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Fabrizio Lomonaco » 4.La polemica Kant-Herder sull'origine e il destino della storia umana: la «determinazione del concetto di razza»


Kant recensore di Herder

Nelle prime due parti delle Idee per la filosofia della storia dellumanità (pubblicate a Riga e Lipsia, rispettivamente nel 1784 e nel 1785) l’autore, Johann Gottfried Herder, allievo ed entusiasta ammiratore di Kant a Königsberg negli anni 1762-1764, dopo aver dedicato pagine documentate all’unitaria «conformazione organica» della terra e dell’universo, affrontava il delicato problema dell’origine dell’uomo, del suo rapporto con l’ambiente fisico e la tradizione storica. E Kant, già in una recensione alla parte I dell’opera, nella «Jenaische allgemeine Literaturzeitung» del gennaio 1785, non mancava di criticarne esplicitamente i presupposti metodologici.

La precisione logica nella determinazione dei concetti

Mosso dal proposito di offrire al lettore le linee generali di svolgimento della riflessione herderiana, il critico della ragion pura ne riproduceva in più punti considerazioni e conclusioni, riconoscendo, innanzitutto, la novità e l’originalità della trattazione, nonché le qualità letterarie dell’autore, il suo «spirito [...] eloquente e pieno d’ingegno». Tuttavia, fin dall’inizio emergeva anche il contrasto tra due mentalità diversissime. I pur riconosciuti meriti del filosofo di Mohrungen non compensavano, infatti, l’assenza di precisione logica nella determinazione dei concetti, di scrupolosa distinzione e dimostrazione dei princìpi, l’abuso, cioè, di un ragionamento «analogico», di affermazioni derivate da stati d’animo, da artifici oratori, da «ipotesi» non confermate scientificamente (Kant, Recensioni, p. 151 e sgg.).

Herder. Fonte: Wikimedia Commons

Herder. Fonte: Wikimedia Commons


Il destino dell’individuo

Intervenendo sulla possibilità prospettata da Herder di dedurre dall’organizzazione della natura per gradi successivi di esseri culminanti nell’uomo la necessità di ammettere una proiezione di tale «scala» in una vita futura dell’uomo stesso, il filosofo di Königsberg, subito illuminando uno dei motivi centrali della polemica — il destino dell’individuo umano —, osservava: «Il recensente deve confessare che egli non comprende queste conclusioni derivate dalla analogia colla natura [...]. Inoltre non vi è la minima somiglianza tra l’elevazione di grado dello stesso uomo a una organizzazione più perfetta in un’altra vita e la scala che si può pensare tra forme e individui affatto diversi di uno stesso regno naturale. In quest’ultimo caso la natura non ci lascia vedere altro, se non che essa abbandona gli individui alla piena distruzione e solo conserva la specie: ma nel caso precedente si vuol sapere se l’individuo umano sopravviverà alla sua distruzione qui sulla terra e ciò può forse sostenersi per motivi morali o, se si vuole, metafisici, non mai però in base a un’analogia con la natura visibile» (Kant, Recensioni, pp. 160,161).

Kant. Fonte: Wikimedia Commons

Kant. Fonte: Wikimedia Commons


Il problema delle differenze razziali

Un altro complesso luogo della polemica era il cruciale problema delle differenze razziali. In proposito, Herder si mostrava rigorosamente monogenista, teso, cioè, a sostenere il principio dell’unità originaria della specie umana per convinzioni scientifiche e religiose. Nel capitolo I del libro VII delle Idee precisava che «siccome, però, l’intelletto umano cerca in ogni molteplice l’unità, e l’intelletto divino, che è il suo modello, dappertutto sulla terra ha congiunto l’unità alla più innumerevole molteplicità, così possiamo anche qui, dall’immenso regno dei mutamenti, tornare al principio più semplice: il genere umano sulla terra è soltanto una e identica specie». Dal suo punto di vista era, perciò, rifiutata ogni teoria delle razze originarie, potendosi, invece, legittimamente parlare soltanto di «popoli», di unità distinte per ragioni culturali, essendo le diverse razze solo modificazioni della specie umana originariamente bianca (Herder, Idee, p. 168).

La seconda recensione alle Idee di Herder

Nella seconda recensione alle Idee, apparsa nella «Literaturzeitung» del novembre 1785, Kant replicava alle accuse del suo ex allievo delineando una diversa, originale teoria delle razze: «Alla divisione del genere umano in razze il nostro autore non è favorevole; [...] egli assume come causa un principio di vita interno, che, secondo la diversità delle circostanze esterne, modifica se stesso, adattandovisi. Nel che il recensore conviene interamente con lui, solo con la riserva che, qualora la causa organizzatrice dall’interno per sua natura fosse limitata solo a un certo numero e grado di diversità nella formazione delle sue produzioni (nella cui effettuazione essa non sarebbe abbastanza libera per produrre in circostanze mutate un altro tipo), a questa disposizione formativa della natura si potrebbe benissimo dare il nome di germi o disposizioni originarie, senza per ciò considerare i primi come predisposti ab initio e solo assumendoli come meccanismi e germogli capaci eventualmente di trasformarsi (come nel sistema dell’evoluzione), ma anche come semplici limitazioni, non ulteriormente spiegabili, di un potere autoformativo che noi non possiamo né comprendere, né rendere concepibile» (Kant, Recensioni, pp. 170-171).

La Determinazione del concetto di razza umana

Rigoroso e convinto monogenista come Herder, Kant, tuttavia, nel saggio dedicato alla Determinazione del concetto di razza umana (pubblicato nella «Berlinische Monatsschrift» del novembre 1785, anche per rimediare ai fraintendimenti causati da un precedente scritto del 1777, Delle diverse razze di uomini), aveva sostenuto la legittimità della differenziazione razziale, concepibile solo in base a caratteri ereditari. Individuato, infatti, nel colore della pelle, il contrassegno essenziale per distinguere le razze umane (la bianca, la negra, la gialla e la rosso-rame), giungeva alla conclusiva definizione e dimostrazione del concetto di razza: «Differenza di classe tra animali di uno stesso ceppo, in quanto essa sia immancabilmente ereditaria» (Kant, Determinazione, p. 187).

Un’«intelligente» preformazione e l’unità originaria della specie umana

Rendendo logicamente compatibile il principio dell’unità originaria della specie con la teoria delle differenze razziali, veniva ammessa, inoltre, un’originaria, «intelligente» preformazione (rivolta ad avvalorare la formazione delle varie razze e, nello stesso tempo, la differenziazione dei caratteri all’interno delle singole razze). Punto di partenza era l’ipotesi di un modello originario indifferenziato in cui le successive variazioni e modificazioni dovevano essere contenute in potenza per poi necessariamente trasmettersi: «La presente teoria, che assume l’esistenza di certi germi originari nel primo e comune ceppo dell’umanità a fondamento delle differenze di razza attuali, riposa interamente sull‘immancabilità della loro trasmissione, che nel caso delle quattro razze sopra nominate è costantemente confermata dall’esperienza [...]. La finalità è [...], in un organismo, il fondamento generale da cui concludiamo all’esistenza di una struttura posta originariamente nella natura di un individuo: e, quando il fine si debba realizzare solo in seguito, alla esistenza di germi innati» (Kant, Determinazione, pp. 188, 190).

Esigenze di «sistematicità» scientifica  tra antropologia e storia

Il critico della ragion pura, proclamando l’unità originaria della specie umana e, nello stesso tempo, salvando l’originalità di ciascun «carattere» individuale  all’interno di un ordine finalistico nella creazione, aveva fissato le premesse antropologiche della propria riflessione, necessarie per poter affrontare il problema dell’origine e del significato della storia umana, nel rispetto delle profonde esigenze di «sistematicità» scientifica. Sistematicità che il filosofo di Königsberg, nell’«aggiunta» alla prima recensione, dichiarava di non trovare nelle relative considerazioni herderiane, utili ad appagare le sole esigenze del «sentimento» e della «fantasia» ma non gli uomini di pensiero. Essi, nella ricerca del vero, si affidano, invece, alla sola forza della ragione aperta a vasti progetti, ma cauta nell’esecuzione, perché criticamente consapevole delle sue possibilità e dei suoi limiti. Ed è proprio in riferimento al significato di «ragione umana» che le idee di Kant e di Herder sulle legittime finalità dell’uomo nel cosmo e nella storia divergono emblematicamente, pur essendo radicate in una comune tradizione scientifico-culturale.

I materiali di supporto della lezione

I. Kants, Gesammelte Schriften, Berlin 1902 e sgg. (d'ora in poi citato con la sigla KGS).

J. G. Herder, Idee per la filosofia della storia dell'umanità (1784-1791), tr. it. di V. Verra, Bologna 1971.

I. Kant, Determinazione del concetto di razza umana (1785), tr. it. in Id., Scritti politici e di filosofia della storia e del diritto, a cura di G. Solari e G.Vidari, edizione postuma a cura di N. Bobbio, L. Firpo, V. Mathieu, Torino 1965² (d'ora in poi si cita con Scritti politici).

I. Kant, Recensioni di J.G. Herder, Idee per la filosofia della storia dell'umanità (1784-1785), tr. it. in Id., Scritti politici.

Bibliografia generale su Kant

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