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Adele Nunziante Cesaro » 3.Alcune conseguenze psichiche della differenza anatomica tra i sessi.


La preistoria dell’edipo maschile

“(…) Tutto ciò che da solo si spingeva verso la superficie è già stato raccolto; il resto va strappato dalle profondità con lenta fatica” (Freud, 1925, p. 208). Queste le battute iniziali dell’itinerario freudiano inerente le questioni della differenza tra i sessi e le loro conseguenze sul piano psichico. Il punto fermo della teoria di Freud risulta essere collocato nella centralità dell’edipo: spartiacque dello sviluppo e della differenziazione sessuale, a partire dal quale Freud propone una linea evolutiva che si estende e acquisisce in profondità, anche in merito alla considerazioni dei momenti che precedono l’instaurarsi del complesso.
La preistoria dell’edipo è la dizione che Freud propone per interrogare i fondamenti sui quali si erge l’amore per il genitore del sesso opposto e la rivalità con il genitore del proprio sesso. Nel maschio la preistoria dell’edipo sembra segnata da un primo momento di identificazione con il padre “di natura affettuosa” e dall’attività onanistica, che fornisce la possibilità di scarica dell’eccitamento sessuale.
A proposito dei rapporti tra edipo ed onanismo Freud precisa che l’ipotesi più verosimile sembra assegnare all’onanismo il luogo di un’attività indipendente dall’edipo che si connette a quest’ultimo solo secondariamente.

La preistoria dell’edipo femminile e la scoperta della differenza

Nel caso della femmina, la preistoria dell’edipo, un periodo alquanto difficile, assegna al complesso il luogo di una formazione secondaria, garantita, tuttavia, da “una scoperta densa di conseguenze” (Freud, 1925, p. 211). Con tale affermazione Freud fa riferimento alla scoperta della propria mancanza, al segno che – dirà Freud – “Essa l’ha visto, sa di non averlo e vuole averlo” (Freud, op. cit. p. 211). L’assenza dell’organo fallico, è all’origine del desiderio della bambina del suo possesso, tale che ella possa “diventare uguale all’uomo”. La mancanza fallica viene a fatica gestita dalla bambina, ed è a partire da tale dimensione che trae fondamento l’invidia del pene, concetto al cuore della riflessione freudiana sulle differenze tra i due sessi in rapporto alla castrazione.

Le reazioni dei due sessi alla differenza

Come si è visto, la reazione della bambina alla propria differenza anatomica informa una posizione psichica caratterizzata dalla ricerca incessante del possesso fallico, che si accompagna ad un sostanziale rinnegamento della realtà della propria castrazione. Nel caso del maschio, la scoperta della differenza, che si traduce nella scoperta della mancanza nell’altro sesso, sembra accompagnarsi ugualmente ad una forma di rinnegamento, attraverso tentativi di verifica della veridicità della propria percezione. La mancanza fallica nella bambina, percepita da parte del maschietto ha parimenti un valore strutturante, che le viene conferito, quasi per un effetto di posteriorità, dalla minaccia di evirazione: “Solo più tardi, quando una minaccia di evirazione incomberà su di lui con tutto il suo peso, l’osservazione fatta in passato acquisterà importanza; il suo ricordo, o il rinnovarsi di essa, desta in lui una tremenda tempesta affettiva ed egli è indotto a credere nella verità di quella minaccia finora derisa.” (Freud, 1925, p. 211).

L’invidia del pene e i suoi esiti

Per quanto attiene alla formulazione del concetto di invidia del pene da parte della femmina, Freud aggiunge che a partire dalla considerazione dell’impossibilità del possesso fallico, prende le mosse il sentimento invidioso nei confronti di chi, di tale importante oggetto di investimento, è dotato. Il sentimento invidioso pare accompagnarsi ad una serie di esiti possibili, primo tra tutti quello che Freud battezza come “complesso di mascolinità“. Il complesso di mascolinità che trae origine dal rinnegamento della mancanza e dalla speranza che questa un giorno sia colmata, costringe la bambina a comportarsi in seguito “come un uomo”. Rinnegando il dato di realtà, dice Freud, la bambina è costretta a conformarsi ad una realtà sperata, agognata, ma in ogni caso impossibile, che le impone condizionamenti e rinunce affinché la mancanza fallica possa ancora essere mantenuta nell’alveo del rinnegamento.

Il senso di inferiorità femminile

All’invidia del pene, Freud assegna un carattere di generatore del senso di inferiorità che traduce la ferita narcisistica che la bambina è costretta a subire dalla scoperta della propria castrazione. Il senso di mancanza, l’inferiorità organica, sembrano per così dire tradursi in un sentimento di inferiorità rispetto all’altro sesso che impone una risposta psichica. Tale risposta psichica viene da Freud collocata nel disprezzo della donna per il proprio sesso di appartenenza, un disprezzo che, condiviso anche dall’uomo, rende la donna “almeno in questo giudizio, (…) assimilata all’uomo” (Freud, 1925, p. 212).

La gelosia

Un esito ulteriore dell’invidia del pene è dato dal sentimento di gelosia che riguarda più propriamente il sesso femminile come elemento collegato alle attività masturbatorie che avevano interessato la bambina. Già Freud, all’interno dell’argomentazione raccolta nel saggio del 1919 Un bambino viene picchiato, aveva messo in connessione i sentimenti di gelosia con l’attività onanistica. Nello scritto del ‘25, egli precisa che il bambino picchiato non è altro che la simbolizzazione del clitoride femminile, “così che quest’asserzione contiene, come suo significato più profondo, l’ammissione della masturbazione, la quale è legata al contenuto della formula fin dall’inizio, nella fase fallica, e poi più giù nelle epoche più tarde” (Freud, 1925, p. 213).

L’allentamento del legame con la madre

L’invidia del pene si accompagna, infine, anche ad una diminuzione dell’attaccamento della donna all’oggetto primario, la madre. All’origine del distacco, Freud individua l’accusa che la bambina rivolge alla madre di essere l’artefice della propria mancanza; la madre risulterà, dunque, colei che l’ha mandata al mondo “con un equipaggiamento così insufficiente”. Ma, in tale processo di allentamento dei sentimenti di tenerezza diretti alla madre, interviene anche la gelosia nei confronti di un fratellino minore, nuovo oggetto di più profondi investimenti da parte della madre. È sulla gelosia nei confronti del fratellino che sembra innestarsi la fantasia di percosse di cui Freud aveva argomentato nel 1919 (si veda il saggio Un bambino viene picchiato, Freud, 1919) .

La masturbazione femminile

Un ulteriore e sorprendente effetto dell’invidia del pene pare venire rappresentato dalla rivolta contro la masturbazione che nel sesso femminile assume un carattere coercitivo. In effetti l’abbandono dell’attività masturbatoria solitamente sembra conseguire proprio alla ferita narcisistica rappresentata dalla propria castrazione, da cui trae fondamento il sentimento di non poter più “competere col maschio”. L’inferiorità anatomica che la bambina si attribuisce, guasta il piacere connesso all’attività onanistica e sembra dunque essere all’origine del suo abbandono. “In tal modo il riconoscimento della differenza anatomica tra i sessi sospinge la bimba dalla virilità e dall’onanismo maschile verso nuove strade che conducono allo spiegamento della femminilità”. (Freud, 1925, p. 214). Viene così enunciato ciò che darà materia ai saggi successivi sugli argomenti specifici della femminilità, la differenza strutturante su di un piano psichico operata dall’anatomia. Una differenza che si sussume nel divario che intercorre tra “un’evirazione compiuta e un’evirazione puramente minacciata” (Freud, op. cit. p. 215).

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