Quando si usa una lingua diversa da quella madre bisogna sforzarsi di pronunciarla correttamente. Ciò vale, naturalmente, anche per il latino.
Gli errori più frequenti nella lettura delle parole latine riguardano l’accento.
Le norme, o ‘leggi’ che regolano l’accento di una parola latina sono fondamentalmente tre:
Questa legge vieta che in una parola latina l’accento possa cadere oltre la terzultima sillaba, come può capitare, invece, in italiano (ad es. nelle voci verbali càpitano, gràndinano).
Cicerone la enuncia nell’Orator in un contesto in cui, tra le qualità del buon oratore, sottolinea la capacità di modulare bene il tono della voce.
La legge della baritonesi vieta che in una parola latina l’accento cada sull’ultima sillaba.
Tuttavia, alcune parole si leggono accentate sull’ultima sillaba, ma si tratta di eccezioni solo apparenti. Ad es.:
Infine, la legge della penultima prescrive che l’accento cada sulla penultima sillaba se è lunga, ma si ritiri sulla terzultima se la penultima è breve.
Nelle parole greche e latine le sillabe hanno infatti una ‘quantità’ che corrisponde alla durata della loro pronuncia.
Le sillabe che si pronunciavano in minor tempo erano considerate brevi. Si indicano con questo segno scritto sopra la vocale: ˘. Ad es.: ĕ.
Le sillabe più lunghe a pronunciarsi erano appunto lunghe e sono indicate con questo segno sulla vocale: ˉ: ad es.: ē . Per convenzione, una lunga era considerata equivalente a due brevi.
L’accento si fondava sul rapporto tra queste quantità all’interno della parola.
Oggi abbiamo perso la capacità di percepire le quantità sillabiche.
Riguarda le parole alle quali viene aggiunta un’enclitica (-que, -ne, -ve, -met: in latino sono tutte monosillabiche): l’accento cade sempre sulla penultima anche se è breve.
Leggiamo perciò: castráque, omniáque, egómet.
Questa legge però non veniva osservata nel caso in cui le parole composte con l’enclitica fossero sentite dai parlanti come formazioni nuove, con un proprio significato: queste nuove parole ricadevano allora sotto le leggi usuali dell’accentuazione. Ad es.:ítăque=quindi; úndĭque=dovunque.
La prosodia è la sezione della fonetica che riguarda la quantità delle sillabe (cioè della vocale al loro interno).
Conoscerla è indispensabile non solo per leggere metricamente la poesia ma anche per la corretta lettura dei testi in prosa.
Cominciamo a distinguere le sillabe in aperte (che terminano in vocale) e chiuse (che terminano in consonante).
In genere è breve una vocale davanti a un’altra vocale, a meno che non si tratti di una parola d’origine greca che mantiene l’accentuazione originaria. Es.: Aenēas da Αἰνἐιας, Alexandrīa da Αλεξἁνδρεια.
Le vocali in sillaba aperta che hanno subito apofonia sono brevi.
incĭpio da căpio; cohĭbeo da hăbeo; retĭneo da tĕneo
equĕs-equitĭs; legĕ-legĭte.
Sono lunghe
Naturalmente, però, quando parliamo, e quando parlavano i Romani, le parole non vengono pronunciate separate nelle singole sillabe ma di continuo, come se fossero tutte legate insieme.
Ne consegue che i confini tra una sillaba e l’altra potevano mutare e, di conseguenza, anche la loro quantità. Ma questo fenomeno ci apparirà più chiaro in poesia.
1. Nascita e sviluppo della letteratura latina. I generi letterari; il rapporto otium-negotium
2. L’accento latino: cenni di prosodia
3. Caratteri della poesia drammatica latina. Il teatro comico di Plauto e di Terenzio
4. L’Aulularia di Plauto. Struttura, temi, problemi
5. Nascita e sviluppo dell’epica latina. Da Livio Andronico a Virgilio
6. Nozioni di metrica latina. Lo schema dell’esametro e del pentametro
7. Oratoria e retorica a Roma. La pro Archia di Cicerone
8. La crisi della società romana tra II e I sec. a. C. La satira
9. La crisi della società romana tra II e I sec. a. C. La poesia del disimpegno
10. La crisi della società romana tra II e I sec. a. C. La diffusione della filosofia
11. Il de rerum natura di Lucrezio. Il terzo libro: tra etica e psicologia
13. Forme della scrittura storica. Le monografie di Sallustio
14. Caratteri della letteratura augustea. I circoli, i generi letterari; la prosa tecnica
15. Caratteri della letteratura augustea: poesia e poetica
16. Periodizzazione, temi e problemi della poesia oraziana
17. La letteratura epistolare. Struttura e temi
18. L’elegia latina: un genere problematico
19. Il ‘canone’ dei poeti elegiaci
20. Le elegie 1 e 10 del primo libro di Tibullo. La presentazione e il congedo del poeta
Per lo più i manuali di sintassi latina e le antologie di testi poetici in uso nella scuola dedicano qualche pagina ad illustrare i principi fondamentali della prosodia e della metrica.
Sono sempre utili i manuali di prosodia e metrica di Lenchatin De Gubernatis (1939), Del Grande (1960), Salvatore (1983), Boldrini (2002 rist.), reperibili nelle biblioteche.
Di grande utilità sono anche i capp. III e IV di Propedeutica al latino universitario, di A. Traina e G. Bernardi Perini, Bologna 19924.
1. Nascita e sviluppo della letteratura latina. I generi letterari; il rapporto otium-negotium
2. L’accento latino: cenni di prosodia
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19. Il ‘canone’ dei poeti elegiaci
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