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Antonella Borgo » 3.Caratteri della poesia drammatica latina. Il teatro comico di Plauto e di Terenzio


Per una storia del teatro latino. Le fonti

In un brano del settimo libro della sua opera storica Tito Livio ripercorre, forse un po’ semplificando, nascita e sviluppo del teatro latino che, introdotto da artisti etruschi, continuato in forma spontanea da giovani romani, ebbe infine forma compiuta con Livio Andronico che per primo presentò un testo con un intreccio unitario.


Le prime forme di spettacolo

In origine sarebbero stati rappresentati semplici mimi danzati al suono del flauto e privi di un testo scritto; poi giovani romani cominciarono a scambiarsi versi rozzi simili ai fescennini; infine veri e propri attori, chiamati con parola di origine etrusca histriones, portarono in scena satire ricche di musica, canto e danza. Anche dopo la nascita del teatro regolare, tuttavia, rimasero in vita forme di rappresentazione spontanea, simili all’atellana.

Una maschera dell’Atellana

Una maschera dell’Atellana


La nascita del teatro regolare. Livio Andronico

Grazie alla testimonianza di Cicerone, ai ludi Romani del 240 a. C., un anno dopo la fine della prima guerra punica, viene fissata la prima rappresentazione drammatica con un testo scritto ad opera di Livio Andronico che veniva così investito del compito di celebrare la vittoria di Roma.


Teatro e politica

L’incarico, affidato a un greco proveniente da Taranto, di promuovere la nascita del teatro latino rispondeva a due esigenze politiche: celebrare la classe dirigente romana e allineare Roma, nuova potenza mediterranea, alla tradizione culturale greca.

I modelli greci

I modelli furono perciò tratti dalla grande tradizione teatrale greca. Alla tragedia e alla commedia latine di ambientazione greca furono dati rispettivamente i nomi di palliata (dal mantello greco, il pallium) e cothurnata (dagli alti calzari che indossavano gli attori greci). La tragedia e la commedia di ambientazione latina venivano chiamate invece praetexta e togata.

Il teatro tragico: i contenuti

Anche i contenuti erano attinti prevalentemente al mito greco: Livio Andronico scrisse tragedie intitolate Aegisthus, Achilles, Equos Troianus; Nevio Hector proficiscens, Lucurgus, Iphigenia; Ennio Thyestes, Medea, Hecuba, Hectoris lutra: è evidente una diffusa preferenza per il ciclo troiano data la sua contiguità con la storia leggendaria delle origini di Roma.

Il teatro comico. Nevio

Anche il teatro comico si rifece ai modelli greci, soprattutto ellenistici. Nevio, però, scrisse commedie che per il loro spirito mordace sembravano più vicine alla commedia greca antica che alla nuova. Di esse il poeta si servì per attaccare i nobili romani, soprattutto i potenti Metelli, ad opera dei quali –prima vittima della satira politica- fu perfino imprigionato.

Il teatro tragico di Nevio: la praetexta

In ambito tragico Nevio è l’iniziatore di una nuova forma drammatica, la praetexta, il dramma di argomento romano che riprendeva la tradizione antica delle laudationes funebres e dei carmina convivalia. Gli si attribuiscono Romulus, sul mito della fondazione, e Clastidium, dal nome della città in cui M. Claudio Marcello vinse i Galli nel 222 a. C.


La contaminatio

A Nevio si attribuisce anche l’introduzione della contaminatio, un procedimento grazie al quale l’autore fondeva insieme scene tratte da più di un modello greco: un’innovazione importante destinata a diventare una tipica modalità di scrittura dei poeti drammatici latini.

La poesia drammatica di Ennio

Anche Ennio si provò nella produzione teatrale componendo tragedie, commedie e preteste e adoperando liberamente la contaminatio. Nella pretesta Ambracia celebrava il suo protettore M. Fulvio Nobiliore confermando ancora una volta lo stretto legame tra teatro e potere politico.

Melpomene, musa della tragedia

Melpomene, musa della tragedia


Il teatro comico di Plauto

Con Plauto la commedia latina giunge all’apice: la sua fortuna fu tanto grande che alla sua morte circolavano sotto il suo nome più di cento commedie. Un erudito del I sec. a. C., Varrone, ne giudicò autentiche solo ventuno.

Tito Maccio Plauto

Tito Maccio Plauto


Cronologia delle commedie

È molto difficile ricostruire la datazione delle commedie plautine. Solo dello Stichus e dello Pseudolus le didascalie ci permettono di fissare le date rispettivamente al 191 e al 186 a. C. Inoltre, riferimenti alla prigionia di Nevio datano il Miles gloriosus al 205 mentre cenni al senatoconsulto de baccanalibus riportano la Casina al 186.

Il rapporto con i modelli. I personaggi

Plauto si servì con molta libertà dei modelli greci innanzitutto perché fece uso della contaminatio, poi perché diede molto spazio alle parti cantate riducendo i personaggi a tipi fissi: il vecchio brontolone, il giovane scapestrato, la fanciulla innamorata, la cortigiana, e soprattutto il servo, che con le sue trovate diventa il vero motore dell’azione.


I prologhi

Nelle sue commedie i prologhi hanno funzione esplicativa: informano il pubblico dell’antefatto e a volte anticipano perfino parte dell’azione: per raccogliere l’interesse del pubblico Plauto faceva leva su altri elementi, la musica, la vivacità della lingua, le situazioni comiche e buffonesche delle quali i personaggi sono artefici o vittime.

Il teatro della beffa

Infatti, a differenza della commedia nuova, che fondava soprattutto sulla psicologia dei personaggi, in quella plautina a far muovere l’azione sono spesso la beffa e l’inganno perpetrati a danno del vecchio avaro, del rivale in amore, del parassita.

Talia, musa della commedia

Talia, musa della commedia


Teatro e metateatro

Mentre escogita le sue trovate capita che il personaggio, quasi sempre il servo, rompa la finzione scenica e si rivolga direttamente al pubblico per spiegargli quello che sta macchinando e farselo complice: si innesta così una sorta di teatro nel teatro.


La lingua e la metrica

Tra i motivi del grande successo di cui godettero le commedie di Plauto vanno annoverate la lingua, semplice e di uso quotidiano, ma anche fantasiosa e ricca di nuove creazioni, e la metrica, molto varia sia nelle parti recitate (deverbia) sia, soprattutto, in quelle accompagnate dalla musica e cantate (cantica).

Il nuovo teatro di Terenzio

Con Terenzio, nato forse a Cartagine e portato a Roma dal senatore Terenzio Lucano, la palliata cambia radicalmente: messo da parte l’elemento burlesco, il poeta si concentra soprattutto sullo studio dei personaggi sforzandosi di presentare situazioni non lontane dalla vita reale.

Publio Terenzio Afro

Publio Terenzio Afro


La stataria

Nel prologo dell’Heautontimorùmenos egli stesso definisce la sua commedia stataria, ‘statica’, cioè di carattere, sottolineandone la differenza rispetto a quella motoria, fondata invece più su movimentati capovolgimenti di situazioni che sui personaggi, per lo più ridotti a ‘tipi’.

La commedia di carattere

I suoi personaggi offrono invece una variegata psicologia e sentimenti complessi: sono padri preoccupati del futuro dei propri figli, giovani divisi tra l’amore per una donna e quello per i genitori, suocere disposte a farsi da parte per il bene di una giovane coppia.


L’humanitas

È perciò famoso il v. 77 dell’Heautontimorùmenos che è stato considerato il ‘manifesto’ della nuova humanitas: al vicino che lo rimprovera di impicciarsi dei fatti altrui il vecchio Cremete risponde: homo sum: humani nil a me alienum puto (“sono un uomo e penso che nulla di ciò che è umano mi sia estraneo”).

I modelli

Eppure Terenzio si rifà agli stessi modelli ai quali era ricorso Plauto, i comici della commedia nuova, principalmente Menandro, dal quale trae però soprattutto l’attenzione per l’individuo e per lo studio dei caratteri.


L’uso della contaminatio

Come Plauto anche Terenzio fa largo uso della contaminazione, traendo scene e situazioni da più esemplari greci, ma ‘traducendole’ con intelligenza e adattandole alla realtà e al pubblico di Roma: lo dichiara nel prologo dell’Andria polemizzando con quanti gli rimproveravano un uso spregiudicato degli originali.

Un difficile successo

Il suo nuovo modo di fare teatro non fu subito capito e accettato dal pubblico: nel prologo dell’Hecyra racconta di aver subito due insuccessi prima di poterla rappresentare per intero.
Anche sul versante critico il poeta subì la censura dei colleghi più tradizionalisti, in particolare di Luscio Lanuvino che Terenzio definisce nel prologo dell’Heautontimorùmenos malevolus vetus poeta (v. 22: “il vecchio poeta maldicente”).

I prologhi

I prologhi sono infatti per Terenzio lo spazio destinato alla difesa dalle accuse che gli venivano mosse:

  • di aver eccessivamente contaminato i modelli greci
  • di aver plagiato gli antecedenti latini Nevio e Plauto
  • di aver fatto da prestanome ai suoi potenti amici

Il rapporto con i potenti

Terenzio aderì infatti al circolo degli Scipioni dal quale trasse protezione e sostegno.
A sua volta, ne promosse nelle commedie gli ideali culturali improntati a un deciso fillellenismo di stampo aristocratico.
Nel prologo degli Adelphoe dichiara di considerare il rapporto che lo lega a loro la più grande delle lodi.

Scipione l’Africano

Scipione l’Africano


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