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Antonella Borgo » 6.Nozioni di metrica latina. Lo schema dell’esametro e del pentametro


L’esametro

Come si è detto, l’esametro è il verso, di provenienza greca, tipico della poesia epica: è dunque un verso ‘nobile’.
Fu usato anche nella poesia didascalica e bucolica, nella satira, nell’epistolografia in versi e, in unione con il pentametro, nella poesia elegiaca.
Insieme ad altri versi, ricorre infine in alcune strofe liriche.

Il nome

Esametro è parola greca che significa “sei metri” (o piedi): l’esametro è formato infatti da sei unità minime o ‘misure’ (μετρον).
La metrica è perciò la disciplina che studia i rapporti tra gli elementi che costituiscono i piedi, cioè le ‘misure’ dei singoli versi.
Comunemente viene intesa come la disciplina che studia la versificazione classica di base quantitativa.

La metrica quantitativa

A differenza di quella moderna, di natura accentuativa, la poesia antica era infatti quantitativa perché il ritmo era determinato dal rapporto tra sillabe brevi e sillabe lunghe all’interno di ogni singola unità di misura, o piede, del verso.


I piedi dell’esametro

I piedi o metri che possono entrare nello schema dell’esametro sono tre:

  1. il dattilo, costituito da una sillaba lunga e da due brevi ( ¯˘˘);
  2. lo spondeo, formato da due sillabe lunghe (‾ ‾);
  3. il trocheo (o coreo), composto da una sillaba lunga e da una breve (¯ ˘).

I tempi forti

Nei piedi esametrici la posizione forte, quella sulla quale cade l’ictus ritmico, è sempre costituita dalla sillaba lunga iniziale; quella debole dalla seconda parte del piede.
Ne consegue che l’esametro è un verso con ritmo discendente, perché in ogni piede il tono si alza nella prima parte per poi calare.

La durata dei piedi esametrici

Sappiamo che, per convenzione, una sillaba lunga corrispondeva a due brevi. Ne consegue che il dattilo equivale con i suoi quattro tempi allo spondeo, mentre il trocheo conta solo tre tempi.

Lo schema dell’esametro

Ecco lo schema dell’esametro: lo spondeo può sempre sostituire il dattilo perché gli è pari sul piano quantitativo.
Il trocheo, che conta un tempo in meno, può collocarsi solo alla fine del verso (in ultima sede) dove il tempo mancante non disturba il ritmo.
Lo spondeo, che può alternarsi anche al trocheo finale, per lo più è evitato in quinta sede perché non si susseguano due piedi bisillabici.


Il numero di sillabe

Grazie alla possibilità di alternare dattili e spondei, l’esametro può contenere di volta in volta un numero variabile di sillabe, da un minimo di dodici (se fosse costituito solo da spondei) a un massimo di diciotto (se si susseguissero solo dattili).
Poiché il tempo della loro pronuncia era uguale, ne consegue che il ritmo della lettura poetica poteva essere più lento o più rapido adattandosi al contenuto.

La sinalefe

Poiché le parole non erano (e non sono) pronunciate separatamente, all’interno di un esametro e di qualsiasi altro verso due vocali che si incontrano (una finale di parola, l’altra iniziale della successiva) si fondono nella pronuncia.
Nello schema metrico fa posizione, cioè viene conteggiata, solo la seconda.
Questo fenomeno si chiama sinalefe e si verifica anche quando la prima parola termina con una vocale seguita da m e l’altra comincia per vocale.

L’afèresi

Se però la seconda parola è una voce di sum (che comincia per e) è questa e iniziale a non fare posizione.
Questo fenomeno si chiama afèresi.


Le pause

Un verso lungo come l’esametro non può essere letto tutto d’un fiato ma necessita almeno di una pausa ritmica, una cesura (da caedo = taglio).
La cesura cade sempre alla fine di una parola ma all’interno di un piede.
Se cade alla fine della parola e del piede si chiama dieresi. La dieresi bucolica cade alla fine del quarto piede.

Le cesure dell’esametro I

Nell’esametro le possibili cesure sono tre:

  1. la semiquinaria (o pentemimera) è la più frequente e cade dopo il quinto mezzo piede, cioè dopo la prima lunga del terzo piede.
  2. la semisettenaria (o eftemimera) cade dopo il settimo mezzo piede, cioè dopo la prima lunga del quarto piede.
  3. la semiternaria (o tritemimera) cade dopo il terzo mezzo piede, cioè dopo la prima lunga del secondo piede. Cadendo all’inizio del verso può accompagnarsi alla semisettenaria.

Le cesure dell’esametro II

Questo è lo schema dell’esametro corredato dalle possibili cesure: la semiternaria (a), la semiquinaria (b), la semisettenaria (d), la dieresi bucolica (e).
La cesura che cade dopo un tempo debole (una breve) si chiama femminile (c).


Per fare esercizio

All’inizio può essere utile individuare e segnare sul testo le sillabe brevi e le lunghe prima di procedere alla lettura di un esametro.
Sappiamo che la prima e la penultima sillaba sono certamente lunghe e portano l’ictus; quasi sempre lo è anche la quintultima (poiché il penultimo piede è per lo più un dattilo).
Lo studio della prosodia e l’aiuto del dizionario ci aiuteranno a riconoscere la quantità delle altre sillabe.


Il pentametro

Il pentametro è un verso formato da due commi (parti) uguali, in ciascuno dei quali si trovano due dattili e una sillaba lunga.
I dattili possono essere sostituiti dagli spondei solo nel primo comma.
La cesura è sempre la semiquinaria e cade tra i due commi tra i quali, in genere, non c’è sinalefe né iato.

Perché pentametro?

Quintiliano spiega il nome col fatto che i piedi di un pentametro sono cinque: due dattili, uno spondeo diviso dalla cesura, due anapesti (˘˘¯).
Ma il verso va piuttosto considerato un esametro catalettico in syllabam al terzo e al sesto piede (che ha subito cioè la caduta –catalessi- della sillaba finale del terzo e del sesto piede).

Il distico elegiaco

A differenza dell’esametro, il pentametro non è adoperato da solo, verso dopo verso (κατἀ στíχον), ma in coppia con l’esametro a formare una strofa che si chiama distico elegiaco.
Distico perché è costituito da due versi, elegiaco perché fu usato già in Grecia nei componimenti elegiaci.

Per fare esercizio

La lettura del pentametro è più facile di quella dell’esametro: la cesura è sempre la semiquinaria, i due commi sono pressoché uguali, la prima e l’ultima sillaba di entrambi sono lunghe e portatrici di ictus.
In un distico il pentametro è facile da riconoscere perché per lo più viene rientrato di qualche spazio rispetto all’esametro, come si può verificare nelle due elegie di Tibullo in programma.

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