La vita e l’uomo oggetti della poesia epigrammatica di Marziale.
Rifiuto polemico della mitologia che allontana dalla realtà.
Rifiuto di ogni atteggiamento censorio.
Rifiuto polemico dell’eccessiva enfasi erudita.
Bipartizione: descrizione realistica e battuta finale.
VIII 79 “Fabulla tutte le tue amiche sono vecchie/eppure più brutte e più racchie delle donne vecchie./Tu le porti con te, le trascini con te,/nei banchetti, sotto i portici, a teatro./Solo così Fabulla sembri una bella ragazzina.”
Degrado della città:
XII 57, 24-27 “Là negli intimi recessi dei palazzi, è il sonno: nessuna voce turba i silenzi e il giorno non entra se non quando è voluto. A me pure le risate della gente che passa rompono il sonno, e tutta Roma è al mio capezzale.”
I 43, 1-8: “Siamo stati invitati in sessanta, Mancino/e ci hai portato da mangiare soltanto un cinghiale./Non ci hanno servito l’uva conservata a lungo nelle vigne,/né le mele cotogne che gareggiano in dolcezza col miele,/né le pere legate che pendono da un lungo ramo di ginestra,/né le melograne di Cartagine dal colore delle rose caduche,/ né i formaggi lattosi mandati da Sarsina contadina,/né le olive all’ascolana dagli orci piceni.”
I 37 “La merda, Basso, la fai in un vaso d’oro- e non ti vergogni, tu./Il vino lo versi nel vetro. Dunque la tua merda vale di più“.
IV 70 “Il padre morendo lasciò in eredità al figlio Ammiano/nient’altro che una ruvida corda per impiccarsi./Chi l’avrebbe mai creduto, o Marullino, che Ammiano / avrebbe desiderato che suo padre fosse ancora vivo?”
Il poeta si difende dall’accusa di eccessiva lascivia che egli attribuisce, invece, al genere trattato.
I 35, 10-15 “Questa è la legge stabilita per le poesie giocose:/possono divertire solo se pruriginose./Ragion per cui, deposta la serietà,/perdona- ti prego i giochi e gli scherzi,/non voler castrare le mie composizioni./Non c’è nulla di più schifoso di un arrapato senza coglioni“.
Divertita ironia nella descrizione degli aspetti più vili e abietti del quotidiano.
Le terme e l’omosessualità:
IV 33: “Se nelle terme sentirai risuonare un gran boato/sappi o Flacco che il cazzo di Marone è appena entrato“.
IX 73: “Tu che eri abituato a stirare con i denti le vecchie pelli/a mordere le suole consumate e sporche di fango,/abiti adesso le terre prenestine del tuo padrone ingannato / -tu che nemmeno una cameretta meritavi di ereditare! / Ubriaco riempi le tazze di caldo Falerno fino a spezzarle / e ti godi il Ganimede del tuo padrone“/I miei sciocchi genitori mi hanno insegnato a leggere: / cosa ci ho guadagnato a studiare la grammatica e la retorica? / Spezza le penne inutili, Talia, e strappa i miei libri, / se una scarpa può dare tutte queste ricchezze a un calzolaio“.
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