Quella della Francia del 1789 è una nazione politica: essa emerge all’interno di uno Stato indipendente e strutturato.
Il caso francese è destinato a fare molti proseliti. Nel corso dell’Ottocento, il linguaggio della nazione si diffonde a macchia d’olio, diventando un vero e proprio passepartout, fatto proprio da èlites politiche e sociali e in grado di mobilitare intere popolazioni.
Ma simili processi si differenziano da quelli visti in Francia, perché avvengono soprattutto in quei territori e fra quei popoli che, a differenza della Francia, non hanno indipendenza politica.
Sono le NAZIONI SENZA STATO.
Letture:
Guy Hermet, Nazioni e nazionalismi in Europa, il Mulino 1997
Benedict Anderson, Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, Manifestolibri 1996
E.J. Hobsbawm, Nazioni e nazionalismi, Einaudi 1991
Mancando una struttura politico-istituzionale e un territorio segnato da confini, la nazione senza Stato non si fonda (come nel caso francese) sulla sovranità politica e sui diritti di cittadinanza ma piuttosto sui caratteri etnici e culturali di quel popolo.
Le nazioni senza Stato non sono nazioni politiche ma NAZIONI ETNOCULTURALI.
Il nazionalismo dei popoli senza Stato esalta i legami culturali, storici, genetici di una comunità nazionale. La nazione è la discendenza comune. E’ la catena genealogica che lega tra loro le generazioni. E’ lo jus sanguinis: l’appartenenza deriva dalla discendenza e non, come nella nazione politica francese, dalla residenza (jus soli).
Come in Francia, peraltro, il nazionalismo dei popoli senza Stato è un linguaggio che viene utilizzato da èlites sociali desiderose di cambiare lo status quo e che serve a mobilitare le popolazioni in vista di un programma politico, il quale è in genere la formazione di uno Stato indipendente.
Le nazioni senza Stato hanno caratteristiche multiformi. Qui si segnalano due situazioni ricorrenti:
Nel primo caso, sarà più facile raggiungere l’obiettivo dell’unificazione e dell’indipendenza nazionale (vd. l’Italia e la Germania).
Nel secondo caso, sarà un’evenienza rara: l’indipendenza della Serbia (1878) e della Romania (1881) avviene, non a caso, a scapito del più debole degli imperi, l’Impero Ottomano.
Il processo di costruzione dello Stato italiano e dello Stato tedesco si fonda su linguaggi nazionali di tipo etno-culturale, che si diffondono, nei decenni precedenti alla doppia unificazione, ad opera di élites politiche e culturali.
Nell’Italia pre-unitaria, le opere più lette e più amate dai giovani (quelle di Manzoni, Berchet, Leopardi, Pellico, Verdi, Niccolini ecc.) divulgheranno un’idea di nazione etnica e culturale, che si fonda sulla discendenza genealogica, la fratellanza, la difesa dell’onore femminile, l’eroismo, il ripudio dello straniero.
Nella Germania pre-unitaria, la cultura nazionale verrà diffusa da associazioni (club musicali, letterari, sportivi, studenteschi), da commemorazioni patriottiche (la battaglia di Lipsia del 1813), dagli istituti scolastici, ecc.
Letture:
A. M. Banti, La nazione del Risorgimento, Einaudi, 2000
John Breully, La formazione dello stato nazionale tedesco (1800-1871), Il Mulino 2004
Al tempo stesso, la costruzione dell’Italia e della Germania avviene attraverso l’iniziativa politica, diplomatica e militare di due Stati, la Prussia degli Hohenzollern e il Piemonte dei Savoia.
Ma i percorsi sono diversi, e diversi saranno gli Stati-nazione che, su queste basi, prenderanno forma:
Nell’Europa centro-orientale, la presenza degli imperi impedisce la formazione di Stati compatti di tipo occidentale: Boemia, Polonia, Croazia, la stessa Ungheria sono incapsulate in imperi multinazionali.
Il nazionalismo non può identificarsi con lo Stato (come in Francia), né ha uno Stato-guida cui appoggiarsi (come in Italia e Germania): l’essere all’interno di imperi e sotto governi stranieri, anzi, porta questo nazionalismo a lottare contro lo Stato.
La struttura sociale è troppo spaccata tra élites (nobiltà agraria) e masse (contadini servi) perché possa diffondersi un linguaggio nazionale.
Il territorio è multietnico e multilinguistico: nell’area polacca vivono anche lituani, ucraini, bielorussi, russi, tedeschi; nell’area ungherese, rumeni, slovacchi, croati, tedeschi, eccetera.
In questa situazione, le nazioni senza Stato non possono che sviluppare un nazionalismo comunitario, etnoculturale, genealogico. Le élites cercano di mobilitare i contadini, divulgando l’idea di un’origine comune, il senso di una missione nazionale civilizzatrice, i miti etnici (gli slavi liberi e pacifici, ad esempio). Talvolta al “risveglio” delle masse coopera il clero, ben presente nelle comunità contadine: è quanto fa la Chiesa ortodossa nei Balcani.
Ma questo nazionalismo non riesce a conseguire successi significativi, data la debolezza delle élites nazionali che lo promuovono e data la forza politico-militare degli imperi.
Le nazioni senza Stato dell’Europa centro-orientale otterranno l’indipendenza soltanto alla fine della Prima Guerra Mondiale, quando gli Alleati le useranno per scardinare gli Imperi.
Basta confrontare una carta d’Europa nel 1815 e una carta d’Europa nel 1914 per rendersi conto della forza che ha, nel XIX secolo, l’idea di nazione e i progetti geopolitici costruiti in nome della nazione. Quello che era un continente diviso tra quattro grandi potenze e molte unità politiche di modesta dimensione, è diventato, nel centro-ovest e nell’area balcanica, il continente degli Stati-nazione. Restano in piedi, nel centro-est, gli imperi degli Ottomani, degli Asburgo e dei Romanov.
Tendenze. La diffusione della nazione: Nation-building
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23. Colonialismo, imperialismo e Asia
24. La Cina, il Giappone e l'Occidente
25. L'Italia liberale fino alla crisi di fine secolo
27. Gli eventi tra Otto e Novecento: Francia e Gran Bretagna
28. L'Europa di lingua tedesca
29. La Russia parlamentare e rivoluzionaria
30. I blocchi contrapposti e il riarmo
31. 1914
Guy Hermet, Nazioni e nazionalismi in Europa, il Mulino 1997
Benedict Anderson, Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, Manifestolibri 1996
E.J. Hobsbawm, Nazioni e nazionalismi, Einaudi 1991
A. M. Banti, La nazione del Risorgimento, Einaudi, 2000
John Breully, La formazione dello stato nazionale tedesco (1800-1871), Il Mulino 2004