“L’intervista è forse il metodo più antico d’indagine psicologica, che risale fino al dialogo socratico e alla confessione dei peccati cristiani. Nelle scienze sociali, inclusa la psicologia, gli esempi d’interviste vanno dalla conversazione etnografica e dall’esplorazione diagnostica alle interviste biografiche, psicoanalitiche e attitudinali, fino ai differenti tipi di intervista applicati nella ricerca qualitativa e nella ricerca intervento.
Secondo una definizione ampia, la parola intervista è usata come termine generico per tutte le forme di conversazione pianificata nella diagnostica o nella ricerca tra un intervistatore e un intervistato (o un gruppo di intervistati) con l’obiettivo di ricavare informazioni rilevanti sulla biografia, la situazione di vita, sulle opinioni, le conoscenze, le aspirazioni, le emozioni e i conflitti dell’intervistato” (Legewie, 2006).
“L’intervista è una conversazione i cui scopi e la struttura sono definiti dall’intervistatore. È un’interazione professionale che va al di là dello scambio spontaneo della conversazione quotidiana, finalizzata all’acquisizione di conoscenza attraverso ascolto e domande attente” (Kvale, 2007 ,p.7).
L’intervistato, sotto la direzione dell’intervistatore, utilizzando le proprie categorie mentali ed il proprio linguaggio, è lasciato libero di narrare le proprie opinioni e i propri atteggiamenti.
Le modalità di conduzione e di interpretazione dell’intervista variano in relazione ai diversi modelli epistemologici. L’intervista qualitativa è flessibile. Ciò indica che è uno strumento aperto, modellabile nel corso dell’interazione, adattabile ai diversi contesti empirici e alle differenti personalità degli intervistati. Qui di seguito un accenno delle principali tipologie di approccio.
La filosofia fenomenologica di Husserl e Merlau-Ponty descrive e analizza la coscienza con attenzione all’esperienza del soggetto, mettendo da parte la preconoscenza dell’argomento da parte dell’interpretatore, e in questo approccio, nell’intervista vengono cercati gli elementi invarianti ed essenziali del testo proposti dall’intervistato. Nella tradizione ermeneutica (Gadamer & Ricoeur) vi è enfasi sulla interpretazione della molteplicità dei significati del testo.
Nell’epistemologia positivista le considerazioni scientifiche si basano su fatti osservabili; l’osservazione dei fatti e la loro interpretazione sono due processi separati. Le affermazioni scientifiche devono essere neutrali e differenziate dai valori; la scienza prescinde dall’etica e dalla politica. Ogni influenza del ricercatore, in quanto persona, va ridotta o eliminata. Nel ricorso all’intervista l’attenzione di tale approccio è alla trasparenza delle procedure di ricerca e di controllo al fine di evitare distorsioni dovute alla soggettività e a posizionamenti ideologici.
Nell’approccio positivista postmoderno il materiale testuale delle interviste è considerato quale “costruzione” della conoscenza. Con il declino di una visione universalistica della conoscenza, quest’ultima, generata dalle interviste, trova riconoscimento nell’approccio discorsivo, narrativo e linguistico. L’attenzione a processi quotidiani, e ai contesti locali trova riconoscimento. L’intervista fornisce l’accesso alle narrative locali inscritte nelle storie e apre al discorso e alla negoziazione dei discorsi sui significati del mondo vivente (Kvale, 2007, p. 21).
Da quanto evidenziato sembra chiaro che l’intervista qualitativa non può essere definita una semplice tecnica per la raccolta delle informazioni. Essa è un processo di interazione fra due persone. Per questa ragione, condurre un’intervista non è affatto semplice: la flessibilità che la caratterizza rende complessa l’individuazione di norme generali per una corretta conduzione.
In ogni caso, è possibile individuare delle linee guida a carattere generale riassumibili in 10 punti (Corbetta, 1999):
“L’intervista possiede una sequenza di fasi derivata dalla conversazione quotidiana.
- La fase di apertura serve a conoscersi. La comunicazione quotidiana casuale (small talk) di questa fase, su degli argomenti banali come il tempo, è importantissima per creare un’atmosfera favorevole all’intervista e per ridurre la tensione che il colloquio formale, probabilmente, potrebbe provocare. Nello stesso tempo questi preliminari contribuiscono alle informazioni contestuali che l’intervistatore raccoglie costantemente al di là del contenuto comunicato.
- L’intervista propria comincia con la fase d’orientamento, che è fondamentale per la buona riuscita di tutta l’intervista e che nello stesso tempo gestisce gli scambi tra conversazione quotidiana e intervista. L’intervistatore deve spiegare l’obiettivo e il contesto dell’intervista e sulla base di queste informazioni deve negoziare un contratto di cooperazione condiviso e accettato dall’intervistato. Il contratto di cooperazione può essere accettato implicitamente oppure – come accade spesso nel caso di una ricerca – documentato in una forma scritta. Le caratteristiche importanti sono: obiettivo e utilizzo dell’intervista – questo è importante anche per la conquista della motivazione e della disponibilità dell’intervistato; modo di comunicazione e durata dell’intervista; consenso per la registrazione su nastro; condizioni della privacy. È importante che tutto questo sia comunicato all’intervistato nel suo linguaggio e al suo livello (un esempio: Con degli anziani in una casa di riposo sarà difficile comunicare le condizioni della privacy e farsele firmare).
- Nella fase di realizzazione l’intervistatore ha il compito di presentare i temi dell’intervista l’uno dopo l’altro secondo il metodo d’intervista scelto, di porre delle domande, di ripetere la richiesta in caso di mancata chiarezza. Allo stesso tempo è responsabile dell’atmosfera favorevole della conversazione. È specialmente importante raggiungere il livello del colloquio profondo senza evitare confronti necessari e domande delicate ma allo stesso tempo senza provocare crisi nel dialogo che blocchino la comunicazione o provochino la fine precoce dell’intervista. Il compito dell’intervistato è quello di rispondere in modo cooperativo e sincero corrispondente al contratto di cooperazione. Naturalmente l’intervistato deve avere sempre il diritto di non rispondere se una domanda gli sembra troppo intima o se vuole mantenere un segreto.
La fase di bilancio serve alla valutazione dell’intervista. All’intervistato è chiesto di raccontare come ha vissuto l’intervista. Inoltre questa è l’occasione per discutere le possibili conseguenze dell’intervista, un aspetto particolarmente importante nel caso di un’intervista diagnostica.
- Nella fase di chiusura si ritorna alla conversazione quotidiana. Adesso, quando la registrazione su nastro è terminata, spesso l’intervistato sente il bisogno di fare ancora dei commenti spontanei molto importanti per l’interpretazione dell’intervista stessa. Nel caso di un’intervista di ricerca, a questo punto, si presenta l’occasione di raccogliere dei dati socio-demografici per mezzo di un breve questionario. Il contatto finisce con i saluti” (Legewie, 2006).
A seconda del diverso grado di flessibilità , è possibile distinguere tra:
intervista strutturata, intervista semi-strutturata, intervista non strutturata (narrativa).
In ogni caso necessita assumere decisioni preliminari in merito alla procedura per la realizzazione di interviste.
a) Definire scopi della ricerca, disegno di ricerca e tipologie di intervista da effettuare.
b) Effettuare le interviste programmate.
c) Trascrivere: decidere in quale modo passare dalla lingua parlata a quella scritta. Che significa fedeltà e completezza di trascrizione?
d) Analizzare i materiali testuali: Come? Con quale metodologia?
e) Verificare la reliability (attendibilità ) della trascrizione e la validità dell’intervista: far effettuare la memorizzazione e trascrizione a 2 distinti operatori ed effettuare la discussione della stessa nel team di ricerca (le interviste rispondono agli obiettivi dati?).
f) Redigere il rapporto, articolo, relazione etc., per comunicare i risultati.
L’intervista strutturata prevede un insieme fisso e ordinato di domande aperte che vengono sottoposte a tutti gli intervistati nella stessa formulazione e nella stessa sequenza.
L’intervista strutturata è la più rigida dei tre tipi: anche se le domande non vincolano l’intervistato, il fatto di essere poste a tutti nello stesso ordine rende l’intervista poco flessibile e adattabile alla specifica situazione. Da questo punto di vista essa rappresenta una sorta di mediazione tra l’approccio quantitativo e l’approccio qualitativo, uno strumento “ibrido” che raccoglie informazioni, da un lato, in modo standardizzato (le domande) e, dall’altro, in modo aperto e destrutturato (le risposte).
Inoltre, spesso, il materiale raccolto viene trattato in modo da poter essere inserito in una matrice dati.
Questa sua ambivalenza fa sì che l’intervista strutturata possa essere utilizzata quando si vuol procedere in modo standardizzato ma nello stesso tempo la conoscenza limitata del fenomeno non consente l’utilizzo di un questionario esclusivamente a risposte chiuse.
L’intervista semi-strutturata prevede una griglia che riferisce gli argomenti che obbligatoriamente devono essere affrontati durante l’intervista. Essa può essere organizzata in un elenco di argomenti o in una sequenza di domande a carattere generale.
Sebbene sia presente una traccia fissa e comune per tutti, la conduzione dell’intervista può mutare sulla base delle risposte date dall’intervistato e sulla base della singola situazione. L’intervistatore, difatti, non può affrontare temi non previsti dalla traccia ma, a differenza di quanto accade nell’intervista strutturata, può sviluppare alcuni argomenti che sorgono spontaneamente nel corso dell’intervista qualora ritenga che tali argomenti siano giovevoli alla comprensione del partecipante. Può succedere, ad esempio, che l’intervistato anticipi alcune risposte e quindi l’intervistatore può dover cambiare l’ordine delle domande.
In sintesi, la griglia costituisce una sorta di confine entro il quale l’intervistato e l’intervistatore hanno libertà di movimento consentendo a quest’ultimo di trattare ogni argomento necessario ai fini conoscitivi. L’intervista semi-strutturata è un modo particolare di condurre un’intervista ed è quindi uno strumento di rilevazione dati.
Costruire in precedenza una griglia per l’intervista ci assicura di affrontare, durante l’intervista, tutti i temi che si vogliono esplorare.
Quando arriva il momento in cui dobbiamo condurre la nostra intervista, è necessario avere ben chiaro il vero obiettivo della ricerca all’interno della quale si è inseriti.
Il momento in cui viene contattato il nostro partecipante è molto importante e già lì si può iniziare a metterlo a proprio agio.
In che modo?
Ad esempio facendo scegliere a lui il luogo e l’ora del nostro incontro “Dove vuole che ci vediamo? Verso quale ora preferisce?“.
Inoltre è importante la trasparenza: è necessario dire alla persona quali sono i tempi utili per l’intervista ed eventualmente, con molta semplicità , anticipare l’obiettivo della ricerca.
La particolarità dell’intervista non strutturata, detta anche in profondità , libera o ermeneutica, è costituita dall’individualità degli argomenti e dall’itinerario dell’intervista. In questa forma di intervista, precisamente, il contenuto delle domande non è prefissato ma varia da partecipante a partecipante; l’unico fattore stabilito è il tema generale. Gli altri argomenti, connessi a quello generale, affiorano spontaneamente nel corso dell’intervista.
L’intervistatore ha il compito di presentare i temi del colloquio lasciando che l’intervistato, tenendo saldo l’iniziativa della conversazione, esponga il suo punto di vista. L’intervistatore deve, inoltre, far sì che la conversazione non si orienti su argomenti scarsamente importanti ma quando, invece, accenna ad argomenti ritenuti degni di attenzione per la ricerca, egli può incoraggiarlo ad approfondirli.
In questo modo, dato un tema generale, ogni intervista diventa unica nei contenuti, nei tempi di durata e nel tipo di relazione che si stabilisce tra intervistato ed intervistatore.
“Quanto più l’intervista è aperta, tanto più spazio dà all’espressione dell’individualità e spontaneità dell’intervistato. Un’intervista strutturata per mezzo di una griglia invece è di aiuto alla comparazione di numerosi individui e permette di porre delle domande secondo gli interessi specifici dell’intervistatore” (Legewie, 2006).
L’intervista narrativa focalizzata è un esempio d’intervista che combina la massima apertura nella prima parte con i vantaggi di una griglia d’intervista. Si tratta d’una forma d’intervista di grande importanza teorica e pratica.
Con l’intervista narrativa focalizzata il riferimento metodologico per l’organizzazione del contesto dell’intervista, le modalità della realizzazione e le finalità della stessa va a Legewie (2006) che distingue una parte iniziale aperta e una successiva con griglia, ma è stato ulteriormente definito da Arcidiacono (2010). Quest’ultima, invece mantiene, nell’ambito dell’intera intervista, la possibilità di apertura e pone massima attenzione nella costruzione della guida all’intervista e nella formazione degli intervistatori.
Si tratta d’interviste che nella loro organizzazione rispondono ai criteri dell’intervista qualitativa non strutturata, ma in realtà la loro realizzazione richiede di tenere conto anche della procedura che si attua per l’intervista semi-strutturata.
Particolare attenzione è rivolta alla creazione di un agire comunicativo, alla creazione di un contesto di fiducia verso l’intervistatore.
L’intervistatore deve essere in grado di mostrare la validità e l’utilità del suo lavoro e deve essere in grado di mostrare il proprio rispetto verso l’intervistato e quanto quest’ultimo espliciterà . In tal senso molta attenzione è posta a come avviene il contatto, agli accordi preliminari in base ai quali si svolgerà l’intervista; l’intervistato deve avere consapevolezza che la sua intervista e quanto dirà ha valore e sarà utilizzato in un processo di ricerca serio e affidabile. Pertanto, prima ancora di realizzare l’intervista, l’attenzione va posta a creare le condizioni per l’intervista.
Si tratta di dare corpo a quello che, Nell’agire comunicativo, Habermas definisce “l’ideale di un discorso libero dal dominio e l’ideale di una convivenza umana affabile”: al posto della manipolazione i soggetti cercano di realizzare i loro fini e di risolvere i loro conflitti sulla base di un’intesa reciproca e di un consenso libero fondato sulla razionalità dell’argomento e sulle norme sociali consentite. L’intendersi secondo Habermas è un concetto regolativo, conosciuto istintivamente da ciascuno in momenti di comunicazione quotidiana riuscita. L’intesa non esclude i conflitti, ma ci dà le forme umane per risolverli” (Legewie, 2006).
Abbiamo voluto chiamare questa modalità d’intervista “narrativa focalizzata“, per esplicitare l’attenzione alla produzione spontanea di contenuti, emozioni e cognizioni da parte dell’intervistato. Allo stesso tempo, molta attenzione dell’intervistatore deve essere data a reperire informazioni proprio in quello che è il suo ambito d’indagine in relazione agli scopi della ricerca.
A tal fine, l’area da esplorare viene definita in relazione a domande aperte o non affrontate dalla letteratura, a dilemmi e interrogativi che muovono un più complesso piano di ricerca. Pertanto la prima fase costituisce la costruzione della guida all’intervista e l’addestramento degli intervistatori. Poiché, tuttavia, non si tratta di apprendere le domande da somministrare, quanto piuttosto avere consapevolezza dei dilemmi, problemi, aree critiche che l’intervista può colmare, alcuni autori più che di griglia d’intervista (grid) preferiscono parlare di protocollo d’intervista, o ancora di guida (guide) all’intervista. In questo senso l’intervistatore è sensibilizzato a ciò di cui non si sa ed invitato ad esplorare il tema con l’intervistato. In tal senso le domande ipotizzate hanno solo il senso di esplicitare le aree da conoscere e la formulazione quanto più chiara possibile degli interrogativi.
Nell’ambito di processi di ricerca partecipati, spesso alcuni degli intervistati, o rappresentanti degli intervistati sono invitati a partecipare agli incontri preliminari di costruzione delle interviste e se possibile anche a proporre abitanti, cittadini, colleghi, conoscenze che, a loro parere, possono avere contenuti interessanti per sviluppare il tema oggetto d’indagine.
Vengono pertanto previsti momenti preliminari di costruzione del protocollo d’intervista.
Il protocollo d’intervista viene ridiscusso con gruppi attivi, associazioni etc.
Molta attenzione è data alla formazione degli intervistatori all’intervista. Si comprende pertanto che necessita sia una competenza alla somministrazione di interviste semi-strutturate, quanto anche una conoscenza specifica dell’intervista in programma: obiettivi, dilemmi, aree critiche attese, etc.
La realizzazione d’interviste narrative focalizzate chiede l’attiva partecipazione dell’intervistatore al processo di ricerca.
A tal fine necessita:
In contrasto con la maggioranza delle conversazioni quotidiane l’intervista finita richiede una post-fase di riflessione. Il primo passo sarebbe la documentazione di un appunto sul contesto, che contenga le condizioni del contatto, del luogo, della data, della situazione e del percorso in cui l’intervista si è svolta, ma anche le impressioni ed le emozioni significative riportate dall’intervistatore, le sue difficoltà e tensioni. L’appunto sul contesto fornisce degli spunti indispensabili per l’interpretazione dell’intervista.
“I tipi dell’agire sociale habermasiani ci aiutano a definire delle norme per l’agire nell’intervista. Nell’interrogatorio l’interrogante agirà in un modo implicitamente e spesso esplicitamente strategico per dimostrare la colpevolezza mentre l’interrogato risponderà in modo implicitamente strategico per evitare la dimostrazione della sua colpevolezza. L’intervista invece è, o dovrebbe essere, basata sul consenso reciproco delle parti. Per ragioni etiche e funzionali, la norma dell’intervista è l’agire comunicativo. Qui si vede l’importanza fondamentale della motivazione dell’intervistato all’intervista e del contratto di cooperazione accettato dall’intervistato, secondo quanto ho spiegato prima. Il grado dell’agire comunicativo e dell’intesa reciproca in un’intervista reale dipende da precondizioni strutturali e personali, che devono essere realizzate dalle parti per rendere possibile un’intesa reciproca. Certo un’intervista attitudinale o un’intervista per una perizia forense non forniscono delle precondizioni ideali dell’agire comunicativo” (Legewie, 2006).
Ecco uno schema di valutazione derivato dalla teoria habermasiana:
“Capacità di cotà municare delle parti?
(linguaggio, capacicognitive, personalità )
Mondo sociale condiviso?
Relazioni di potere e interessi particolari?
(Partecipazione volontaria, rapporto di dipendenza)
Stima reciproca?
Motivazione all’intervista?
(contratto di cooperazione)”
(Legewie, 1996).
“Le precondizioni strutturali e personali di un’intesa reciproca però non possono da sé garantire la validità interna delle informazioni fornite dall’intervista” (Legewie, 2006). L’autore fa riferimento alle pretese di validità dell’agire comunicativo che valgono per tutte le forme non manipolative di conversazione o patologiche incluso l’intervista. “Questo fatto le qualifica per una valutazione della validità interna delle informazioni fornite dall’intervistato (Legewie, 1987). L’approccio in fondo è molto semplice: quello che facciamo implicitamente nelle conversazioni quotidiane, cioè valutare le espressioni dell’altro riguardo la loro comprensibilità , verità , sincerità e giustezza, nella valutazione interna di un’intervista lo si fa in modo esplicito e sistematico.
(Legewie, 2006).
Nel preparare un intervista vanno sviluppate le domande di ricerca, ovvero gli interrogativi aperti dall’esame della letteratura e dalla conoscenza del campo.
Allo stesso tempo, per facilitare l’intervistatore, vanno sviluppate domande facili e immediate che trasferiscono gli interrogativi di ricerca nel linguaggio parlato. Tale esigenza richiede un’accurata formazione dell’intervistatore.
Esempio:
Domanda di ricerca: II Area: Conoscere il Rapporto dell’intervistato con gli immigrati
Domande dell’intervistatore:
In riferimento alla sua esperienza, come definirebbe il rapporto con gli immigrati di questo quartiere? Secondo lei quali sono i motivi per cui lei ricorda questa peculiarità /caratteristica?
Mi racconta come è nato questo rapporto? Quali sono le peculiari difficoltà /vantaggi di cui lei racconta? Cosa proporrebbe per migliorare questo rapporto?
Domanda di ricerca III Area: Approfondire il rapporto del gruppo di appartenenza dell’intervistato con gli immigrati
Domande dell’intervistatore:
Le persone che vivono con lei che idea hanno delle persone immigrate? Quali sono gli episodi che raccontano? Ci sono degli aspetti che li hanno particolarmente affascinati? Ci sono degli aspetti più difficili da accettare? I suoi conviventi utilizzano particolari espressioni o parole per descrivere gli immigrati del suo quartiere? Ricorda un episodio in particolare di buon accoglienza/rifiuto del “gruppo altro”?
Quando parliamo di interviste non strutturate al fine di comprendere le modalità di conduzione di un’intervista, è più opportuno distinguere tra intervista narrativa e intervista narrativa focalizzata.
Intervista narrativa
Rientra in questa categoria ogni tipo di intervista volto a rilevare l’esperienza dell’intervistato nei modi e nelle forme che quest’ultimo ritiene più opportuno. Si tratta in genere di un approccio teso a raccogliere un’esperienza di vita che ha il carattere dell’unicità . All’intervistatore è richiesto in questi casi di accompagnare il fluire della narrazione, ma non vi è un interesse specifico per una determinata area di esperienza.
In questi casi l’intervistatore non ha infatti il compito d’indagare un’area specifica dell’esperienza dell’intervistato. Rientrano in questa categoria le interviste biografiche; le interviste in cui all’intervistato viene fornito un unico stimolo di riflessione lasciandogli ogni libertà di approfondire il tema in relazione alla propria esperienza, formazione e finalità .
Il modello di riferimento si basa sulle indicazioni di diversi autori quali ad esempio Atkinson, etc.
Varie sono le resistenze in cui si può incorrere per condurre un’intervista. Va detto che le resistenze non sono omogenee e non solo variano da persona a persona ma anche da area culturale ad area culturale. Per esempio, il registratore ha fatto certe volte problemi, è diventato oggetto di un’interazione ad hoc tra chi raccoglie l’intervista e l’intervistato, perché l’intervistatore è un po’ come se rappresentasse la comunità sociale. In particolare se si fa un’intervista come istituzione universitaria immediatamente l’intervistato non parla solo al suo interlocutore ma a tutti gli interlocutori invisibili che stanno dietro di lui. Quindi l’intervistatore sa di non rappresentare solo se stesso, perciò le resistenze nei confronti del registratore devono essere gestite ogni volta con una specifica decisione a seconda dell’interlocutore.
- Confrontational interview (intervista di confronto): qui non vanno sviluppate ed utilizzate capacità comunicative, bensì la capacità di porre domande in aree critiche e allo stesso tempo la capacità di controbattere e negoziare significati condivisi; sono queste le competenze necessarie per questa forma d’interazione conoscitiva.
- Intervista con esperti e leader: è importante avere una buona conoscenza degli argomenti da trattare ed essere in grado di porre domande pertinenti.
- Interviste interculturali: Attenzioni alle barriere linguistiche, di significati, di modalità d’interazione.
- Interviste con bambini: possibilmente in contesti naturali; evitare che l’intervistatore sia assimilato ad un maestro e l’intervista ad un interrogazione scolastica; o ancora ad una richiesta genitoriale di documentazione e controllo.
Prima di avviare il registratore, ci sono delle regole deontologiche che un intervistatore, un ricercatore deve rispettare.
In tutti i casi in cui si vogliano utilizzare dati ottenuti in una ricerca (per esempio video o audio registrazioni, risposte a questionari o a interviste etc.), è necessario ottenere il consenso delle persone che vi hanno partecipato, che devono, inoltre, essere informate in modo corretto e per loro comprensibile su tutti gli aspetti della ricerca che potrebbero indurle a ritirare il consenso. Deve anche essere chiaro il nome, l’eventuale istituzione di appartenenza e lo status scientifico e professionale di chi effettua la ricerca.
Chi partecipa alla ricerca deve essere esplicitamente informato della libertà di ritirarsi in ogni momento. A queste regole sono ammesse delle eccezioni.
Quando una persona non è in grado di esprimere il consenso, esso va richiesto a chi ne ha la responsabilità (per neonati/e e per bambini/e ai genitori; per scolari/e e studenti/esse, nel caso in cui la ricerca si svolga in ambiente scolastico, alle autorità scolastiche; per i soggetti con handicap psichico e in generale per i/le pazienti non in grado di dare il consenso, esso va chiesto a chi ne ha la responsabilità legale, e alle figure professionali che li hanno in cura, siano esse di ambito medico o psicologico). Nel caso di minori in grado di comprendere la richiesta di collaborazione, occorre un doppio consenso: del/la minore e di chi ne ha la responsabilità .
Chi conduce la ricerca deve comunque informare esaurientemente i/le partecipanti alla fine della prova o, in casi particolari, alla fine della raccolta dei dati, e ottenere il consenso informato all’utilizzazione dei dati stessi. Quando non è possibile, per ragioni tecniche, fornire le informazioni immediatamente dopo la prova, occorre contattare la persona alla fine della ricerca per fornire, eventualmente anche per iscritto, un’adeguata informazione.
Il colloquio di chiarimento e di rassicurazione alla fine della prova (o della ricerca) non deve riguardare solo la descrizione degli aspetti della ricerca su cui la persona è stata eventualmente “ingannata”, ma deve anche proporsi i seguenti scopi:
a) ripristinare il suo stato di umore e di autostima precedente;
b) dare informazioni aggiuntive (anche estranee al progetto della ricerca) su aspetti di interesse del/della partecipante;
c) eliminare eventuali idee scorrette che la persona si sia fatta sulla ricerca o su se stessa, indipendentemente dalle richieste reali della ricerca.
Chi fa ricerca deve tenere conto anche dell’esistenza di differenze culturali e individuali.
A chi partecipa alla ricerca deve essere sempre garantita la possibilità dell’anonimato.
Quando i dati vengono presentati in sedi scientifiche o in altri contesti, deve comunque essere garantita la non riconoscibilità personale di chi partecipa alla ricerca. Nei casi particolari in cui questo non sia possibile, deve essere ottenuto il consenso di chi abbia partecipato alla ricerca per quanto attiene ai prevedibili usi e alla diffusione dei dati che lo/la riguardano.
Chi svolge la ricerca è responsabile del trattamento ricevuto da coloro che vi partecipano (persone o animali che siano) da parte delle persone che collaborano ad essa (ad esempio, studenti/esse, laureandi/e, tirocinanti, tecnici di laboratorio o altre figure professionali).
Affinché un’intervista vada a buon fine è necessario colmare con la relazione lo spazio vuoto che si crea tra intervistato e intervistatore.
È necessario rivolgerci con il nostro partecipante in terza persona e quindi rivolgendogli del “lei”. Solo se ci si trova con un coetaneo si può chiedere di dare del tu “vedo che siamo coetanei, le dispiace se ci diamo del tu?“.
È necessario apprendere a non formulare più domande contemporaneamente.
Le risposte “si/no” non devono esistere in quanto è necessario cogliere il flusso del pensiero e quindi con tali risposte è necessario inserire sempre la domanda “in che senso?“.
Il “perché?” non si usa mai poiché potremmo trasmettere che l’intervistato è in una condizione di valutazione e quindi si potrebbero utilizzare domande del tipo “Ci può dire qualcosa in più su tale questione?“.
Quando si conduce un’intervista è utile assumere l’atteggiamento del ricercatore, cioè incuriosirsi a ciò che si sta facendo. Non lasciare risposte in sospeso.
Tra intervistato e intervistatore vi è una relazione simmetrica in quanto l’intervistato ha il potere nella conduzione dell’intervista a sua volta l’intervistato ha il potere di scegliere di volere o meno rispondere alla domanda che gli viene posta.
Difficoltà a seguire il pensiero dell’intervistato.
Fermarsi alla prima risposta che l’intervistato fornisce senza eventualmente approfondirla.
Porre più domande contemporaneamente.
Non invitare l’intervistato a dare risposte che possono essere una conferma di quanto si sta pensando (…i tuoi ricordi sono tutti piacevoli…per te non sarebbe una grande fatica lasciare questo quartiere…quindi non hai un progetto per il futuro?).
In genere l’intervista viene registrata. In un secondo tempo, l’intervistatore provvede a trascriverla integralmente, parola per parola, mantenendo immutata l’intera esecuzione dell’intervista poiché ogni intervento sul testo riportato è di per sé una traduzione del testo.
Esistono criteri di trascrizione condivisi per registrare anche la dimensione non verbale della conversazione:
Al termine dell’intervista c’è un piccolo spazio (small talk) in cui l’intervistato, a registratore spento, si sente sollevato dal compito del raccontare, si sente liberato dalla presenza della comunità esterna che è rappresentata dal registratore e si può immaginare che dia libero sfogo a quello che è stato un suo vissuto di quell’intervista o, in altre parole, una ricapitolazione dell’intervista. Questo small talk può consentire di ritornare su alcuni elementi: questo è il momento di chiedere qualcosa. Se l’intervistato riprende questi temi specifici che gli domandiamo ciò vuol dire che verso la figura dell’intervistatore c’era una certa diffidenza, cioè non era stato solo individuato come un ascoltatore, aveva mantenuto un confine tra intervistato e intervistatore. Va tenuto conto, sostiene Schütze, che molte volte sulla storia del registratore c’è una specie di costruzione mentale da parte dell’intervistato, nel senso che molte volte questo diventa un po’ un rituale di dire “si mi piacerebbe che non ci fosse il registratore, capisco che da parte sua è fondamentale averlo“, ma in realtà è stato poi individuato il fatto che quando la relazione funziona che ci sia o no il registratore è poco rilevante.
Subito dopo la fine dell’intervista è opportuno redigere un piccolo diario della propria esperienza che da conto dello svolgimento dell’interazione dal punto di vista proprio del sistema di rilevanza dell’intervistatore e non dell’intervistato.
In altre parole, che cosa è avvenuto di significativo in quell’intervista, dove l’intervistatore ha percepito un punto di rottura nel racconto e allo stesso tempo, dove l’intervistatore è maggiormente entrato in risonanza o eventualmente in contrapposizione con l’intervistato.
In sintesi possiamo dire che l’intervista qualitativa è “una conversazione provocata dall’intervistatore, avente finalità di tipo conoscitivo, guidata dall’intervistatore, sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione” (Corbetta, 1999).
Le interviste qualitative sono, dunque, conversazioni “estese” tra l’intervistatore e l’intervistato, durante le quali il primo cerca di ottenere informazioni quanto più dettagliate e approfondite sul tema della ricerca. Al pari delle altre tecniche qualitative, l’obiettivo primario dell’intervista è accedere alla prospettiva del partecipante, cogliendo le sue categorie concettuali, le sue interpretazioni della realtà e i motivi delle sue azioni.
L’intervista, rivolta a persone individuate rispetto ad un piano di rilevazione, è guidata dall’intervistatore sulla base di una griglia. La conversazione tra le parti non è paragonabile ad una normale conversazione perché in questo caso i ruoli degli interlocutori non sono bilanciati: l’intervistatore guida e controlla l’intervista rispettando sempre la libertà dell’intervistato di raccontare il proprio pensiero.
Infine, le domande che l’intervistatore pone sono finalizzate a spingere l’intervistato verso l’osservazione critica di sé e del proprio agire e ad esplicitare gli esiti di questa riflessione.
Per tali motivi ogni fase dell’intervista non è occasionale, non lo è l’evento, l’intervistato, il tema dell’intervista.
Analisi del contenuto
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2. Gli autori e i modelli di riferimento in psicologia di comunitÃ...
3. Il modello di Murrell e l'intervento
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5. Psicologia di comunità critica e modelli ecologici di Prillelt...
6. Empowerment
7. Legami di comunità , partecipazione, capitale sociale sostegno,...
8. Intervento e metodi: Gruppo di lavoro – Lavoro di gruppo
9. Swot Analysis e Future Lab's
11. Metodi e profili di comunitÃ
12. Fotodialogo, photovoice e mostre civiche
13. Analisi Organizzativa Multidimensionale (AOM)
14. Costruzione, realizzazione e valutazione di un progetto
15. I paradigmi della ricerca: dalla ricerca sperimentale alla rice...
16. I metodi QUAL- QUANT e i Disegni di ricerca
17. Quadro di riferimento e procedura di ricerca
18. Ricerca-Azione
19. Il contributo dell'approccio etnografico/narrativo e della psic...
20. Osservazione ecologica: agire ed essere nei contesti
21. Il ricercatore, la comunicazione e l'intervista (semi-struttura...
Arcidiacono, C. (2010). Metodi e strumenti della ricerca partecipata. (in progress).
Atkinson, R. (2002). L'intervista narrativa. R. Cortina Editore.
Calvi, E. & Gulotta, G. (1999). Il codice deontologico degli psicologi: Commentato articolo per articolo. Giuffrè Editore.
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