Nell’ambito della formazione psicologica l’osservazione è uno degli strumenti di base della competenza psicologica. Ad esso si fa ricorso nel modello psicoanalitico, in psicologia evolutiva e in psicologia sociale e lo studente della laurea triennale in psicologia frequenta differenti laboratori tutti con il riferimento all’attività osservativa. È tuttavia necessario e indispensabile evidenziare cosa s’intende con osservazione e le peculiarità che essa assume nei diversi ambiti disciplinari. Bisogna considerare:
L’osservazione è l’atto di prendere nota di un fenomeno, spesso con strumenti che ne permettono la documentazioni per finalità scientifiche.
Le domande sono:
Cosa
Quando
Come
?? Osservare ??
Ma non basta…
Quando non vi è uso di dispositivi che si frappongono fra osservatore e osservatore viene detta diretta.
*Viene altresì detta naturalistica quando l’osservatore rimane marginale al campo d’osservazione e cerca di non entrare in esso. L’osservazione inizia quando la presenza dell’osservatore non è più presa in considerazione: osservatore-tappezzeria. Possiamo definire l’osservazione etologica come naturalistica non partecipante.
Quali sono i metodi più noti ed utilizzati di osservazione?
In quali ambiti disciplinari si fa uso dell’osservazione e con quali metodologie?
I modelli teorici che forniscono per lo psicologo indicazioni in merito alla osservazione nei diversi ambiti disciplinari sono:
Il primo compito è definire il significato e l’uso dell’osservazione nei diversi modelli ambiti disciplinari.
Rinviamo alle letture indicate nella slide finale e ad appositi seminari e laboratori previsti nel corso degli studi per approfondire le peculiarità di ogni approccio.
Qui il nostro intento è delineare l’uso dell’osservazione in quello che definiamo approccio ecologico.
“L’osservazione non può essere né impersonale, avulsa dall’incontro dell’osservatore con il suo oggetto di studio, dal suo background culturale e ideologico e dalla sua biografia”; né passiva, nel senso che “l’osservatore trova solo ciò che cerca e tende a scegliere i dati osservati, anche quando non ne è cosciente [Borgogno, 1978]. La percezione stessa, infatti è influenzata dalle valenze soggettive nel senso che è predeterminata sovra determinata e circoscritta da esse. Però, nella misura in cui viene superata l’illusione di osservare oggettivamente e in maniera a-relazionale la realtà , si accresce l’importanza e la necessità di una “verifica consensuale e di un confronto plurale” [Borgogno, 1978]” (De Rosa, 2003).
Ciò che qui preme evidenziare è quanto segue.
I cardini caratterizzanti dell’ osservazione psicoanalitica sono:
Rivolta non solo alla descrizione del comportamento e delle reazioni emotive del soggetto osservato, ma anche agli atteggiamenti inconsci, e consci dell’osservatore e il flusso d’interazioni che si stabilisce tra osservatore e osservato viene a costituire lo specifico oggetto d’indagine.
I fattori transferali e controtransferali non sono considerati “distorsioni” che limitano la conoscenza, bensì “strumenti di conoscenza”.
L’osservazione è finalizzata alla comprensione (in senso etimologico) e non alla spiegazione: è mettersi al servizio dell’altro nella capacità di accogliere la condivisione.
Osservazione valutativa
La tendenza a chiudere l’oggetto osservato in frettolose etichette e giudizi; ciò permette all’osservatore una rassicurante distanza rispetto all’oggetto osservato e allo stesso lavoro di osservazione.
Osservazione devitalizzata
Quando l’osservatore si erge a mero registratore di dati, sacrifica la complessità dell’interazione e della ricchezza emozionale. Il rischio che si vuole evitare è che l’empatia possa porti ad una perdita di confini, fusionalità regressiva, fonte di angoscia.
Osservazione banalizzante
Si contraddistingue per una totale indifferenza ai particolari e comporta l’appiattimento delle differenze (De Rosa, 2003).
In questo ambito l’osservazione assume modalità e metodologie differenziate:
Per saperne di più (note S. Parrello).
Osservazione ecologica
Intendiamo con questo termine un osservazione mirata a documentare il contesto da indagare e i suoi attori ed insieme ad essi, gli stati d’animo, pensieri e vissuti del ricercatore. Abbiamo così una riproposizione dell’approccio ecologico quale strumento di avvicinamento e contatto con un contesto d’indagine.
L’approccio che definiamo ecologico all’essere nei contesti, seppure fa propri gli strumenti dell’osservazione etnografica, non tralascia le metodologie a carattere riflessivo che sono fondanti del modello psicoanalitico e, che in forma diversa, trovano attenzione e riconoscimento nell’approccio culturale.
Nell’approccio etnografico le tecniche osservative hanno lo scopo di:
Nell’approccio ecologico, tali dati s’inscrivono nel vissuto che i diversi attori sociali ne hanno, e nella percezione e rappresentazione dell’osservatore.
Elenchiamo ora, sempre in accordo con il modello etnografico, le modalità di interazione con i contesti.
a) Il ricercatore è esclusivamente osservatore: è completamente distaccato dal contesto osservato. Non è né visto né osservato.
b) Il ricercatore prende parte alle attività ed è riconosciuto esclusivamente in quanto ricercatore.
c) Partecipa in quanto osservatore: le sue attività di ricercatore sono conosciute, ma è maggiormente inserito nelle relazioni con la gente; è più un amico che un ricercatore neutrale.
d) Il ricercatore è completamente partecipe: è totalmente parte del contesto, quasi da dimenticare le sue finalità di ricerca. In linguaggio antropologico si direbbe “going native”. (Agrosino, 2007, p.56-57).
Evidenziamo che nel modello ecologico si tratta, in genere, delle modalità definite precedentemente ai punti b, c, d. Il ricercatore non è né distaccato, né invisibile, né privo di forme di reciprocità con il contesto.
Parliamo piuttosto di collaborazione e appartenenza che accompagnano il processo di ricerca.
Spesso i ricercatori svolgono attività di “advocacy” per il gruppo o il contesto in cui sono inseriti, svolgono anche interviste, questionari, viodeoriprese, ma in ogni caso attivano una dimensione di riflessività su se stessi e sulle relazioni che attivano nel contesto.
(Angrosino, 2007, p.57).
(Angrosino, 2007, p.57)
Come nella ricerca etnografica i suoi strumenti sono:
Ogni partecipante al gruppo di ricerca ha il compito di redigere una memoria di commento ed osservazione per ognuna delle volte che a qualsivoglia titolo si reca nel contesto di ricerca e per tutti gli eventi ed incontri a cui partecipa.
Ma, allo stesso tempo, l’attenzione è al ricercatore: le sue emozioni, vissuti, pensieri e desideri.
La discussione nel team di lavoro delle osservazioni effettuate è infine strumento fondante della metodologia proposta.
Lo psicologo osservatore attraverso il resoconto, documenta e rielabora gli accadimenti avvenuti e in tal modo esercita su di essi una funzione riflessiva.
L’osservatore fornisce una memoria storica del gruppo di ricerca, delle sue attività e interazioni ed il resoconto ha funzione di:
I verbali e le osservazioni vengono discussi nel gruppo di ricerca con il responsabile/supervisore. Lo scopo è di comprendere il contesto, attraverso quanto esprime nelle sue “pieghe” e attraverso quanto è colto dai diversi osservatori.
La finalità dello sviluppo delle competenze osservative è nel voler accrescere la capacità d’interagire nei contesti: essere consapevoli di se stessi, degli altri e delle relazioni che questi vivono e che lo psicologo vive nel contesto.
In breve, l’esercizio dell’osservazione è uno strumento finalizzato all’acquisizione di capacità riflessiva. In psicologia sociale significa agire con attenzione osservativa.
Gli strumenti insostituibili di lavoro in una prospettiva ecologica sono:
Un’osservazione dei contesti fisici e relazionali dei luoghi della ricerca. Donata Francescato in forma dissacrante definisce “la passeggiata” quella che a suo parere si sostanzia in una cammminata nel quartiere, città , paese, nel quale s’intende portare avanti un progetto di ricerca. A nostro parere tale iniziativa va, tuttavia, inscritta in una più complessa e precisa competenza riflessiva che accompagna l’intero processo di ricerca.
Per l’osservazione nel modello psicoanalitico, gli psicologi, in quanto professionisti e operatori della relazione in formazione, sono invitati a osservare, comprendere e affrontare le proprie emozioni controtrasferali nella situazione osservata e le difese che ciascuno di loro opera di fronte alla riattualizzazione di vissuti e fantasie che l’osservazione ha rievocato.
Lo psicologo osservatore discute con il supervisore il proprio protocollo d’osservazione trascritto dopo aver effettuato l’osservazione.
Nell’osservazione ecologica l’enfasi è sul contesto e i suoi attori sociali, così come percepiti dall’osservatore. Non si parla, tuttavia, di protocollo d’osservazione, bensì di resoconti, note e verbali. La ridiscussione all’interno del gruppo di ricerca è lo strumento di condivisione e costruzione di sapere.
Per lo psicologo si tratta in ogni caso di attivare una competenza riflessiva.
“Sentire con gli occhi.
Occhi che ascoltano, accolgono, toccano, intendono; occhi attraverso cui sentire ed essere, sperimentare e conoscere… Un fare esperienza dell’altro, e di sé nella relazione con l’altro, attraverso uno sguardo sensibile alla sua presenza corporea che implica un modo non neutro di porsi in relazione; un’esperienza visiva unica e intraducibile perché nel momento stesso in cui è messa in parola, scritta, verbalizzata, diventa comunque altra“.
(Boursier, 2010, p.177).
Ciò che va enfatizzata e acquisita è la capacità di essere nei contesti, acquisirne la fiducia (ovvero rispettare l’altro e pertanto godere della sua fiducia).
A partire dai rischi e limiti per l’osservazione psicoanalitica indicati da De Rosa (2003, in slide 10) aggiungiamo una quarta dimensione a carattere difensivo che va evitata nelle interazioni nei contesti collettivi: l’interazione distanziante.
Il riferimento è a tutte le dimensioni volute, cercate e prodotte che servono a mantenere evidenti prerogative e attributi di potere del ricercatore (ruolo dello studente, del ricercatore, del professore) e che si esplicano nel modo in cui si costruisce l’interazione nei contesti di ricerca con gli abitanti e partecipanti (abbigliamento, posizionamento nelle riunioni, turni di parola, disponibilità agli appuntamenti, all’invito al bar, etc).
I processi e i metodi partecipativi, ricorda Mantovani (2010), mettono in crisi il controllo del ricercatore sull’ “oggetto” e il senso di superiorità che accompagna il ricercatore nel suo rapporto con gli altri.
È la partecipazione degli altri alla costruzione di senso e allo sviluppo della ricerca che conferisce alla riflessività il suo pieno significato (Mantovani, 2008); E con questo si rendono evidente i nessi tra riflessività e processi partecipativi, ovvero tra le dimensioni che creano ponti tra l’approccio interculturale e la ricerca ecologica trasformativa della psicologia di comunità .
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Angrosino, M. (2007). Doing Ethnographic and Observational Research. In U. Flick (Ed.), The Sage Qualitative Research Kit. London: Sage.
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