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Adele Nunziante Cesaro » 23.La valutazione psicologica del bambino


Il piccolo paziente e i suoi genitori

Come esaminare e come aiutare il piccolo paziente che, in generale, viene condotto dallo specialista da adulti che richiedono di far sparire condotte che giudicano non adeguate o che causano loro ansia e difficoltà di gestione? Il bambino può rappresentare, con la sua sintomatologia, il “paziente designato”? E’ sempre opportuno chiedersi cosa ci dice il sintomo del bambino. Il bambino può presentarsi, infatti, come sintomo di una difficile relazione di coppia, esprimendo con le sue difficoltà un malessere ascrivibile alla famiglia e alla coppia genitoriale. In questi casi è opportuno valutare adeguatamente su chi è preferibile intervenire, affinché la problematica emerga nella sua natura, senza cristallizzarsi unicamente sul bambino. Questi, infatti, è certamente parte di un contesto familiare e ciò va tenuto in considerazione non soltanto per riflettere sulla possibile origine del problema o della sintomatologia, ma anche per affrontare l’intera situazione cercando possibili soluzioni. La presa in carico del bambino comporta spesso, infatti, una presa in carico anche della coppia genitoriale. Qualora ciò non avvenga, entro un percorso psicoterapeutico, è comunque importante tenere a mente i genitori e la possibilità di creare con loro una buona alleanza terapeutica che aiuti loro e, indirettamente, il loro bambino.

La consultazione diagnostica

Un ciclo di consultazione può prevedere un numero indicativo di 5-6 incontri, setting paralleli genitori-bambino o un unico professionista che incontra sia i genitori che il bambino separatamente. Fondamentali sono tutti i passaggi, dal primo contatto telefonico all’incontro finale di restituzione che può comprendere o meno il bambino; altrettanto fondamentale sono la fiducia ed il rispetto della segretezza degli spazi.
Durante i primi colloqui di indagine è necessario raccogliere informazioni: è importante conoscere la storia del bambino e del suo sviluppo, le tappe del suo sviluppo dalla gravidanza al momento della richiesta di consultazione, la storia clinica e la sintomatologia in termini di temporalità (quando è emerso il sintomo, perché si rivolgono ad un esperto in questo momento), i rapporti familiari con i genitori, fratelli e sorelle e altre figure significative (nonni, zii), alimentazione, deambulazione, sonno, controllo sfinterico, area cognitiva e sociale (scuola e amicizie).
Naturalmente le modalità di comunicazione tra il clinico e il piccolo paziente devono tener conto dell’età specifica del bambino, così il linguaggio deve adattarsi il più possibile al livello di sviluppo del bambino (scelta delle parole). Tecniche proiettive come i disegni con uno stimolo preciso o un disegno libero, racconti di storie, giochi, rappresentano gli strumenti del clinico.

La plasticità e la globalità del quadro evolutivo

Talvolta possono essere necessarie indagini complementari di tipo medico o può essere utile richiedere la somministrazione di test specifici (ad es. la valutazione del livello cognitivo attraverso reattivi diagnostici). Rivolgersi ad un neuropsichiatria infantile per indagini specifiche (ad es. di fronte a problematiche complesse che investono anche il piano organico) o per un consulto può essere estremamente utile, proprio perché ancor più in fase evolutiva i problemi della sfera affettiva, motoria o cognitiva possono intrecciarsi. Va tenuto conto, infatti, del bambino nella globalità del suo sviluppo e dell’inevitabile collegamento tra aree evolutive diverse che sono in corso di maturazione. L’immaturità del bambino può riferirsi alla sfera intellettiva, a quella psicomotoria e/o alla sfera affettivo-emotiva (difficoltà di gestione e controllo emozioni, loro intensità, capacità di tollerare la frustrazione, dipendenza emotiva) ed è complessa la valutazione dell’origine del problema (le difficoltà nell’apprendimento ad es. possono nascondere problematiche di natura affettivo-emotiva e non intellettiva).

L’osservazione del comportamento nella situazione clinica. Cosa osservare?

È necessario osservare le dinamiche comportamentali e tener conto della dimensione emotiva dell’incontro. E’ dunque essenziale tener conto del comportamento manifesto, consapevoli di ciò a cui tale comportamento può rimandare sul piano emotivo ed intrapsichico, ovvero degli “indizi” da esso provenienti. Va tenuto conto, però, anche delle reazioni emotive controtransferali del clinico, così come dei movimenti proiettivi e delle identificazioni (col bambino e/o con i genitori), in un attento lavoro di comprensione di ciò che è proprio e di quanto, invece, pertiene alla dinamica relazionale.
E’ importante osservare il modo il cui il bambino entra nella stanza di consultazione, il modo in cui lascia i genitori o li accoglie al termine del colloquio; il modo in cui si guarda intorno ed approccia alla scatola dei giochi (la sua esitazione, la sua curiosità, la sua irruenza).
E’ essenziale avere in mente un quadro dello sviluppo normale del bambino. E’ importante ed è utile avere in mente una classificazione diagnostica sempre che non s’intenda applicarla con eccessiva rigidità.

L’osservazione del comportamento (segue)

Dunque, aree rilevanti per la diagnosi infantile sono non soltanto i sintomi e i comportamenti manifesti, ma anche il percorso di sviluppo, il funzionamento del sistema familiare, le caratteristiche individuali dei genitori e della loro relazione di coppia, le caratteristiche costituzionali e maturazionali del bambino, gli aspetti ricorrenti nel linguaggio, nell’affettività, nelle condotte motorie…
Di grande importanza è l’area che focalizza l’interesse sulla relazione (es. alimentazione); pertanto nella valutazione si deve tener conto sempre di come il genitore presenta il problema e di quale sia la sua esperienza soggettiva del problema del figlio.

Gli strumenti di lettura del disagio infantile: il disegno

Il disegno dell’albero di Koch si chiede al soggetto di disegnare un albero. L’ipotesi sottostante è che l’albero raffiguri l’uomo, la rappresentazione di sé, evidenziando gli aspetti più autentici della propria personalità.
Il disegno della figura umana (Machover) si chiede al soggetto di disegnare una persona, successivamente si propone di disegnare una figura dell’altro sesso. Risponde alla possibilità che il disegno di una figura umana stimoli la proiezione dell’immagine di sé, consentendo l’espressione della propria immagine corporea e la proiezione di conflitti e bisogni. Al disegno della figura umana segue un’inchiesta riguardo al nome, all’età della persona raffigurata. Alle volte si richiede anche l’invenzione di una storia che abbia tale persona come protagonista.
Il disegno della famiglia (Corman) si chiede al soggetto di disegnare la propria famiglia (famiglia reale) e, dopo, una famiglia di propria invenzione (famiglia immaginaria). Alla fine si fornisce un’ultima indicazione, chiedendo al soggetto cosa farebbe se potesse trasformare la sua famiglia in quello che vuole (famiglia incantata).
La dimensione del disegno, lo spessore del tratto, la posizione all’interno dello spazio bianco del foglio, le omissioni di parti, le sproporzioni tra le parti e tra le figure rappresentano tutti aspetti significativi di cui è importante tener conto. Ma la lettura e l’interpretazione dei disegni necessita in ogni caso di uno specifico sistema di lettura e di comprensione.

Gli strumenti di lettura del disagio infantile: i reattivi proiettivi

T.A.T. (Thematic Aperception Test di Murray) consta di 20 tavole raffiguranti scene con personaggi in situazioni ambigue e dei quadri senza personaggi o con ombre indistinte. Di fronte ad ogni tavola il paziente deve narrare una storia che inventa partendo da ciò che il materiale gli suggerisce. Questo test può essere utilizzato a partire dagli 11-12 anni d’età.
C.A.T. (Children Aperception Test di Bellack) è destinato ai bambini piccoli, segue lo stesso principio del T.A.T. ma le figure umane sono sostituite da animali.
Patte noire (zampa nera di Corman) presenta una serie di disegni (17 tavole) in cui si ritrova un maialino con una zampa nera in situazioni che indagano sui diversi conflitti del mondo infantile, rappresentati attorno ad immagini dei genitori e dei fratelli: oralità, analità, rivalità fraterna, punizione, abbandono. Anche in questo caso il bambino è invitato a raccontare una storia a partire dalle tavole, ma al principio gli viene proposto di ordinare le tavole in ordine di preferenza e di identificarsi con un personaggio di cui desidera assumere il ruolo. Spesso la prima immagine scelta corrisponde alla situazione che il bambino investe di maggior significato e che, dunque, si rivela in stretta associazione con i suoi problemi e le sue difficoltà.

Gli strumenti di lettura del disagio infantile: i reattivi proiettivi (segue)

Il test di Wartegg é un test grafico proiettivo, semistrutturato, costituito da un modulo che racchiude otto riquadri numerati da 1 a 8. In ciascun riquadro sono raffigurati differenti segni grafici che il bambino viene invitato ad utilizzare come spunto per realizzare otto disegni di senso compiuto. Ciascun riquadro ha un significato e rimanda alla proiezione nel futuro, alla disposizione a cogliere ed esprimere la dimensione affettiva nella relazione, alla capacità di progettazione, all’aggressività, all’angoscia di separazione ecc. Questo test consente di indagare, da un lato, l’organizzazione di personalità del soggetto, dall’altro, anche le potenzialità e le attitudini all’impegno.
Naturalmente ciascuno di questi strumenti necessita di far ricorso ad uno specifico sistema di siglatura e di un’interpretazione.

Strumenti al confine tra valutazione e intervento clinico

Sceno test (di Von Staabs) si tratta di una scatola contenente diversi giochi, persone, animali, piccoli oggetti di casa con cui il bambino è invitato a costruire uno scenario o ad inventare una storia. E’ utile in campo clinico con bambini tra i 2 e i 6 anni.
Le favole della Duss presenta al bambino una serie di storie da completare che rimandano a situazioni e angosce relative al mondo infantile, quali l’attaccamento ai genitori, lo svezzamento, l’angoscia di morte e di separazione, il complesso di castrazione, l’aggressività etero e autodiretta. Successivamente si procede, in uno o due colloqui, ad approfondire le tematiche emerse nelle storie attraverso una sorta di inchiesta.
Gioco prevede l’utilizzo di vari materiali di gioco, la cui scelta, comunque a discrezione del clinico, riflette il bisogno di presentare al bambino una serie di strumenti atti a veicolare paure, ansie, bisogni, ovvero aspetti del suo mondo interno. In linea generale si tratta di giochi piccoli e semplici, tra cui non devono mancare personaggi umani di sesso maschile e femminile, bebè, animali, così come elementi che possono veicolare aspetti teneri o aggressivi (ad es. soldatini, mostri, orsacchiotti).
Gli scarabocchi di Winnicott (Squiggle game) si riferisce alla modalità impiegata da Winnicott nei colloqui terapeutici con i bambini, che unisce il disegno libero al gioco e che, nell’area transizionale dell’incontro tra bambino e terapeuta, sollecita la creatività e la spontaneità di entrambi. Prevede che il terapeuta cominci tracciando una linea su un foglio, che il bambino può trasformare in qualsiasi cosa (dandole dunque una forma) e che a ciò segua una turnazione tra il clinico e il paziente.

La classificazione diagnostica 0-3

Al pari del DSM, la Classificazione della salute mentale e dei disturbi di sviluppo nell’infanzia 0-3 anni, propone un sistema di codificazione multiassiale:
Asse I – diagnosi primaria (riflette la caratteristica più saliente del disturbo): disturbo post-traumatico da stress, disturbi dell’affettività (disturbi d’ansia, dell’umore, dell’identità di genere ecc.); disturbo dell’adattamento (disturbi situazionali transitori – non più di 4 mesi – di grado lieve, che non rientrino negli altri criteri. L’insorgenza della sintomatologia, solitamente di natura affettiva e/o comportamentale, dovrebbe essere legata ad un evento ambientale evidente); disturbo della regolazione iporeattivo o ipersensibile (difficoltà nella regolazione del comportamento, dei processi psicologici sensoriali ed affettivi. Possono riscontrarsi negli stati fisiologici come la respirazione, nella motricità grossolana e fine, nell’organizzazione attentiva, in termini di incapacità a fissarsi su un particolare o, al contrario, di perseveranza, nell’organizzazione dell’affettività in termini di stato affettivo predominante e nella sua modulazione, soprattutto nell’interazione con gli altri, nell’organizzazione del comportamento – alimentare, sonno, controllo sfinterico, ecc.); disturbo del sonno; disturbo dell’alimentazione; disturbi della relazione e della comunicazione (associati a difficoltà nella regolazione dei processi fisiologici, sensoriali, motori, somatici, fisiologici).

La classificazione diagnostica 0-3 (segue)

Asse II – classificazione della relazione (si riferisce alla qualità della relazione genitori-bambino che può essere caratterizzata da: iper-coinvolgimento o da ipocoinvolgimento fisico e/o psicologico, da ansia e tensione, da rabbia e ostilità, da una forma mista che comprende i fattori sinora considerati, da maltrattamenti fisici e/o psicologici).
Asse III – disturbi fisici, neurologici, mentali.
Asse IV – agenti psicosociali di stress (si riferisce ad eventi stressanti che possono interessare direttamente il bambino o la famiglia e che, con diversa intensità, influenzano temporaneamente o permanentemente la condizione di vita del bambino e, dunque, il suo sviluppo; lutti, ospedalizzazioni, nascita di un fratellino, separazione dei genitori, ingresso al nido o a scuola, trasferimento di città. Naturalmente, il modo in cui ciascun bambino reagisce all’evento stressante riflette la natura del suo temperamento, delle sue condizioni psichiche ed emotive, della relazione con i genitori e del modo in cui da loro viene elaborato l’accadimento. Difatti, l’impatto di un evento dipende dalla sua gravità, dal livello di sviluppo del bambino (intensità e momento) e dalla capacità dell’ambiente di proteggerlo).
Asse V – livello di sviluppo del funzionamento emotivo (si riferisce al modo in cui l’organizzazione dell’esperienza del bambino si riflette sul suo modo di funzionare. La valutazione di questo fattore tiene conto dell’osservazione della qualità delle interazioni con i genitori e col clinico, in termini di intenzionalità e di reciprocità).

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