1924: Magnetismo Nucleare: Pauli
1946: TEORIA: Bloch per i liquidi e Purcell per i solidi
1951: TEORIA: Gabillard note sulla localizzazione spaziale
1973: Lauterbur: su Nature codifica spaziale e back projection
1975: Primo prototipo commerciale
La Risonanza Magnetica è una metodica non invasiva che fornisce sezioni multiplanari del corpo in esame utilizzando campi magnetici e radioonde, cioè radiazioni non ionizzanti.
Caratteristiche e vantaggi:
Svantaggi:
I nuclei di alcuni elementi con numero dispari di protoni e/o neutroni (es. 1H) sono dotati di spin intrinseco, cioè ruotano intorno a se stessi. Dato che ogni carica elettrica in movimento produce un campo magnetico, anche questi nuclei, carichi elettricamente e dotati di spin, sono associati ad un campo magnetico microscopico detto momento magnetico nucleare o dipolo magnetico.
Il campo magnetico di un’apparecchiatura RM va da 0,2 Tesla fino a 3T e oltre. Viceversa, in presenza di un forte campo magnetico esterno stazionario (B0), i protoni tendono ad orientarsi parallelamente alla direzione del campo magnetico esterno. Si produce così una magnetizzazione risultante M, orientata parallelamente a B0. Inoltre sempre per effetto di B0, il momento magnetico di ciascun protone comincia a ruotare, cioè a precedere attorno alla direzione di B0 nello stesso modo in cui l’asse di una trottola ruota intorno alla direzione della forza di gravità.
Rispetto a B0, per i protoni esistono solo due possibili orientamenti, parallelo (basso livello energetico) ed opposto o antiparallelo (alto livello energetico). In condizioni di equilibrio, il numero di protoni paralleli è lievemente superiore rispetto al numero di protoni antiparalleli. Questa piccola prevalenza di protoni paralleli produce una magnetizzazione risultante (M), misurabile, che ha la stessa direzione e verso del campo magnetico esterno B0 e ha un valore molto piccolo pari a circa un milionesimo di B0.
La frequenza con cui i protoni ruotano attorno alla direzione di B0 è detta frequenza di precessione o di Larmor (ω0) e dipende da due fattori: la costante giromagnetica (γ), valore numerico caratteristico di ogni specie nucleare e la forza del campo magnetico principale B0.
ω0 = γB0
In condizioni di equilibrio, in presenza di un campo magnetico uniforme, tutti i protoni hanno la stessa frequenza, ma non la stessa fase di precessione. Per ogni protone possiamo considerare due componenti vettoriali:
Lo stato di equilibrio appena descritto può essere alterato mediante l’applicazione di radiofrequenze (RF), cioè di onde elettromagnetiche, la cui frequenza sia uguale a quella di precessione dei protoni (frequenza di Larmor).
Solo in tali condizioni si verifica il fenomeno della risonanza magnetica nucleare , cioè il passaggio di energia dalla RF ai protoni.
Per RF con frequenza diversa da quella di Larmor non si verifica alcuno scambio di energia.
La stimolazione con RF provoca due fenomeni:
In tal modo la magnetizzazione risultante (M) si allontana dall’asse z di un angolo proporzionale alla intensità e alla durata dell’impulso RF.
Un impulso RF capace di spostare la magnetizzazione M sul piano x, y viene definito impulso di 90 gradi.
In tali condizioni le componenti magnetiche longitudinali (parallela ed antiparallela) si annullano, mentre le componenti magnetiche trasversali si sommano nel piano x, y.
Un impulso RF di durata o intensità doppia rispetto al precedente, tale da ruotare M in posizione diametralmente opposta rispetto a B0, è detto impulso di 180 gradi.
Ogni volta che un circuito è attraversato da un campo magnetico variabile nel tempo si genera una corrente elettrica indotta (fenomeno dell’induzione elettromagnetica).
Il vettore di magnetizzazione trasversale, che ruota nel piano x, y dopo un impulso di 90°, genera nel circuito (antenna) ricevente una corrente misurabile che è il segnale di RMN, detto anche FID (free induction decay).
Una volta cessato l’impulso RF, si verificano i due seguenti fenomeni inversi:
Il campo magnetico principale B0 non è perfettamente uniforme e presenta una certa disomogeneità, che produce una desincronizzazione dei protoni accelerata rispetto a quanto avverrebbe in un campo magnetico perfettamente omogeneo.
In queste condizioni il tempo di decadimento del segnale è definito T2*.
Esso dipende sia dalle interazioni reciproche tra i protoni (spin-spin) sia dalle inevitabili disomogeneità di B0. E’ possibile ricavare T2 da T2* in quanto le disomogeneità di B0 sono reversibili, mentre le interazioni “spin-spin” sono irreversibili.
Il valore di T1 per un dato tessuto dipende dall’intensità del campo magnetico principale B0 e cresce all’aumentare di questo. Nei tessuti biologici i valori di T1, per intensità di B0 comprese tra 0,1 e 0,5 TESLA, oscillano tra 300 e 700 millisecondi.
Il valore di T2 è poco influenzato dalle variazioni di B0 e può essere uguale o inferiore a T1. Nei tessuti biologici i valori di T2 sono compresi tra 50 e 150 millisecondi.
Permanenti
Resistivi
Superconduttivi
Bobine di Shimming
L’immagine viene prodotta utilizzando il segnale di risonanza emesso dai nuclei di idrogeno in precessione, dopo che questi sono stati eccitati dalla RF.
L’ampiezza dei segnali generati dipende dalle seguenti caratteristiche del tessuto in esame:
Il contrasto dell’immagine in RM dipende per lo più dal T1 ed dal T2: molti tessuti, infatti, hanno DP simile, mentre differiscono nei valori di T1 e T2.
I segnali di RMN vengono utilizzati per formare un’immagine in cui le tonalità di grigio dei tessuti rappresentati sono tanto più chiare quanto più intenso è il segnale da essi emesso e viceversa.
Tessuti con un T1 breve o con un T2 lungo danno un segnale intenso e quindi sono rappresentati con un tonalità di grigio chiara.
Grasso
Acqua
I vari tessuti hanno diverse velocità di rilassamento T2, per cui i rispettivi echi differiscono per intensità.
I tessuti con tempi di rilassamento T2 lunghi sono caratterizzati da scarsa desincronizzazione dei nuclei, producono echi intensi e sono rappresentati nell’immagine con tonalità chiare.
I tessuti con tempi di rilassamento T2 brevi desincronizzano i loro nuclei in misura maggiore, producono echi di debole intensità e vengono rappresentati nell’immagine con tonalità scure.
Incrementando il TE si ottiene un’accentuazione del contrasto tra tessuti con diversi tempi di rilassamento T2.
Le sequenze SE offrono immagini pesate in T1, T2 o DP in relazione ai valori di TR e TE.
1) Paramagnetici:
2) Superparamagnetici:
I mdc paramagnetici e superparamagnetici sono in grado di produrre un accorciamento dei tempi di rilassamento dei protoni circostanti.
Ne consegue che per visualizzare in modo adeguato l’effetto dei mdc, è necessario usare sequenze T1 pesate per i mdc paramagnetici e sequenze T2 pesate per i mdc superparamagnetici.
Uomo, 58 aa, ca. prostata (pT3a, Gleason 5), cortesia di H. Hricak, Radiology 213, 473-480, 1999.
Gli elementi basilari del ragionamento e questioni su cui riflettere:
Si parlerà di:
1. Introduzione e Radiologia Tradizionale
2. Tecniche di Radiologia tradizionale
3. Principi di Tomografia Computerizzata
4. Tecniche di Tomografia Computerizzata
5. Risonanza Magnetica Nucleare
7. Ecografia
8. Torace I
9. Torace II
10. PET e Percorsi Diagnostici
11. Distretto cranio-encefalico e rachide
12. Lo Studio delle Articolazioni
13. La diagnostica per immagini nella valutazione dei tessuti molli
15. Lo Studio del Tenue e del Colon
16. Il Fegato
17. Vie Biliari
18. Pancreas
19. Tiroide
20. Paratiroidi
1. Introduzione e Radiologia Tradizionale
2. Tecniche di Radiologia tradizionale
3. Principi di Tomografia Computerizzata
4. Tecniche di Tomografia Computerizzata
5. Risonanza Magnetica Nucleare
7. Ecografia
8. Torace I
9. Torace II
10. PET e Percorsi Diagnostici
11. Distretto cranio-encefalico e rachide
12. Lo Studio delle Articolazioni
13. La diagnostica per immagini nella valutazione dei tessuti molli
16. Il Fegato
17. Vie Biliari
18. Pancreas
19. Tiroide
20. Paratiroidi
21. Surrene
I podcast del corso sono disponibili anche su iTunesU e tramite Feed RSS.