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Antonella Borgo » 20.Le elegie 1 e 10 del primo libro di Tibullo. La presentazione e il congedo del poeta


Un poeta tersus

Nell’institutio oratoria, come abbiamo visto, Quintiliano definisce Tibullo tersus atque elegans (10, 1, 93), “fine ed elegante”, con riferimento non solo allo stile ma anche alla limpida coerenza del suo discorso poetico.


Un poeta coerente

La sua produzione infatti, databile tra il 30 e il 20 a. C., si caratterizza per una sostanziale fedeltà ad alcuni atteggiamenti esistenziali e artistici: il rispetto dei valori e della lingua del passato, il culto dell’amore e della vita ritirata, il rifiuto della politica attiva.

L’elegia 1, 1: l’autopresentazione del poeta

La prima elegia del primo libro costituisce l’autopresentazione del poeta elegiaco ed è insieme un vero e proprio manifesto di poetica.
In essa ricorrono i temi che animeranno tutta la sua produzione.


Un programma di vita

L’elegia esprime anche il suo programma di vita: l’accumulo di pronomi personali e possessivi di prima pers. sing. (me e mea a v. 5 in contrapposizione ad alius di v. 1; meus a v. 6; ego a v. 35; me a v. 55 in contrapposizione a te di v. 53; ego a v. 75, in contrapposizione a vos, e a v. 77), l’anafora di non ego a inizio dei vv. 41 e 57 segnano un deciso contrasto tra il modo di vivere del poeta e quello della società che lo circonda.

Il contrasto ricchezza-povertà

Il primo motivo, ad apertura di componimento e dell’intera raccolta, è il contrasto tra divitiae e paupertas (vv. 1-6): un tema tanto più attuale nel primo impero che assisteva all’ascesa di nuovi ceti dominati dal desiderio di affermazione sociale ed economica.

Il contrasto labor-inertia

Al rifiuto della ricchezza si affianca quello del labor: alla visibilità acquisita con le cariche pubbliche e col servizio prestato nella nuova burocrazia imperiale Tibullo preferisce decisamente l’inertia e l’allontanamento da Roma.


Il contrasto città-campagna

Il rifugio in campagna si configura perciò per il poeta come la scelta di un’esistenza serena, segnata da un lavoro nei campi scelto con consapevolezza e nella certezza di poter ricavarne sufficienti mezzi di sussistenza (vv. 7-10).


Una religiosità contadina

La sicurezza del poeta poggia anche sulla sua devozione per le semplici divinità agresti, Cerere, Pale, Priapo, perfino il primitivo dio Termine, e i Lari, che non necessitano di sontuosi strumenti di culto (vv. 11-20).

Priapo di Moussin

Priapo di Moussin


Il contrasto presente-passato

La coscienza del contrasto tra l’attuale modestia del suo regime di vita e la passata opulenza si risolve perciò in una serena accettazione (vv. 41-44).


Il contrasto viaggio-stasi

La rinuncia all’affermazione sociale ed economica si configura anche come attaccamento alla propria terra e ai propri affetti e rifiuto di barattarli con viaggi in terre lontane lucrosi ma apportatori di pericoli e di un’inevitabile lacerazione dei sentimenti (vv. 45-52).


La nequitia del poeta

Per amore di Delia Tibullo non ha timore neanche di contrapporsi a Messalla, il suo potente amico, al quale augura di mettersi in luce con le sue campagne di guerra (vv. 53-58).

Trionfo di Messalla

Trionfo di Messalla


La guerra di Tibullo

La sua guerra, dichiara in chiusura, si combatte con l’allontanamento da una società della quale non condivide i valori (vv. 75-78).
E in effetti la sua esperienza militare fu breve dal momento che, costretto a partire per la guerra, come dichiara nell’ultima elegia del primo libro (v. 13), una provvidenziale malattia lo costrinse a tornare in patria.

L’elegia 1, 10: una variazione sui temi

L’elegia che chiude il libro ripropone i temi che lo avevano aperto, ma con un tono più vibrato.
Il motivo iniziale –la condanna delle armi (vv. 1-4)- e quello finale –l’elogio della pace (vv. 67 s.)- sono tra loro collegati.

L’invettiva

La polemica iniziale contro l’inventor delle armi, di ascendenza callimachea e catulliana, si risolve in una condanna di carattere morale: è l’avidità degli uomini, infatti, ad averli indotti a un uso perverso di strumenti potenzialmente utili (vv. 5-8).


Il rimpianto del passato

Il pensiero del poeta torna perciò a un passato lontano nel quale la semplicità dei costumi valeva anche a preservare la vita (vv. 11-14).


Il presentimento di morte

Se infatti nella prima elegia il rifiuto della guerra era motivato dal desiderio di rimanere accanto alla sua donna, ora su di lui grava il pensiero della morte (vv. 33-38).

Una scena quasi da commedia

L’elogio della semplice vita agreste induce il poeta a costruire una scena non priva di comicità: il protagonista, un contadino ubriaco, di ritorno a casa sul suo carro, risolve un litigio con la sua donna picchiandola (vv. 51-56): agli scontri di guerra si sostituiscono quelli d’amore.
La poesia di Tibullo non manca di personaggi da commedia come la mezzana, il soldato, l’amante ricco.


L’amore e la donna

Ma anche in amore il poeta elegiaco rifiuta la violenza: all’elegante puella i bella Martis dovranno costare al massimo la lacerazione della veste sottile, il disordine dei capelli e qualche lacrima (vv. 59-66).


L’amore e la pace

Chi ama la guerra -conclude il poeta- non può godere dell’amore e degli altri vantaggi della pace, le messi e i prodotti dei campi.
L’elegia e il libro si chiudono perciò con lo stesso tema, quello della serenità e della semplice ricchezza della vita agreste, con cui esso si era aperto.


I materiali di supporto della lezione

Oltre ai commenti (cf. Tibullo, Le elegie, a c. di F. Della Corte, Milano 1980, e per il I libro R. Perrelli, Commento a Tibullo: Elegie, libro I, Soveria Mannelli 2002) di utile e più generale lettura sono i saggi contenuti in La lingua poetica latina, a c. di A. Lunelli, Bologna 20114.

Approfondimento

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