassi.
La morfologia della flessione prende in esame i meccanismi che generano diverse forme della stessa parola.
Al tema morfologico si aggiunge immediatamente la desinenza (=affisso flessivo); essa, variando, determina il mutamento della parola durante la flessione.
Molto spesso però nella flessione di una parola latina si hanno dei mutamenti fonologici del tema: la desinenza si fonde con il tema e quindi, alla superficie della lingua, le due parti, tema morfologico e desinenza, non sono più distinguibili.
Ad esempio in lex “la legge” il tema è leg-. La consonante doppia (x) esprime graficamente il gruppo consonantico che nasce dall’unione del tema alla -s, desinenza del nominativo ([leg]+s: si scrive lex, si pronuncia [leks]).
Oppure, in lupi “del lupo” l’uscita -i deriva dalla cancellazione della vocale tematica -o- avanti alla antica desinenza -ī ([lupo]+ī).
Nelle grammatiche scolastiche tradizionali di solito non si adotta la segmentazione delle parole in tema morfologico e desinenza; si parla, invece che di desinenze, di “uscite” o “terminazioni” e si forniscono specchietti delle uscite delle varie declinazioni: ogni declinazione presenta sei uscite, quanti sono i casi, per il singolare e sei per il plurale.
Nelle grammatiche scolastiche tradizionali le uscite si moltiplicano in modo notevole, in quanto per ognuna delle cinque declinazioni si avranno, per ogni caso, “uscite” diverse al singolare e al plurale.
Solo per le declinazioni, l’allievo dovrà imparare a memoria sessanta terminazioni diverse, senza la conoscenza delle quali sarebbe impossibile assegnare alle parole la loro funzione sintattica nella frase da tradurre.
Anziché avviare gli studenti allo studio mnemonico dei paradigmi delle declinazioni e delle coniugazioni, proviamo invece a sviluppare in loro la capacità di riconoscere la struttura morfologica astratta delle parole che compaiono alla superficie della lingua.
Cercheremo, perciò, di risalire al modo in cui si produce, grazie alle regole di flessione, il fenomeno del mutamento fonologico del tema all’interno della declinazione.
Abbiamo già fornito nella lezione precedente la rappresentazione grafica dei temi morfologici, formalizzata per mezzo di parentesi “etichettate”.
Ora forniamo una rappresentazione formale della flessione:
[ [ Tema ]X [+ tratti] + Infl [+ informazione flessiva] ]X [+ tratti + informazione flessiva]
Qui la sigla Infl si riferisce all’affisso flessivo o desinenza; l’etichetta della parentesi esterna indica tutte le proprietà grammaticali dell’intera parola flessa.
Ecco alcuni esempi di analisi relativi alla flessione di nomi, aggettivi, verbi con temi che nella flessione restano invariati, in quanto l’aggiunta delle desinenze non ne cambia la forma fonetica:
rosam: [ [ rosa ]N [femm.] + m[accus. sing.] ]N [femm. accus. sing.]
altos: [ [ alto ]A [masch.] + s[accus. plur.] ]A [masch. accus. plur.]
rapit: [ [ rapi ]V [trans. indic. pres.] + t[att. 3a pers. sing.] ]V [trans. indic. pres. att. 3a pers. sing.]
Ma, come abbiamo visto, molto spesso accade che nella flessione di una parola latina si hanno dei mutamenti fonologici del tema e i singoli morfemi non sono ben segmentabili; alla superficie della lingua, le due parti, tema morfologico e desinenza, non sono più distinguibili.
Sono arbitrari questi mutamenti? Non resta che imparare a memoria un grande numero di “uscite”?
Il contesto morfologico determina delle modificazioni fonologiche descritte da regole dette “regole di riaggiustamento“.
La regola di riaggiustamento (RR), a differenza di una legge fonetica, è una sorta di “riaggiustamento” fonetico che avviene in presenza di un confine di morfema (dunque è condizionata dal contesto morfologico). Si prende cura di “riaggiustare” la parola astratta fino a darle, nel corso della flessione, la forma fonetica concreta. Si applica solo ad alcune componenti del lessico.
Per una teoria del mutamento linguistico
Tipologie di cambiamento fonologico
La regola di riaggiustamento è formalizzabile con questa rappresentazione che si legge: “un segmento x diventa y qualora nel contesto z sia presente un confine di morfema”
x -> y / _ + z
N. B.
-> “diventa” per regola sincronica
+ confine di morfema
_ contesto di una regola
Le regole di riaggiustamento si dividono in Regole di troncamento, di cui la più importante è la Regola di cancellazione della vocale, e Regole di allomorfia.
La Regola di cancellazione della vocale
Questa regola, che è uno strumento utile per passare, nel corso della flessione, dalla struttura morfologica astratta alla forma fonetica concreta, si rappresenta nella formula:
Voc -> Ø / _ + Voc
La rappresentazione si legge così: “una vocale diventa zero, qualora nel contesto si trovi davanti a un confine di morfema e ad un’altra vocale”.
Per esempio, dalla struttura astratta formata da tema e desinenza [ [lauda] + o] si passa, cancellando la vocale del primo componente, alla forma di superficie laudo.
Tale regola di riaggiustamento è il riflesso morfologico di una regola fonologica generale, che nasce dalla difficoltà di pronunciare due vocali contigue, appartenenti a sillabe diverse. Già i grammatici antichi parlavano dell’incontro vocalico come di un poco gradevole hiatus, di uno stare a “bocca spalancata” (hiatus “apertura, voragine” deriva da hiare “aprirsi; spalancare la bocca”).
Il fenomeno dello iato tende ad essere evitato in molte lingue.
In italiano la cancellazione di vocale si presenta come una regola fonologica generale: la vocale finale di parola e atona è cancellata davanti alla vocale iniziale della parola che segue.
L’elisione si indica graficamente con il segno dell’apostrofo (ad es.: l’uomo; dell’operaio; quest’uomo; Sant’Alberto; Sant’Agata ecc.).
La regola si applica alla morfologia italiana, nel campo della flessione dei nomi, relativamente all’informazione di numero, ad esempio:
[libro + Ø] -> libro; [libro + i] -> libri
[colle + Ø] -> colle; [colle + i] -> colli
[rosa + Ø] -> rosa; [rosa + e] -> rose
e nel campo della derivazione: dalla struttura astratta [ [vino] + aio] si passa alla forma di superficie “vinaio”
Nella morfologia latina la regola si applica ai paradigmi flessivi dei temi nominali (Nomi, Aggettivi, Pronomi) che finiscono in vocale -a ed in vocale -o.
Ad esempio, dal tema lupo- e dalla struttura astratta [lupo + ī] abbiamo lupī nel nominativo plurale di lupus.
Il rotacismo
Si può parlare di rotacismo diacronico e di rotacismo sincronico.
Il rotacismo sincronico è una regola di riaggiustamento di allomorfia che si può schematizzare così:
s -> r / Voc _ +Voc
La rappresentazione si legge: “una s diventa r nel contesto intervocalico, davanti ad un confine di morfema”.
Per esempio, in inglese abbiamo gli allomorfi was, senza rotacismo e were, con rotacismo.
Questa regola si applica nel latino nella flessione dei nomi che hanno un tema consonantico in -s preceduto da vocale.
Ad esempio, ecco come si comporta il tema flos- davanti alla desinenza del genitivo singolare -is:
[[flos] +īs] → floris
Questa RR interessa quindi la flessione dei temi latini in consonante, raggruppati nella terza declinazione.
Spiegando le regolarità dei fenomeni linguistici all’interno di un sistema teorico e, nei limiti del possibile, formalizzato, abitueremo gli studenti a:
Possiamo ora procedere nell’analisi dei meccanismi della flessione nominale e della flessione verbale.
A proposito della grammatica tradizionale: il giudizio di pedagogisti, letterati, studiosi
La flessione nominale I
1. L'insegnamento grammaticale del latino e la riflessione linguistica
2. Le unità di base della morfologia latina
3. Le classi flessive del latino
10. La formazione delle parole: la derivazione
13. I derivati con suffisso II
14. La composizione
L'innovazione fonetica secondo la grammatica generativa
La regola di cancellazione della vocale in italiano