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Fabrizio Lomonaco » 3.Da Garin a Piovani: le Osservazioni preliminari a una Storia della filosofia


Gobetti e le obiezioni all’idealismo: la concezione storica della storia della filosofia

Nel 1959, quando pubblica le Osservazioni preliminari a una storia della filosofia (nel «Giornale Critico della Filosofia Italiana»), Garin ritorna sui caratteri di autentico filosofare che deve avere la storia, condividendo le obiezioni rivolte, nel 1922, agli idealisti da Piero Gobetti, una delle fonti della sua concezione storica della storia della filosofia. E con lo studioso piemontese ricorda le tesi dell’Abbagnano e di Paci, cui idealmente oppone le conclusioni argomentative di un gentiliano ortodosso come Fazio-Allmayer, disinteressato alla costruzione di una storia storica della filosofia. Preoccupato di verificare la compatibilità del concetto di storia della filosofia con quello della filosofia come sapere storico, lo storico-filosofo Garin punta sull’idea di realtà e sul senso dell’esistenza nelle sue relazioni documentabili.

Gobetti. Fonte: Wikipedia

Gobetti. Fonte: Wikipedia


La tradizione aristotelica e la lezione hegeliana: il primato della logica sulla storicità

Ritorna nelle pagine del 1959 la matrice aristotelica della concezione hegeliana della storia della filosofia, ispirata metafisicamente a un sistema, a una classificazione che antepone una filosofia alla sua storia. Se Aristotele con la sua sintesi dottrinale ha bloccato per secoli lo sviluppo del sapere (perché il suo concetto di sviluppo è retto da un principio logico senza reale sviluppo), Hegel ha chiesto alla storia della filosofia una filosofia preliminare: la «filosofia dello spirito». Indifferente all’effettualità del processo filosofico, non ha approfondito la qualità storica del filosofare. Qui Garin ritorna anche sulla formula gentiliana del circolo (tra filosofia e storia della filosofia), sviluppo e integrazione della filosofia-storiografia spaventiana, radicalizzata per la costruzione del sistema.

Il confronto con Gentile e la critica del Banfi

Il confronto critico con Gentile, anche attraverso la critica del Banfi (autore, nel 1933, di un saggio su Concetto e sviluppo della storiografia filosofica) si esercita ancora sul concetto dell’unità della filosofia. Sono messe in rilievo le conseguenze negative sul senso della storicità, quando quell’unità si riduce a unicità del pensiero e il rapporto di filosofia e storia è inteso come atto filosofico. Interessante è ancora il ricorso a Cassirer (e alla sua monumentale opera dedicata al problema della conoscenza che in italiano è stata resa con il più commerciale e generico titolo di Storia della Filosofia) e alla sua consapevolezza dell’unità interna che lega i singoli contenuti di coscienza; un’unità non data, ma «creata dalla sintesi del pensiero». La storia della filosofia mantiene la relazione della filosofia con l’azione nella vita, confermando l’intranscendibilità dell’individualità degli atti. Non c’è storia astratta e totale come non c’è una storia separata e particolare. Il processo dialettico dello spirito mette capo sempre a un nuovo atto di creazione opposto a ogni predeterminato evoluzionismo.

La filosofia dopo la storia della filosofia

Garin ribadisce le proprie tesi: non una filosofia prima della storia ma la filosofia dopo la storia della filosofia. Il che gli appare confermare il senso autentico della crociana contemporaneità della storia, che è comprensione del presente, per affrontare il futuro lontano dalla storia come ‘cronaca’. La filosofia del vero storico della filosofia è la storia opposta alla struttura logica del sistema, adottata come unica misura della filosofia. Lo storico vero non costruisce la presunta “storia della verità” ridotta a sistema. La filosofia da prendere in considerazione è esame critico dei documenti, ricognizione dei temi e dei problemi che non coincide con posizioni di eclettismo in grado solo di ordinare dati senza interpretarli.

La critica di Marx a Hegel e quella di Gramsci a Croce in nome della storia reale

Garin enfatizza il valore della determinazione temporale nella comprensione dei processi e della loro validità nelle situazioni. La polemica con Hegel non trascura di sottolineare il suo contributo al problema moderno della storicità del reale. Ciò che caratterizza la posizione teorica dominante nel filosofo tedesco è la convinta subordinazione della storia alla logica, cui corrisponde il primato dello spiritualismo assoluto. Garin riprende la critica di Marx a Hegel e quella di Gramsci a Croce in nome della storia reale e contro gli esiti speculativi della dialettica. Ritornano le tesi di Hume e Marx che richiamano la questione della storia alle esigenze di idealità dei «gruppi umani». Esiste una storia delle concezioni d’insieme capaci di presentarsi come interpretazioni unitarie dell’esperienza umana tra idee e situazioni reali, attraverso l’accertamento dei documenti con la filologia-filosofia di memoria vichiana. Una delle conseguenze storiografiche del primato speculativo è il «precorrimento»; emblematico è il caso Vico, precursore dell’idealismo del secolo decimonono.

Gramsci. Fonte: Wikipedia

Gramsci. Fonte: Wikipedia


Le “ucronie” di Bréhier e l’opposizione di sistema a problema in Hartmann

Garin e il giudizio su Bréhier e le “ucronie” della storia della filosofia: le essenze del pensiero come modi di condensazione spirituale della durata. Esemplificativo è il giudizio sul platonismo, preferito a Platone nella celebrazione della storia della filosofia come storia delle essenze alla luce dei già rilevati limiti della storiografia del Gilson.
Garin esamina, poi, le tesi di Hartmann che contribuiscono alla svalutazione del sistema in storia della filosofia. Elogiandone l’impegno a mostrare ciò che contiene il termine filosofia e a formulare modelli interpretativi, Garin individua il limite di Hartmann – che pure coglie il nesso tra uomini, cose e idee – nell’opporre sistema a problema e nel rischio di una definizione della verità come intuizione. Anche in questo caso, tra i compiti dello storico emerge quello di intervenire sui rischi della soprastoricità del conoscere. Ancora di Hartmann vanno indagate le relazioni con la fenomenologia, indifferente alla storia del pensiero e ai suoi contenuti.

N. Hartmann. Fonte: Claudio Gnoli

N. Hartmann. Fonte: Claudio Gnoli


Garin e gli esiti degli studi sulla filosofia di Descartes e la sua fortuna

Garin discute Bréhier e il suo muoversi sul terreno di un’intelligibilità pura, da idea a idea. La sua interpretazione del cogito cartesiano lo riporta al senso di una scelta libera che in Garin diventa ricorso a un campo storicamente definito. Garin, autore di fondamentali studi sulla filosofia di Descartes e la sua fortuna a Napoli, invita a distinguere tra il filosofo francese e il cartesianesimo in base alle condizioni, ai dati e ai limiti entro cui il filosofo visse. A proposito della scoperta del cogito, si tratta di riferirne l’«intuizione» alla cultura del suo tempo. L’uomo-macchina e lo spiritualismo francese possono opportunamente essere riferiti ai problemi e alle contraddizioni del pensiero cartesiano.

Garin e Mondolfo: gli antecedenti non filosofici di una filosofia

Garin discute del Mondolfo e dei suoi contributi storiografici che invitano a considerare utile la ricerca degli antecedenti non immediatamente individuabili nella filosofia. Anche a proposito di Vico non emerge la discussione sui suoi «antecedenti» nella storia del diritto e della filologia. Fondamentale è, invece, la ricostruzione delle esigenze e dei campi del sapere che stimolano interrogazioni e problemi. Significativo risulta il riproposto rapporto Galileo-Vico, tra scienze morali e naturali.

G. Vico. Fonte: Ylife

G. Vico. Fonte: Ylife


Il confronto con Preti e le difficoltà di integrare le filosofie nel loro tempo

Ritorna, nel 1959, il confronto con le tesi del Preti a proposito delle difficoltà di integrazione delle filosofie nel tempo. Garin rifiuta la difesa della continuità della tradizione filosofica occidentale, perché tale continuità è ricostruita a posteriori. La vera storia storica della filosofia è aperta alla pluralità in quanto storia delle filosofie. Questa è attenta ai contesti di idee, legata ai fatti, ai diversi campi di esperienza. Centrale diventa, dunque, il contributo della filologia quale garanzia di individuazioni concrete. La filosofia e la sua storia non generano idee da idee astrattamente. Lo studio dell’astronomia copernicana, per esempio, merita di essere approfondito nell’orizzonte scientifico e politico del Rinascimento. Delle scelte ideali lo storico della filosofia mette in luce i nessi e le radici reali, impegna i rapporti tra idee, teorie e visioni di insieme.

La filologia critica e l’uso dei lessici filosofici

Alla rivalutazione in senso critico della filologia fa seguito il ripristino dell’uso dei lessici filosofici. La vita del testo filosofico corrisponde all’azione dello storico che vive dell’intreccio di passato-presente e del lavoro di costruzione razionale su cui si innesta il nostro tempo senza confusioni e alterazioni. Esemplificativi sono i giudizi circa la traduzione ficiniana di un termine platonico, la ricerca delle diverse tradizioni platoniche e la stessa istanza dualistica, tutte posizioni riferibili a un ampio contesto politico-culturale che non ha nulla di astratto. Significativo è il richiamo a Marx e alla tesi della storia come storia di uomini e non di astratte ideologie. Garin ricorda anche Febvre, che opponeva la “carne” umana all’astrattezza delle pure genealogie di idee.

K. Marx. Fonte: Wikipedia

K. Marx. Fonte: Wikipedia


La  filosofia come sapere storico opposta alla filosofia del neoidealismo

La storia è storia della genesi dei pensieri in quanto storia dei loro legami con il mondo concreto degli uomini. Anche la vita dei monaci è fatta di traffici e di differenti contesti culturali. Anche Machiavelli e Lutero non sono figli di concezioni ideali. Occorre guardare alla prospettiva umana e ai bisogni che la reggono. Per tutto ciò, la storia autentica della filosofia esalta l’umanità del pensare. A giudizio del Garin, la serietà dello storico si vede nella fatica della scoperta e non nell’invenzione. La storia della filosofia non è un lavoro da storico puro, non si affida a presupposti solo teorici, ma alle relazioni con il mondano e il mutevole. La filosofia del Garin è, allora, filosofia come sapere storico, opposta a quella neoidealistica di Croce e Gentile, impegnati entrambi, e ognuno a suo modo, a ridurre la ricerca storica alla verità assoluta della filosofia che pretende di costituirsi quale visione definitiva della verità, riflessione pura sui «massimi problemi» assoluti ed eterni.

Garin e Piovani: «sperimentalismo storico» contro l’astratta metodologia come scienza

Il filosofo morale Pietro Piovani (in Un esame di coscienza storiografica, cap. II del vol. : Conoscenza storica e coscienza morale del 1966) vede in Garin il testimone del carattere della filosofia contemporanea che ha riscoperto la complessa questione della storicità e della scienza, al punto da parlare di «sperimentalismo» storico lontano da ogni astratta metodologia come scienza. Il tema della molteplicità degli «oggetti» della filosofia è opposto a una «filosofia dello spirito» e a un’interpretazione della continuità del filosofare che rischia di rendere omogenei i fatti culturali. Piovani condivide le riserve gariniane su una storia delle idee come disincarnate dal reale e ne approfondisce, invece, il tema dell’individualità nella direzione del «soggetto che conosce» e, in particolare, in quella che è condizione di non “obiettiva” obiettività dello storico. Le idee ricercate non sono formule, ma pensieri vissuti da uomini di carne. Per tutto ciò la «doverosa integrità» vieta alla storia della filosofia di farsi storia di concetti puri, sequestrata dalla totalità del reale. Quella storia può essere realmente tale solo se resta ancorata alla concretezza delle cose dalla quale sorgono le idee. Può darsi scienza storica solo se il metodo adottato è quello filologico, impiegato con originalità dallo storico geniale.

P. Piovani. Fonte: Fondazione “P. Piovani per gli Studi di Napoli”

P. Piovani. Fonte: Fondazione "P. Piovani per gli Studi di Napoli"


L’impiego della filologia come comprensione dell’altro

La storia della filosofia deve poter guardare alle idee, moltiplicate e documentate. Da qui l’impiego della filologia, che non è acribia erudita ma approfondita comprensione dell’altro, secondo la grande lezione dell’umanesimo rivissuta magistralmente dal Garin, lettore ammirato del Croce storico e storiografo, attento studioso della formazione filologica del Gentile, del Vico, di Rosmini e Gioberti. L’invito gariniano alla filologia coincide con un rivisitato rapporto delle scienze della natura con la loro storia. Da ciò nasce anche il complicato riesame del problema dell’universalità che non è l’individuale trasformato in generale, ma una ricercata norma che si fa dall’interno dell’individuale per movimento di autentica libertà.
Sia in Garin che in Piovani, Kant – con Vico e dopo Vico – è l’«auttore» del nuovo filosofare, della moderna soggettività opposta all’antico oggettivismo dell’essere. Se la scienza antica è statica quella moderna è dinamica. Kant sostituisce la sintesi a priori al metodo analitico, introducendo il principio della «dialettica trascendentale».

I materiali di supporto della lezione

N. Abbagnano, Il lavoro storiografico in filosofia (1955), poi in Verità e storia. Un dibattito sul metodo della Storia della filosofia, Asti 1956, p. 17 e sgg.

A. Banfi, Concetto e sviluppo della storiografia filosofica, in La ricerca della realtà, Firenze 1959, pp. 101-167.

E. Bréhier, Historie de la philosophie, t. I, Paris 1960 (VII ediz.).

Id., La philosophie et son passé, Paris 1950².

E. Cassirer, Storia della filosofia moderna, tr. it., Torino 1952.

M. Dal Pra, Gramsci e la fine del "filosofo individuale", in «Rivista critica di storia della filosofia» (1975), n. 1, pp. 61-71.

Id. (con E.Garin), Ricordo di Giulio Preti, ivi (1974), n. 4, pp. 436-447.

L. Febvre, Combats pour l'histoire, Paris 1953.

A. Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Torino 1948.

N. Hartmann, Filosofia sistematica, tr.it., Milano 1943.

R. Mondolfo, L'esigenza del nesso fra Storia della filosofia e Storia della cultura, in Verità e storia. Un dibattito sul metodo della Storia della filosofia, Asti 1956, p.133 e sgg.

P. Piovani, Un esame di coscienza storiografica, in «Giornale critico della filosofia italiana» (1959), n. 3, pp. 375-397.

Id., Conoscenza storica e coscienza morale, Napoli 1965.

G. Preti, Continuità e discontinuità nella Storia della filosofia, in Problemi di storiografia filosofica, a cura di A. Banfi, Milano 1951, pp. 65-84.

Id., Continuità ed "essenze" nella storia della filosofia, in «Rivista critica di storia della filosofia» (1956), n. 3-4, pp. 359-373.

Id., Filosofia e Storia della filosofia, in «Giornale critico della filosofia italiana» (1960), n. 1, pp. 94-103.

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