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Adele Nunziante Cesaro » 4.Sessualità femminile. La femminilità


Due tendenze di pensiero contrapposte negli anni Trenta

  1. I contributi delle allieve di Freud che si avvicinano, seppur con le dovute differenze, al pensiero freudiano (J . Lampl-De Groot , H.Deutsch, R. McBrunswick) la tendenza fallico-attiva mascolina è d’ostacolo al raggiungimento della disposizione femminile, per cui la clitoride ha connotazione di un organo maschile monco, inadeguato e superfluo, a cui è necessario rinunciare. Viene enfatizzata l’invidia del pene
  2. I contributi di autori che si discostano dal pensiero freudiano (K. Horney, M. Klein, E. Jones) l’investimento della clitoride è secondario, sorge infatti sulla repressione di un precoce interesse e di una precoce sensibilità vaginale. Problematizzazione dell’equivalenza pene-clitoride

Sulla vagina

E.Jones (1927)
Si è sottovalutata l’importanza degli organi femminili, ipotizza che la fase fallica nella donna sia di natura difensiva e secondaria. Esiste una precoce sensibilità vaginale, la non scoperta della vagina ha quindi a che fare con la sua negazione.

J.Muller (1932)
La vagina è il primo organo genitale investito libidicamente, la clitoride lo è solo secondariamente e difensivamente: sono le pulsioni vaginali insoddisfatte ad alimentare l’invidia del pene

K.Horney (1932-33)
Le pulsioni vaginali sono rimosse e trasferite  sulla clitoride, come organo genitale esterno, solo difensivamente  per paura dei possibili attacchi all’interno del corpo (sproporzione tra i genitali della bambina e quelli del padre, mestruazioni, deflorazione, parto, condizioni che confermano le angosce della bambina insieme all invisibilità dei suoi genitali interni), ma l’evidenza clinica mostra desideri vaginali precoci e fantasie concernenti gli orifizi con caratteristiche ricettive tipicamente femminili

Sulla vagina

M.Klein (1950)
La bambina ha una conoscenza vaginale precoce, almeno inconscia. L’angoscia principale della bambina è per l’interno del proprio corpo: le frustrazioni orali inflitte dalla madre comportano il rivolgimento al pene paterno ed il desiderio di una sua incorporazione orale questo passaggio dal seno frustrante al pene paterno esprime il nucleo del conflitto edipico precoce- ma il pene paterno è contenuto e trattenuto nel corpo della madre, da cui deriva l’attacco al corpo materno e la paura di una possibile ritorsione della madre contro gli organi interni della bambina, di cui non è possibile verificare lo stato. Per questa ragione la vagina viene rimossa a vantaggio della clitoride, più rassicurante sotto questo aspetto, ma che viene investita sin dall inizio secondo modalità femminili, dato che le fantasie che si accompagnano alla masturbazione clitoridea esprimono desideri d’incorporazione paterna e determinano anche e prima di tutto sensazioni vaginali. Quindi viene sostenuto che la ricettività orale e vaginale sono primarie, mentre l’invidia del pene è secondaria.

Sull’invidia del pene

1. Contributi degli anni Trenta:

  • Le allieve di Freud (J. Lampl-De Groot, H. Deutsch, R. McBrunswick) partono dalla concettualizzazione freudiana in cui si sosteneva l’importanza dell invidia del pene come fattore sia di svincolo e allontanamento della bambina dalla madre -che non l ha equipaggiata del pene- sia di investimento libidico sul padre (dapprima per ottenere il suo pene e poi per ottenere da lui un bambino per l’equivalenza bambino-pene) -da cui si ha che il desiderio di maternità deriva dall’invidia del pene e rappresenta un risarcimento narcisistico per la donna (Freud, 1914) ma sottolineano che il desiderio di avere un bambino è primario rispetto all’invidia del pene, ed è in rapporto con la madre onnipotente (pre-edipica)
  • (K. Horney, M. Klein, E. Jones, J. Muller): l’invidia del pene è secondaria alla rimozione della vagina e delle precoci sensazioni vaginali insoddisfatte ed è difensiva rispetto alle angosce riguardanti l’interno del corpo, conseguenti anche alla prima perdita del seno

Sull’invidia del pene

2. Contributi degli anni Sessanta:

  • (J. Chasseguet-Smirgel) l’invidia del pene è espressione simbolica del desiderio femminile di svincolarsi dalla madre pregenitale, onnipotente ed invasiva
  • (M. Torok) l’invidia del pene è espressione di un desiderio di autonomia identificativa l’uomo favorirebbe l’invidia del pene nella donna per difendersi dal proprio desiderio di sostituirsi alla madre nella scena primaria anale

Sull’invidia del pene

3. Contributi degli anni Ottanta:

  • (B. Zanuso) l’invidia del pene nelle sue espressioni patologiche sarebbe provocata dalla drastica rimozione delle tendenze attive necessarie, per Freud, al raggiungimento della posizione passivo- femminile
  • (F. Ferraro e A. Nunziante Cesàro) clitoride e vagina non vanno trattati come organi antitetici, ma considerati più unitariamente nel contesto della sessualità femminile, che deve ad entrambe queste zone la sua specificità (possiamo parlare dunque di una fase clitoridea-vaginale). La masturbazione clitoridea, infatti, risveglia un piacere diffuso che si manifesta con contrazioni muscolari involontarie che rimandano agli organi cavi contigui (ano, vagina). Tra i motivi della rimozione della masturbazione clitoridea vi è il carattere perturbante di questa profusa eccitazione che coinvolge organi sessuali invisibili e che evoca un oggetto, il pene, che si configura come organo mancante e/o sadico e pericoloso per gli orifizi immaturi della bambina. Il pene paterno, vissuto come organo dotato di qualità magiche è sia l’oggetto alternativo e sostitutivo del seno materno (desiderio, nei bambini di entrambi i sessi, di incorporarlo oralmente), sia il mezzo per corrispondere alla seduzione materna, che non può compiersi nella bambina, sprovvista dell’attributo necessario (invidia del pene alloerotica)

Breve nota sull’identità di genere

Robert J. Stoller. L’originaria differenziazione tra sesso e genere argomentata da Stoller (1968) lega alla nozione di sesso i termini maschio e femmina in riferimento alla dimensione biologica del corpo; mentre fa uso del termine genere in una versione più intrapsichica, vicina alla dimensione culturale, che mostra la quantità di mascolinità o femminilità presenti, in mescolanza e in diverse proporzioni, in ciascun individuo.  Il nucleo dell’identità di genere (Stoller, 1968) si struttura per entrambi i sessi tra i 18 e i 36 mesi, nella relazione pre-edipica con l’oggetto materno. Tale relazione primaria sarebbe caratterizzata da una condizione di protofemminilità (Stoller, 1985), una sorta di femminilizzazione primordiale dovuta alla prima relazione con l’oggetto materno.

Breve nota sull’identità di genere

Stoller precisa infatti, a tale proposito, che la prima forma di relazione che il neonato di entrambi i sessi vive con la madre, in una condizione di indifferenziazione primaria, è caratterizzata da una simbiosi di genere (1975) che implicherebbe l’assunzione degli aspetti connessi alla femminilità materna. Alla definizione del nucleo dell’identità di genere corrisponde la consapevolezza, conscia e inconscia, di appartenere ad un sesso piuttosto che ad un altro. Attorno a ciò si coagulano gli attributi della mascolinità e della femminilità (di genere), che rappresentano il frutto della commistione di molteplici fattori, che attingono alle componenti biologico-ormonali, al dato corporeo -ovvero alle caratteristiche anatomiche dei genitali esterni, sulla base delle quali avviene l’assegnazione del sesso alla nascita- e alle componenti relazionali più o meno consciamente agite dall adulto nel rapporto con il neonato di diverso sesso.  Esperienza complementare e pubblica dell’identità di genere, più personale e privata, è rappresentata dal ruolo di genere (Money 1955) che, legato agli aspetti definiti dal ruolo sociale, si esprime nei comportamenti maschili e femminili agiti nelle relazioni esterne.

Breve nota sull’identità di genere

J. Money e P. Tucker (1975) tracciano il percorso della mascolinità e della femminilità sin dalla nascita, considerando i diversi fattori (storici, culturali e biografici) che interagiscono con lo sviluppo sessuale di ciascun individuo, evidenziando il modo in cui si sono stratificati i ruoli di genere nell’uomo e nella donna.

Le lezioni del Corso

I materiali di supporto della lezione

Indicazioni bibliografiche per approfondimenti:

Money J. e Tucker P. (1975): Essere uomo e essere donna. Feltrinelli, Milano, 1980.

Nunziante Cesàro A., Valerio P. (a cura di): Dilemmi dell identità: chi sono?. Saggi psicoanalitici sul genere e dintorni. FrancoAngeli, Milano, 2006.

Stoller R. J. (1968) Sex and Gender. The development of masculinity and femininity. Science House, New York, Karnac Book, London, 1974.

Stoller R. J. (1985): Presentations of gender. Yale University Press, New Haven, London.

E sulla sessualità femminile:

Chasseguet-Smirgel J. (1964): La sessualità femminile. Laterza, Bari, 1978.

Filippini S. Pazzagli A. (a cura di): Il continente nero. Saggi psicoanalitici sulla sessualità femminile. Ed. Del riccio, Firenze, 1981.

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