Stanley Murrell (1973) definisce la psicologia di comunità come «l’area all’interno della psicologia che studia le transazioni fra reti di sistemi sociali, popolazioni e individui; sviluppa e valuta metodi d’intervento che migliorino gli “adattamenti”, (fits) persona-ambiente, che pianifica e valuta nuovi sistemi sociali; e che da questa conoscenza e cambiamento cerca di aumentare le opportunità psicosociali dell’individuo» (Psicologia di comunità e sistemi sociali, p.23).
L’autore focalizza l’attenzione sull’interdipendenza tra le parti ponendo l’attenzione sull’interazione e circolarità degli elementi.
I principi che agiscono in un contesto sono:
Interdipendenza tra i sistemi: va posta attenzione a cambiare i sistemi che influenzano il comportamento dei singoli e ad analizzare:
a) la distribuzione del potere
b) le modalità di comunicazione
c) gli scopi formali e informali
d) il clima organizzativo
Il benessere per Murrell è dato dall’accordo psicosociale, cioè dal grado di armonia e congruenza tra aspettative e capacità dell’individuo e richieste e risorse della rete sociale. La personalità stessa è per l’autore una funzione di transazioni attive tra individuo e ambiente in cui l’individuo non è solo reagente ma anche agente.
Volendo utilizzare le parole stesse di Murrell (1973) diremo che:
il benessere «non appartiene al singolo ma al sistema e che di riflesso il malessere deriverebbe da un mancato accomodamento intersistemico tra i gruppi a cui partecipa il singolo soggetto».
È necessario studiare e individuare il modo in cui ogni intervento è collocato nella rete dei servizi e delle prestazioni possibili perché la conoscenza dell’inviante, della richiesta e delle sue finalità sono parte costitutiva di un intervento.
L’analisi dell’invio, della domanda e della committenza, così come l’analisi delle risorse possibili e attivabili, sono un primo e importante obiettivo della presa in carico sociale e del trattamento.
Stanley Murrel (1973) offre il contributo che meglio mostra l’insieme delle possibilità : dalla ricollocazione di un soggetto in un altro contesto, al suo trattamento clinico e/o all’intervento sul sociale, per rimuovere o ridurre le cause del danno.
Un merito di Murrell è nell’aver descritto le modalità d’intervento focalizzando l’attenzione sulle modalità , i luoghi e gli strumenti. In tal modo l’autore delinea un insieme di strategie finalizzate alla creazione di benessere che variano per il livello di complessità , il numero degli interlocutori coinvolti e la complessità della realizzazione.
Più precisamente, i sei livelli d’intervento, proposti da Stanley Murrell, si articolano lungo un continuum dove l’attenzione non è posta sui singoli livelli bensì sull’interazione:
ricollocamento individuale
interventi sull’individuo
interventi sulla popolazione
interventi sul sistema sociale
interventi intersistemici
interventi sull’intera rete sociale
Tali livelli variano per ampiezza e complessità e procedono dall’intervento focalizzato sul singolo individuo sino all’organizzazione di un’intera comunità (Francescato, Tomai, Ghirelli, 2002).
RICOLLOCAMENTO INDIVIDUALE
Spostare: “ricollocare” il soggetto in un altro contesto. Far cambiare classe a un bambino, cambiare rete di amicizie; trasferirsi in un contesto più idoneo, spostare uno studente in una classe o una scuola ritenuta più adeguata.
INTERVENTI SULL’INDIVIDUO
Cambiare o aumentare le risorse personali.
In quest’accezione, il modello psicologico è solo una delle prospettive da cui guardare al benessere e alla patologia psichica ed è bene ricordare che, per Ryan (1971), l’intervento psicologico con il soggetto “più bisognoso” rischia di rafforzarne l’immagine di vulnerabilità , proprio in quanto destinatario, o soggetto designato, dell’intervento professionale.
INTERVENTI SULLA POPOLAZIONE
Incrementare le risorse di un gruppo a rischio; motivare popolazioni-target; sensibilizzare i membri di una comunità .
INTERVENTI SUL SISTEMA SOCIALE
Consulenza per modificare il comportamento di persone-chiave del sistema e proporre cambiamenti.
INTERVENTI INTERSISTEMICI
Formazione e progetti d’intervento finalizzati che coinvolgono enti locali, istituzioni formative, gruppi che scatenino iniziative spontanee.
INTERVENTI SULL’INTERA RETE SOCIALE
Consulenza all’azione di amministratori, politici e urbanisti; monitoraggio e consulenza organizzativa e legislativa.
A partire dal modello di Murrell, Arcidiacono e Ferrari Bravo (2009) si pongono la seguente domanda:
Che cosa significa e cosa comporta considerare il contesto non più come mero sfondo ma quale “protagonista coagente”?
La risposta è nel prendere e tenere in considerazione sia le relazioni affettive del soggetto sia gli ambiti contestuali cui esso fa riferimento, ovvero tener fede ai principi dell’approccio sistemico, di fatto disattesi da una prassi diffusa e spesso focalizzata solo sul nucleo familiare strettamente inteso (sia pure nelle sue estensioni intergenerazionali).
Un approccio clinico di comunità prende in esame il fattore contesto e dà importanza alle reti relazionali e affettive insieme agli ambiti contestuali cui l’utente fa riferimento, cioè alle persone collocate in posizioni e ruoli significativi rispetto al paziente, sia nella rete primaria sia in quella secondaria d’appartenenza.
Per la valutazione clinica del contesto, nelle diverse fasi del processo di presa in carico, il professionista risponde ai seguenti interrogativi:
Qual è il problema posto? Chi lo pone? Chi è individuato come soggetto dell’intervento? Chi effettua l’intervento? Con quali modalità ?
Nella costruzione di un percorso clinico di comunità devono essere dunque considerate ed esaminate risorse e problemi presenti:
Vanno presi in considerazione i fattori di vulnerabilità e di protezione a livello sia soggettivo sia contestuale. Possiamo così affermare che la patologia psichica trova la sua descrizione nella diagnosi, mentre la prognosi trova le sue ragioni anche nell’opportunità di trattamento e nelle risorse disponibili.
Le variabili di cui tenere conto sono: il contesto in cui é inserito il terapeuta, quello dei soggetti istituzionali attivi in relazione alla committenza e, non ultimo, quello di vita del soggetto a livello micro e macro sociale.
Un approccio ecologico alla clinica tiene conto di fattori situazionali e l’interazione tra modelli interazionisti e situazionisti diventa, pertanto, un principio ineludibile per garantire la qualità delle prestazioni. La dimensione contestuale descritta include, sulla scena clinica, l’interazione tra eventi di vita e fattori di predisposizione e rinforzo, cioè dei fattori che più specificamente si collocano al confine tra dimensione individuale, collettiva e transpersonale.
L’attenzione è volta piuttosto a individuare un percorso di sistematizzazione delle pratiche cliniche nel loro utilizzo istituzionale e a ribadire l’importanza della co-costruzione dell’intervento.
Abituati allo studio del setting nei confini interni della relazione duale, ci interessa qui individuarne anche le dimensioni e il funzionamento nell’ambito della cornice istituzionale e sociale. Inoltre, al fine di definire la cornice di lavoro, è necessario prendere in considerazione il livello di potere dei diversi attori istituzionali e degli stessi operatori riguardo alla gestione effettiva del caso.
In questa prospettiva multidimensionale il progetto terapeutico e la strategia d’intervento si compongono di diversi livelli e la valutazione della personalità s’integra con un bilancio delle risorse o dei vincoli presenti nel contesto di vita degli utenti e delle istituzioni.
È proprio la considerazione del contesto che fa da sfondo alla maggior efficienza e efficacia dell’analisi della domanda e alla presa in carico terapeutica.
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Arcidiacono, C., & Ferrari Bravo, G. (2009). Legami resistenti. FrancoAngeli, Milano.
Francescato, D., Tomai, M., & Ghirelli, G. (2002). Fondamenti di psicologia di comunità . Carocci, Roma.
Murrell, S. (1973). Community Psychology and Social Systems, Behavioral publications, New York.