Decimus Magnus Ausonius. Nato a Burdigala, oggi Bordeaux, nel 310 dove morì nel 395 circa.
Decimus Magnus Ausonius. Fonte Wikimedia
Carattere giocoso della propria Musa dichiarato programmaticamente nelle numerose prefazioni alle sue opere.
Nel Liber protrepticus ad Nepotem, rivolgendosi al figlio Esperio, sottolinea, chiedendone scusa, il carattere fanciullesco del suo poetare (I r. 18 … namque ego haec annis illius magis quam meis scripsi aut fortasse meis).
Nella stessa prefazione dichiara apertamente la sua scelta di una poesia strutturata con un’attenzione alla sola apparenza (fucatius concinnata quam verius et plus coloris quam suci venustula magis quam forficula).
Il lettore ideale per tale tipo di poesia è chi si è dato al vino e, ancor di più, chi dorme e vive la poesia come in una dimensione onirica (Bissula 3, vv. 9-10 Sed magis hic sapiet, si dormite: et putet ista/somnia missa sibi), un lettore, cioè, che attraverso il gioco e il riso denuncia la convenzionalità della poesia tradizionale.
Il poeta più volte ironizza contro la formazione culturale tradizionale, quella che però era stata sua e gli aveva dato successo come professore.
Diretta all’amico poeta e retore, Paolo che sollecita a lasciare a casa i suoi pesanti volumi per rendere più facile il viaggio.
Propone una riflessione che compendia tutto l’ambiguo rapporto del poeta nei riguardi della tradizione: vv. 23-24 Grande onus in Musis: tot saecula condita chartis, /quae sua vix tolerant tempora, nostra gravant.
Una poesia inattiva dal punto di vista della comunicazione.
Divieto di ogni sublimazione.
Poesia come vuota chiacchiera (Griphus praef. 1, r. 10 Misi itaque ad te haec frivola gerris Siculis vaniora).
Senza alcuna funzione eternatrice.
A tal punto desublimata da poter essere oggetto di compravendita e, per di più, senza acquirenti (Cento praef. 6ss. Pro quo, si per Sigillaria in auctione veniret, neque Afranius naucum daret neque ciccum suum Plautus offerret).
Merce da baratto, affastellata, inutile ammasso di carte (epist. 4, vv. 35ss. …tota cum merce tuarum / veni Camenarum citus./Dactylicos, elegos choriambum carmen, epodos,/socci et cothurni musicam/carpentis impone tuis: nam tota suppellex/ vatum piorum chartea est).
Una sciocchezza, un rifiuto, una frottola (ecl. liber praef. 1, 5 burras, quisquilias ineptiasque).
È un poemetto in esametri in cui il poeta descrive il paesaggio che gli appare lungo il fiume Mosella, durante un suo viaggio. Simmaco nel suo epistolario (epist. I 14) si lamenta del fatto che Ausonio non gli ha fatto dono della sua Mosella, che, nel frattempo circola già tra i lettori e chiede ad Ausonio ragione di tale scortesia: Volitat tuus Mosella per manus sinusque multorum, divinis a te versibus consecratus: sed tantum nostra ora praelabitur.Cur me istius libelli, quaeso,exsortem esse voluisti?aut amusos tibi videbar,nqui diiudicare non possem; aut certe malignus, qui laudare nescirem. Itaque vel ingenio meo plurimum,vel moribus, derogasti. Ego tamen contra interdictum tuum mox ad illius operis arcana perveni.
Fonte: Bibliotheca Augustana
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