Per definire le finalità , e le strategie di un progetto, è necessario che lo psicologo rifletta su quelle che, a suo parere, sono le priorità sociali, relazionali, sanitarie per le quali intervenire. È pertanto necessario riflettere brevemente sui diversi modelli di salute mentale e comprendere come essi portano a tre differenti strategie d’azione.
Secondo la concezione del continuum, la salute mentale e la malattia mentale sono visti come gli estremi dello stesso continuum (Dalgaard, 1995). In questa ipotesi il livello di salute mentale della collettività potrebbe essere migliorato riducendo disturbi mentali ampiamente diffusi.
Le abilità del vivere, la capacità di affrontare grandi cambiamenti nella propria vita e di influenzare l’ambiente circostante, la stima personale, un atteggiamento positivo e uno stato di benessere emotivo, spirituale e mentale sono qualità umane che devono essere incentivate poiché ritenute positive in quanto tali. I sostenitori di questa impostazione considerano la prevenzione di disturbi mentali scarsamente raggiungibile e ritengono più attuabile la promozione delle qualità positive, per la salute mentale nelle persone, insieme alla promozione di condizioni di vita salutari. Inoltre, l’orientamento a prevenire la malattia presume un’impostazione di tipo medico comunque focalizzata sulla patologia (Arcidiacono,1996).
In quello che si può chiamare ‘modello funzionale’, alcune qualità psicologiche delle persone sono definite come fattori di salute mentale in quanto vengono considerate come precondizioni generali di ‘end-states’, cioè quei fattori di protezione verso il possibile insorgere di disturbi mentali: abilità al lavoro, creazione di relazioni affettive, possibilità di essere indipendenti. In questo approccio funzionale le qualità psicologiche vengono considerate come fattori protettivi. La ricerca indica un certo numero di questi fattori: la nascita non prematura e con peso corporeo regolare, il temperamento accomodante, l’intelligenza sopra la media, le capacità sociali, la capacità di risolvere problemi, la capacità di autocontrollo, la stima in se stessi, l’equilibrio interiore, il rapporto con un genitore sensibile, presente e capace di instaurare delle regole, un tessuto sociale di supporto. Tali fattori consentono all’individuo di mantenersi mentalmente sani e persino di accrescere le proprie capacità in circostanze di vita altamente a rischio e di particolare stress. (The Clifford Beers Foundation, The European Centre for Mental Health Promotion, 1996, p.11).
Il valore funzionale di qualità salutari per la mente possono anche essere poste in relazione con quelli che vengono definiti come fattori di tipo sociale o economico: la riduzione della delinquenza e della discriminazione all’interno della comunità , l’aumento del successo scolastico, l’accrescimento della produttività nel lavoro, la riduzione delle persone sotto sussidio sociale o che vivono in centri di assistenza o di ricovero. È ampiamente provato che le qualità salutari per la mente sono collegate a questo tipo di risultati sociali.
Nella concezione funzionale la salute mentale potrebbe essere considerata sia in senso generale, cioè un fattore non specifico di protezione verso le malattie mentali (capacità di ripresa), che come capitale sociale, vale a dire una condizione che porta a un cambiamento delle aspettative dal punto di vista economico e sociale.
Se ci atteniamo alla prima definizione (salute mentale = assenza di malattia) l’incremento dell’attività terapeutica potrebbe considerarsi risolutivo.
Se consideriamo invece la salute mentale in relazione all’accrescimento di condizioni positive di vita, e più specificamente andiamo a individuare le condizioni che favoriscono il benessere, vediamo che l’ambito di intervento si amplia e aumentano le possibili strategie d’intervento.
L’approccio multidimensionale diventa, dunque, un riferimento fondante per la comprensione degli eventi e la definizione dell’intervento. In questo quadro, l’approccio di psicologia di comunità critica è attento all’individuazione di fattori connessi alla storia, al potere e alla giustizia sociale (come già visto nella lezione 5).
Partiamo, così, dall’assunto che la costruzione del progetto e le modalità d’intervento sono strettamente connesse alla lettura dei bisogni e alla vision del ricercatore e/o del committente.
Nell’ambito della salute, un ulteriore criterio di definizione dei progetti (Gordon, 1983) consente di superare le tradizionali categorie di prevenzione primaria, secondaria e terziaria (Mrazek & Haggerty, 1994) e considerare piuttosto:
Auspicabili per tutti, quando i benefici superano nettamente i costi ed i rischi della loro introduzione (ad esempio l’invito al “bere sicuro”, lo sviluppo delle capacità sociali e di autostima nei programmi scolastici, il miglioramento dell’assistenza prenatale e la prevenzione di complicazioni della nascita). In questa categoria rientrano tutte quelle misure che possono essere rivolte tranquillamente alla gente comune o a categorie specifiche come le donne in gravidanza, i bambini e gli anziani.
Le misure di prevenzione selettiva sono, invece, dirette a individui o a gruppi appartenenti a sottogruppi della popolazione il cui rischio, di sviluppare disturbi mentali, è superiore al normale. I gruppi a rischio possono essere individuati sulla base di fattori di tipo biologico, psicologico o sociale, noti per la loro correlazione con il principio o lo sviluppo di un disturbo. Per fare alcuni esempi: i bambini nati sotto peso, bambini con genitori che hanno malattie mentali, ragazze madri senza alcun supporto, persone sottoposte a circostanze di forte accumulo di stress e anziani socialmente isolati. Abbiamo qui gruppi di soggetti per i quali è indicato attivare misure specifiche di tutela e di intervento.
Gli interventi di prevenzione indicata sono, infine, rivolti a individui ad alto rischio che presentano segni o sintomi, anche minimi ma riconoscibili, che prefigurano disturbi mentali i quali, tuttavia, non raggiungono livelli diagnostici di malattia mentale. Per esempio, bambini in età scolare o prescolare con problemi comportamentali, ragazze giovani con comportamenti alimentari anomali, adulti con persistenti o crescenti sintomi depressivi.
La differenziazione tra misure universali e misure selettive coincide con il grado di restringimento del gruppo di riferimento in relazione ai livelli di rischio (The Clifford Beers Foundation, The European Centre for Mental Health Promotion, 1996, p.11).
Un’altra utile suddivisione è quella che opera una distinzione tra prevenzione specifica e non specifica, a seconda dell’oggetto di prevenzione.
La breve rassegna introduttiva sulla definizione di benessere a livello individuale e sociale porta a considerare come il primo compito dello psicologo e dell’operatore sociale, cui viene richiesto un intervento, sia anzitutto decidere:
Cosa Fare? Per chi? Con chi? In che modo? Con quali mezzi e risorse? Con quali attese di risultato?
Per rispondere ai bisogni della popolazione, bisogna superare logiche parcellizzate e separate di intervento e aver acquisito una formazione specifica all’analisi della domanda e dei bisogni, al lavoro di rete e alla mediazione sociale.
Un percorso di psicologia di comunità offre strumenti e metodologie idonee, quali ad esempio l’analisi organizzativa, la ricerca-intervento e la conduzione di gruppi auto ed etero centrati.
Anzitutto, la capacità progettuale e organizzativa, e quella di attivare e gestire la formazione e la organizzazione istituzionale, vengono rese più efficaci e competenti attraverso modalità attive e partecipate di intervento.
Un progetto d’intervento si compone delle seguenti fasi:
La costruzione di un progetto, si scompone nelle seguenti parti:
In una logica costruttivista, la dinamica di costruzione di un progetto non si arresta nel momento in cui viene fissato il progetto: il processo d’interazione con i diversi attori sociali continua anche nella realizzazione del progetto e nella valutazione dei risultati ottenuti, pertanto progetto e con esso obiettivi, strategie, risultati, vincoli e risorse, non sono definiti all’inizio, una volta per sempre, ma sono soggetti a continue ridefinizioni (Pozzobon, 1994).
Criteri per l’attivazione di iniziative, in una logica di progettualità complessa, sembrano farsi avanti a livello programmatorio e legislativo sia nell’integrazione sinergica e funzionale tra più enti e associazioni, sia nella presa in carico del singolo soggetto o nucleo familiare su cui si interviene.
La cultura del progetto accoglie crescenti consensi. Check list degli elementi necessari per valutare un processo di intervento (Coletti, 2004).
Una buona pratica si caratterizza per:
Gli scopi generali vanno tradotti in obiettivi operativi, univoci e misurabili.
I destinatari (target) vanno individuati con precisione, o per meglio dire, va stabilito nella fase di progettazione quali destinatari raggiungere.
Il monitoraggio del progetto consente di:
Al fine di ottenere un’adeguata valutazione di un progetto, è necessario, in fase di progettazione, individuare i criteri di validità da perseguire e gli strumenti di documentazione delle attività e di misurazione dei risultati.
È necessario prefigurare:
Per valutare la qualità di un programma è necessario valutarne: efficienza ed efficacia.
S’intende con efficacia l’indice della validità del programma, ovvero la misura con cui il progetto risponde agli obiettivi prefissati.
La difficoltà è nell’ individuare i risultati effettivamente ascrivibili alla realizzazione del progetto dove “Il risultato è l’indicatore dei cambiamenti prodotto e deve avere precisi requisiti di attendibilità e validità : deve cioè essere la misura più coerente e significativa in connessione con gli obiettivi del programma e rimanere sufficientemente stabile in caso di rilevazioni ripetute” (Fracescato & Ghirelli, 1988, p.166).
Talvolta il solo fatto di entrare a far parte di un progetto determina particolari effetti dando luogo al cosiddetto “effetto Hawthorne”.
S’intende con efficienza il rapporto tra costi, tempi e risultati, ovvero risorse investite e benefici ricavati: costi-benefici.
Un metodo di valutazione è l’analisi cost-effectivness con il quale si sceglie un obiettivo, non economico, e si valutano i costi economici per raggiungerlo.
Nella letteratura diversi autori, in particolare Julian Rappaport e Clemens Hosman mantengono vigile l’attenzione sull’importanza di verifica e valutazione: il primo puntualizza che approcci partecipativi non riducono la qualità della ricerca (1985, 1990) e pone l’enfasi sulla necessità di nuovi parametri e criteri per la verifica e la valutazione; il secondo (1994), con lo scopo di enucleare le strategie più efficaci, compie un esame sistematico dei principali progetti di promozione del benessere e di prevenzione degli ultimi anni.
Pur tuttavia, ancora troppo spesso, si assiste ad iniziative d’immagine, a carattere informativo o di sensibilizzazione collettiva, avulse dal sistema organizzativo delle prestazioni erogate a livello di base. Proprio per l’enfasi attribuita alla prevenzione e alla globalità degli approcci, accade che, frequentemente, un’azione isolata venga spacciata per progetto; poche conferenze informative assumono, nella voce dei protagonisti, il carattere di progetto preventivo, la cui efficacia non è quasi mai misurata.
Ciò accade in quanto, anche tra gli addetti ai lavori, manca ancora una solida cultura progettuale e vi è ancora una troppo limitata esperienza nella promozione della salute e nella valutazione.
Secondo Rossi e Freeman (1982), possiamo distinguere tre tipi di valutazione:
Nella ricerca-intervento la valutazione è parte intrinseca del progetto (vedi lezione 17).
Nella ricerca valutativa, invece, un valutatore, o una commissione di valutazione esterna, stima, in corso d’implementazione o a posteriori, l’efficacia ed efficienza di un progetto.
In entrambi i casi la formazione alla valutazione rientra tra i compiti dell’operatore sociale, dello psicologo, del professionista che si occupa di progettazione.
Contessa, direttore dell’Arips, Associazione attiva nell’ambito della prevenzione e progettazione sociale, evidenzia (1994) che la “differenza più vistosa tra un intervento e un progetto è che il primo è sempre verticale o circoscritto, il secondo è orizzontale o globale. Un progetto si propone alcuni obiettivi concreti, il cui raggiungimento è affidato a interventi specifici: questi sono segmenti del percorso che un progetto affronta. Elevare uno o più interventi al rango di progetto, significa trascurare le valenze strategiche e connettive che quest’ultimo deve contenere.”
Quali sono i criteri secondo cui valutare la validità di un progetto?
L’autore continua con l’indicare una lista di 10 voci (cfr. tavola seguente) atte a valutarne la pregnanza in termini di prevenzione. I criteri e le indicazioni descritte sono solo apparentemente semplici. Esse raccolgono il frutto prezioso di un attività sul campo secondo un approccio di psicologia di comunità .
Criteri di valutazione per un progetto di prevenzione:
1. PARTECIPAZIONE/CONTATTO
Quante persone il progetto contatta come partecipanti alle varie iniziative? Il numero non va posto in termini assoluti ma in percentuale sugli utenti potenziali.
2. COINVOLGIMENTO ATTIVO
Quante persone sono coinvolte nella organizzazione del progetto non solo come partecipanti?
3. CONNESSIONI
Qual’è il numero di legami permanenti inter-istituzionali e inter-organizzativi attivati dal progetto?
4. PRECISIONE OBIETTIVI
Grado di chiarezza degli obiettivi dichiarati. Tale chiarezza è data dalla possibilità di rispondere univocamente alla domanda: “in presenza di quali fenomeni osservabili e quantificabili potremo dichiarare raggiunti gli obiettivi?”
5. VERIFICA E VALUTAZIONE RISULTATI
Quali sono i criteri, gli indicatori, le procedure e gli strumenti decisi per valutare il grado di raggiungimento dei risultati?
6. VALORE DEGLI OBIETTIVI
Gli obiettivi dichiarati sono rilevanti e significativi? O esistono nella stessa area obiettivi di maggior valore da ricercare?
7. CONTROLLO DEL PROCESSO
Quali sono i criteri, gli indicatori, le procedure e gli strumenti decisi per controllare il progetto in itinere?
8. RUOLO E COMPITI
Chi è responsabile di cosa nel progetto?
9. INDUZIONI A CASCATA
Quali e quanti sono gli effetti diretti e indiretti che il progetto produce a cascata?
10. COSTI E ALTERNATIVE
Qual’è il costo complessivo del progetto? Con le stesse risorse economiche, quali azioni preventive alternative è possibile realizzare?
(Contessa, 1994, p. 108)
Vogliamo ora a conclusione della lezione focalizzare l’attenzione sul fatto che in psicologia di comunità la progettazione sociale costituisce uno degli ambiti prioritari d’intervento.
Più avanti, nella lezione 17, riprenderemo come la progettazione sociale si contraddistingue per le sue valenze trasformative. Ora definiamo preliminarmente in cosa consiste e di cosa si compone:
La caratterizzazione della progettazione sociale è di grande interesse in quanto molto del lavoro degli psicologi neo-laureati è proprio con “incarichi a progetto” nell’ ambito del privato sociale (cooperative, associazioni, etc.) o in risposta a bandi di organismi locali e sovranazionali per la progettazione d’interventi a carattere sociale, educativo, sanitario, riabilitativo e assistenziale.
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8. Intervento e metodi: Gruppo di lavoro – Lavoro di gruppo
9. Swot Analysis e Future Lab's
11. Metodi e profili di comunitÃ
12. Fotodialogo, photovoice e mostre civiche
13. Analisi Organizzativa Multidimensionale (AOM)
14. Costruzione, realizzazione e valutazione di un progetto
15. I paradigmi della ricerca: dalla ricerca sperimentale alla rice...
16. I metodi QUAL- QUANT e i Disegni di ricerca
17. Quadro di riferimento e procedura di ricerca
18. Ricerca-Azione
19. Il contributo dell'approccio etnografico/narrativo e della psic...
20. Osservazione ecologica: agire ed essere nei contesti
21. Il ricercatore, la comunicazione e l'intervista (semi-struttura...
Arcidiacono ,C. (1996). Psicologia clinica di comunità . Napoli: Magma.
Francescato, D. (1988). Fondamenti di psicologia di comunità (cap. 8). Roma: NIS.
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