«L’opera di Bronfenbrenner può essere letta come uno stimolo per gli studiosi dello sviluppo umano a progettare e attuare esperimenti di trasformazione finalizzati non tanto alla verifica di ipotesi, quanto piuttosto alla scoperta delle opportunità presenti nell’ambiente e della notevole capacità degli esseri umani di rispondere in modo costruttivo e spesso progressivo alle modificazioni introdotte».
(Luigia Camaioni, 1986)
Perché una prospettiva ecologica in psicologia di comunità?
L’elaborazione di Bronfenbrenner, pur centrandosi esclusivamente sui temi dello sviluppo infantile, ha grande utilità per comprendere il rapporto individuo-contesto e le modalità di agirvi e, nell’ambito della tradizione dell’human ecology.
Quest’area della psicologia sociale, a confine con clinica e dinamica, indaga la complessità e multidimensionalità delle interazioni umane, ambientali e sociali.
All’inizio del XX secolo la scuola sociologica di Chicago aveva introdotto l’uso della teoria ecologica per studiare le rapide trasformazioni socio-ambientali sopraggiunte nella società americana.
La prospettiva ecologica si è poi posta come riferimento del pensiero di Kelly e, come abbiamo già visto, è fondante della metafora ecologica di Levine e Perkins.
Ricordiamo poi, che si deve a Barker il termine di psicologia ecologica e che i suoi studi su i setting ambientali rimangono a fondamento della psicologia ambientale.
Il modello di Bronfenbrenner è oggi piuttosto un riferimento ineludibile nella definizione dei presupposti teorici della psicologia di comunità.
L’ecologia dello sviluppo umano implica lo studio scientifico dell’adattamento progressivo e reciproco tra lo sviluppo attivo dell’essere umano e le proprietà mutevoli degli ambienti nei quali l’individuo, che si sta sviluppando, vive. Inoltre, comprende come questo processo sia influenzato dalle relazioni tra questi setting e dai contesti più ampi nei quali i setting stessi sono collocati.
L’approccio ecologico proposto da Bronfenbrenner studia, infatti, le interazioni di diversi livelli contestuali che influenzano lo sviluppo umano, prendendo in considerazione le complesse interrelazioni tra l’organismo umano e i cambiamenti ambientali attraverso i diversi contesti e le varie fasi della vita.
In questo autore, l’ambiente ecologico, che si considera rilevante per i processi di sviluppo, non è limitato ad una unica situazione ambientale immediata, ma comprende le interconnessioni tra le diverse situazioni ambientali e i diversi meccanismi relazionali e istituzionali che ne definiscono il funzionamento e l’organizzazione.
Bronfenbrenner non rifiuta le ricerche condotte in laboratorio in favore di metodi quali l’osservazione naturalistica o l’indagine sul campo, ma ritiene piuttosto che il laboratorio debba essere considerato come un contesto ecologico particolare e trattato di conseguenza dal ricercatore.
«Chiamiamo esperimento ecologico una ricerca che ha come oggetto l’adattamento progressivo tra l’organismo umano in via di sviluppo e il suo ambiente, attuata per mezzo di un contrasto sistematico tra due o più sistemi ambientali o componenti strutturali di questi ultimi, cercando di controllare accuratamente altre fonti di influenza o con l’assegnazione casuale (esperimento strutturato), o con l’abbinamento (esperimento naturale)» (Bronfenbrenner, p.74, 1986).
Ciò significa che il ricercatore non può evitare di chiedersi quale significato psicologico e sociale ha per il soggetto sperimentale l’esperienza di laboratorio. Inoltre, deve assicurarsi che le caratteristiche che il soggetto attribuisce alla situazione sperimentale corrispondano a quelle che egli suppone o assume tale situazione abbia.
Questi ultimi due criteri definiscono ciò che Bronfenbrenner intende per validità ecologica.
«Per validità ecologica intendiamo il grado in cui l’ambiente del quale i soggetti hanno esperienza in una determinata indagine scientifica ha proprio le caratteristiche che il ricercatore suppone e assume» (Bronfenbrenner, p.65, 1986).
Naturalmente non sarà sempre possibile arrivare ad una descrizione completa della situazione sperimentale così come viene percepita dai soggetti, per questo è necessario modificare quella che nel paradigma classico di laboratorio è la relazione esistente fra il ricercatore e l’oggetto della ricerca attribuendo un’importanza molto maggiore alla conoscenza e all’attività delle persone oggetto di studio.
L’ambiente ecologico non è limitato ad un’unica situazione ambientale immediata, ma si estende così da includere le interconnessioni tra più situazioni ambientali e le influenze esterne su tali situazioni. È sulla base di questo assunto che Bronfenbrenner si focalizza sull’importanza delle transizioni ecologiche: «Si verifica una transizione ecologica ogni qualvolta la posizione di un individuo nell’ambiente ecologico si modifica in seguito ad un cambiamento di ruolo, situazione ambientale o di entrambi» (Bronfenbrenner, p.61, 1986).
L’adozione di un approccio ecologico implica la necessità di dimostrare che le modificazioni nelle attività e nelle conoscenze degli individui non sono momentanee e rilevate soltanto in una singola situazione, ma trasferibili e generalizzabili ad altre situazioni e ad altri momenti.
Questo criterio di validità evolutiva, «per dimostrare che si è verificato uno sviluppo è necessario stabilire che la modificazione prodotta nelle concezioni e/o attività di un individuo è trasferibile ad altre situazioni ambientali e a momenti diversi. Chiamiamo questa validità evolutiva» (Bronfenbrenner, p.73, 1986), integra e completa quello di validità ecologica.
È facile definire lo sviluppo umano come prodotto dell’interazione tra l’organismo e il suo ambiente, anche se, come afferma Bronfenbrenner, «lo sviluppo umano è il processo attraverso il quale l’individuo che cresce acquisisce una concezione dell’ambiente ecologico più estesa, differenziata e valida, e diventa motivato e capace di impegnarsi in attività che lo portano a scoprire le caratteristiche di quell’ambiente, ed ad accettarlo o ristrutturarlo, a livelli di complessità che sono analoghi o maggiori, sia nella forma che nel contenuto» (Bronfenbrenner, p.63, 1986).
Ed ancora «lo sviluppo, richiede di più che non l’osservazione diretta del comportamento di una o due persone che condividono lo stesso luogo; esso richiede l’analisi di sistemi d’interazione composti da più persone, che non va limitata ad un unico contesto, e che deve tener conto di aspetti dell’ambiente che vanno al di là della situazione immediata di cui il soggetto fa parte. Mancando di una prospettiva allargata di questo tipo, molta della ricerca contemporanea può essere caratterizzata come lo studio dello sviluppo al di fuori del contesto. Propongo un’espansione e una convergenza dell’approccio naturalistico e di quello sperimentale, più precisamente un’espansione e una convergenza delle concezioni teoriche relative all’ambiente che sottostanno ad essi. Mi riferisco a questa prospettiva scientifica in evoluzione col nome di ecologia dello sviluppo. L’ecologia dello sviluppo umano implica lo studio scientifico del progressivo adattamento reciproco tra un essere umano attivo che sta crescendo e le proprietà, mutevoli, delle situazioni ambientali immediate in cui l’individuo in via di sviluppo vive, anche nel senso di definire come questo processo è determinato dalle relazioni esistenti tra le varie situazioni ambientali e dai contesti più ampi di cui le prime fanno parte» (Bronfenbrenner, p.55, 1986).
Tre sono gli aspetti importanti della definizione di ecologia dello sviluppo umano:
«Un microsistema è uno schema di attività, ruoli, e relazioni interpersonali di cui l’individuo in via di sviluppo ha esperienza in un determinato contesto, e che hanno particolari caratteristiche fisiche e concrete» (Bronfenbrenner, p.60, 1986).
Esempi di microsistema sono: la casa, l’asilo nido, il campo-giochi.
Le tre caratteristiche fondamentali del microsistema sono:
«Un mesosistema comprende le interrelazioni tra due o più situazioni ambientali alle quali l’individuo, in via di sviluppo, partecipi attivamente (per un bambino, ad esempio, le relazioni tra casa, scuola e gruppo di coetanei che abitano nelle vicinanze di casa sua; per un adulto, quelle tra famiglia, lavoro e vita sociale)» (Bronfenbrenner, p.60, 1986).
L’elemento rilevante di tale modello è che, pur prendendo in considerazione il mondo esterno per delineare una teoria delle interconnessioni ambientali, ne delinea successivamente il loro impatto sulle forze che influiscono in modo diretto sulla crescita psicologica.
Lo schema, quindi, permette di andare al di là delle singole situazioni vissute, per considerare le relazioni interagenti tra i diversi piani di azione. Sono queste interconnessioni che possono essere altrettanto decisive per lo sviluppo, quanto gli eventi che si danno all’interno di ogni situazione.
La psicologia di comunità si occupa, infatti, dell’interdipendenza tra gli individui, i loro ambienti e i sistemi di diverso livello incluso quello superiore o macro livello.
Bronfenbrenner ci introduce così in una situazione multidimensionale dove ogni azione, ogni evento, ogni emozione è letta a livello micro (famiglia e amici), meso (scuola, lavoro, città), eso-sociale (le istituzioni che governano i contesti di vita) e macro (la cultura e le leggi).
Il modello a quattro sistemi di Bronfenbrenner (1979) permette di schematizzare, e isolare le svariate e intricate forme di interazione con le quali si confronta l’identità personale, fornendo una spiegazione multivariata delle stesse.
Il modello è rappresentato da una serie di strutture concentriche raggruppate come scatole cinesi che l’autore definisce macro, eso, meso e micro sistemi. A livello macro si collocano il contesto sovrastrutturale (leggi, politiche, valori, cultura); al meso e eso troviamo le presenze istituzionali e gli organismi che da esse direttamente dipendono, interagendo con la sfera privata dell’individuo: direzioni istituzionali del lavoro, della giustizia, della città, insieme agli organismi lavorativi e sociali a cui il soggetto è connesso. Il micro, infine, esprime la rete delle relazioni dirette: famiglia, amici, vicini.
Bronfenbrenner pone attenzione ai processi di cambiamento, alla natura reciproca dell’influenza all’interno dei micro-sistemi, insiste sulla percezione dell’ambiente e dell’evoluzione della costruzione della realtà da parte della persona.
A differenza di Barker, che analizza e cataloga i comportamenti che avvengono in un ambiente, la sua attenzione è alla persona nel contesto. Con il concetto di contesto intende non solo a quello immediato e concreto di cui fanno parte gli individui.
Con il seguente esempio vogliamo affrontare il tema dell’abuso intrafamiliare come fenomeno psicosociale in cui agiscono fattori individuali, familiari, sociali e culturali.
Rileggere le diverse variabili incidenti nell’ottica ecologica permette di schematizzare e quindi meglio comprendere le diverse fasi dell’intervento.
La letteratura considera concorrenti, alla formazione della ideologia e della percezione collettiva dell’abuso:
Ad essi si coniugano sinergicamente i processi di rimozione collettiva che rendono la tematica “invisibile” allo sguardo pubblico e privato.
Macro livello: legge, cultura e costumi sociali. Facendo riferimento al paradigma di Bronfenbrenner vediamo come i fattori macro costituiscono la cornice giuridico-culturale in cui s'inscrive l'abuso intrafamiliare e il suo trattamento a livello familiare, sociale e istituzionale (da Arcidiacono, Palomba, 2000).
L’azione e le interazioni reciproche tra le strutture competenti implicate nel trattamento istituzionale dell’abuso vanno a costituire il Meso- e l’Eso- contesto del fenomeno in quanto corrispondono «all’insieme delle interrelazioni tra due o più situazioni ambientali, delle quali la persona partecipa attivamente» (Bronfenbrenner 1986, p.317) e, nello scenario descritto dalla figura seguente, alle «interconnessioni fra le situazioni ambientali in cui la persona può non trovarsi mai, ma che condizionano ciò che accade nell’ambiente immediato dell’individuo» (ivi, p.357).
Meso ed eso contesto dell'intervento. Il riferimento è al Tribunale per i Minorenni e al Tribunale O. (eso-contesto), ai servizi sociali, alla pubblica sicurezza, parrocchia, scuola, vicini, famiglia allargata, medici e ospedali, ambienti di lavoro, etc. (Meso-contesto) (da Arcidiacono, Palomba, 2000).
Il micro contesto, infine, viene descritto come uno spazio in cui, in assenza di possibilità di sostegno e protezione, il bambino è il più delle volte costretto a tacere, o penalizzato qualora espliciti l’abuso subito.
Nell’ultima figura viene invece, rappresentato un contesto di abuso familiare in cui le strutture e le istituzioni intervengono nella scena del micro livello, la famiglia, supportando e facilitando il bambino nel dare voce all’abuso subito (svelamento) e ai servizi di mettere in atto misure di protezione, sostegno e presa in carico così da facilitare diverse e migliori interazioni familiari.
Micro contesto prima dello “svelamento” dell'abuso. Il bambino è solo e non esiste l'azione né dei familiari, né di alcuna agenzia sociale. Vi è frattura tra il mondo dei genitori e quello del bambino; non vi è comunicazione tra il microcosmo famiglia e le istituzioni esistenti. (da Arcidiacono, & Palomba, 2000).
Micro contesto dopo lo “svelamento” dell'abuso. Le istituzioni interessate, e professionisti in esse operanti, primi fra tutti gli psicologi, interagiscono con il bambino e la famiglia (livello micro) ed il contatto è attivato da agenzie territoriali come la scuola e l'ospedale (da Arcidiacono, & Palomba, 2000).
S’intendono con “abuso istituzionale” tutte le forme di omissioni e inadempienze delle istituzioni preposte alla tutela e protezione dell’infanzia.
Riferirsi al modello di Bronfenbrenner può aiutare a individuare le diverse complesse forme di abuso istituzionale che si verificano nel corso di un intervento su minorenni già traumatizzati per violenze subite da adulti significativi. In particolare, mostra l’interazione dei fattori culturali e giuridici, nonché istituzionali e organizzativi, che interagiscono nella qualità di vita del micro livello familiare in situazioni di abuso e violenza intrafamiliare.
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16. I metodi QUAL- QUANT e i Disegni di ricerca
17. Quadro di riferimento e procedura di ricerca
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19. Il contributo dell'approccio etnografico/narrativo e della psic...
20. Osservazione ecologica: agire ed essere nei contesti
21. Il ricercatore, la comunicazione e l'intervista (semi-struttura...
Arcidiacono, C., & Palomba, P. (2000). Abuso e maltrattamento: il paradigma ecologico di Bronfenbrenner. Maltrattamento e abuso all'infanzia, n.2, pp. 63-72.
Bronfenbrenner, U. (1986). Ecologia dello sviluppo umano. il Mulino, Bologna (introduzione di Camaioni).
Zani, B., & Palmonari, A. (1996). Manuale di psicologia di comunità. Il Mulino, Bologna.