Un sistema Termodinamico è un sistema macroscopico chimicamente definito costituito da un gran numero di componenti elementari (ordine Numero di Avogadro), ad esempio quantità di gas, di liquido o porzioni di corpi solidi. L’eventualità di seguire dettagliatamente, attraverso le leggi di Newton, il movimento delle singole componenti è resa impraticabile dalla spaventosa difficoltà computazionale (spazio a 6xNA dimensioni) e dall’impossibilità di fissare l’enorme numero di condizioni iniziali necessarie. Ma ci servirebbe realmente farlo? Anche in altri casi ci accontentiamo di ben più semplici descrizioni medie!
Definiamo quindi delle quantità fisiche ad hoc, detti parametri termodinamici o variabili termodinamiche (pressione, volume, numero di moli, temperatura, composizione chimica, etc.) il cui insieme definisce lo stato di un sistema termodinamico. In generale, queste variabili non sono tutte indipendenti, ma collegate da una relazione caratteristica del sistema, detta equazione di stato. Ad esempio, l’equazione di stato di un gas perfetto, che è una idealizzazione del gas reale, è una espressione in cui compaiono p, V, n e T:
Le variabili termodinamiche si suddividono in estensive (V, n, etc.) ed intensive (p, T, etc.).
Microscopicamente esistono una moltitudine di stati (microstati) che corrispondono al medesimo stato termodinamico (macrostato). Nello spazio a 6xNdimensioni essi definiscono un sottinsieme il cui volume è una quantità importante da rammentare per il seguito!
Graficamente lo stato A di un sistema è un punto nello spazio che ha per dimensione il numero massimo di parametri termodinamici indipendenti. Considerando un gas ad esempio, siano p, V, n le tre coordinate indipendenti.
Per i gas con numero costante di moli, si adopera spesso il piano p – V detto piano di Clapeyron.
Definito un sistema termodinamico, è detto ambiente tutto ciò che esiste nell’universo e che non appartiene al sistema stesso. Se i sistemi sono più di uno, la definizione è analoga ed in questo caso l’ambiente sarà tutto ciò che non appartiene ai sistemi considerati.
Un sistema termodinamico chiuso si dice essere in uno stato di equilibrio termodinamico se sono simultaneamente verificate le seguenti condizioni:
Un sistema termodinamico se lasciato isolato per un tempo sufficientemente lungo raggiunge uno stato di equilibrio termodinamico: i suoi parametri termodinamici non variano nel tempo.
Nel seguito parleremo della sola Termodinamica di equilibrio.
Il principio zero della termodinamica stabilisce che, se un corpo A è in equilibrio termico con un corpo B, e se il corpo B è a sua volta in equilibrio termico con un altro corpo C, allora A è senz’altro in equilibrio termico con il corpo C. Tale legge può essere espressa in termini matematici nel seguente modo:
Se A in equilibrio con B
e se B in equilibrio con C
Ciò implica che A in equilibrio con C (proprietà transitiva)
Esistono più stati possibili (X,Y) di un sistema termodinamico A che siano in equilibrio tra loro.
(XI ,YI ) in eq. (XII ,YII ) in eq. (XIII ,YIII ) etc. tali punti riportati su un piano cartesiano (X,Y) rappresentano una curva, detta isoterma.
Nel nostro caso invece di immaginare più stati dello stesso sistema in equilibrio tra loro, immaginiamo che esistano tre sistemi, A, B, C rispettivamente negli stati (X’,Y’), (X”,Y”) e (X”’,Y”’)
Applicando il principio zero ai sistemi A, B, C
A in eq. con B → (X’,Y’) in eq. (X”,Y”) → f(X’,Y’, X”,Y”) =0
B in eq. con C → (X”,Y”) in eq. (X”’,Y”’) → f(X”,Y”, X”’,Y”’)=0
Da cui
A in eq. con C → (X’,Y’) in eq. (X”’,Y”’) → f(X’,Y’, X”’,Y”’) =0
Dalla prima e seconda relazione possiamo ricavare l’espressione per Y”
Y”= g(X’,Y’, X”)
Y”= g(X”, X”’,Y”’)
Dovendo tali espressioni essere uguali ne deriva che g(X’,Y’, X”)= g(X”, X”’,Y”’) → g(X’,Y’, X”) – g(X”, X”’,Y”’)=0 (*)
ma il principio zero afferma che anche A e C sono in equilibrio tra loro, quindi dobbiamo paragonare l’ultima relazione ricavata con l’espressione
f(X’,Y’, X”’,Y”’) =0
che non dipende affatto da X”, variabile termodinamica relativa al sistema B. Ne segue quindi che nell’espressione (*) non può esserci reale dipendenza da X”, ovvero
g(X’,Y’)= g(X”’,Y”’) che traduce il concetto che A è in eq. con C
g(.,.) è una funzione dello stato del sistema e definisce il concetto di temperatura. Esistono ovviamente infinite funzioni possibili F(g(.,.)), ovvero definizioni possibili di temperatura.
Dalla prima e seconda relazione possiamo ricavare l’espressione per Y”:
Y”= g(X’,Y’, X”)
Y”= g(X”, X”’,Y”’)
Dovendo tali espressioni essere uguali ne deriva che g(X’,Y’, X”)= g(X”, X”’,Y”’) ® g(X’,Y’, X”) – g(X”, X”’,Y”’)=0 (*)
ma il principio zero afferma che anche A e C sono in equilibrio tra loro, quindi dobbiamo paragonare l’ultima relazione ricavata con l’espressione
f(X’,Y’, X”’,Y”’) =0
che non dipende affatto da X”, variabile termodinamica relativa al sistema B. Ne segue quindi che nell’espressione (*) non può esserci reale dipendenza da X”, ovvero
g(X’,Y’)= g(X”’,Y”’) che traduce il concetto che A è in eq. con C
g(.,.) è una funzione dello stato del sistema e definisce il concetto di temperatura. Esistono ovviamente infinite funzioni possibili F(g(.,.)), ovvero definizioni possibili di temperatura.
La termologia studia la natura e gli effetti del calore. Ne fanno parte la termometria (misura delle temperature) e la calorimetria (misura delle quantità di calore che intervengono nei fenomeni).
Dal punto di vista microscopico, calore e temperatura sono collegati alle interazioni fra le molecole che costituiscono un corpo.
Calcolare in °F l’equivalente di 37 °C.
Assumiamo che tra la temperatura espressa secondo la scala Celsius tC e quella espressa secondo la scala Fahrenheit tF vi sia una relazione lineare:
tC = A tF + B
Ricaviamo A e B affinché sussista l’eguaglianza riportata dalla trasparenza precedente, ovvero risolviamo il sistema.
0 °C = A 32 °F + B → B = – A 32 °F
100 °C = A 212 °F + B → A = (5/9) °C/°F
Da cui
tC = (5/9) °C/°F (tF – 32 °F)
tF = (9/5) °F/°C tC + 32 °F
Calcolare in °F l’equivalente di 37 °C
Sia dato un corpo le cui dimensioni in due direzioni dello spazio siano trascurabili rispetto alla terza. Quando gli viene fornita energia, sotto forma di calore, esso subisce un allungamento (dilatazione termica lineare), che è proporzionale alla sua lunghezza iniziale, l0, e all’incremento di temperatura, T
λ è detto coefficiente di dilatazione termica lineare. Per dilatazione cubica abbiamo il coefficiente di dilatazione volumica, α,
Sia dato un sistema termodinamico in equilibrio. Ogni atomo o molecola che costituisce il sistema possiede energia cinetica che contribuisce a ciò che viene identificato come l’agitazione termica. Nei gas e nei liquidi ciò implica un reale moto traslazionale di atomi o molecole con queste ultime che possono unire tali moti anche ad ulteriori movimenti di tipo rotazionale o vibrazionale.
La somma di tutte le componenti cinetiche e potenziali delle energie di tutti i costituenti elementari di un sistema forma quella che si definisce energia interna e che è spesso indicata con le lettere E oppure U. Nei solidi il movimento dei costituenti elementari è più complesso ed avviene intorno a posizioni di equilibrio nel cristallo definite dalle forze di richiamo, in questo caso all’energia interna contribuiscono i moti vibrazionali piuttosto che quelli traslazionali. Da un punto di vista macroscopico l’energia interna risulta funzione delle variabili termodinamiche U=U(p,V,T,..). Essa è una funzione di stato, ovvero determinata dal solo stato del sistema.
Si osserva che per aumentare di 1°C la temperatura di un corpo occorre una quantità di calore proporzionale alla massa, M, del corpo stesso. Poiché la quantità di calore necessaria dipende anche dalla temperatura, si dà la seguente definizione per l’unità di misura (non appartenente al S.I.).
1 Caloria = quantità di calore che fa passare 1g d’acqua da 14.5°C a 15.5°C
Se non si richiede una particolare precisione si può trascurare la dipendenza dalla temperatura iniziale. Allora, la quantità di calore necessaria per produrre una certa variazione di temperatura è proporzionale alla massa e alla variazione stessa.
La costante c è detta calore specifico e C = c M è la capacità termica.
I calori specifici intervengono nello studio dell’equilibrio termico di più corpi a contatto. Consideriamo per esempio il caso di due corpi, uno di massa m1, calore specifico c1 e che si trovi alla temperature t1 e l’altro di massa m2, calore specifico c2 e che si trovi alla temperature t2. Assumiamo per semplicità che t1 > t2. Se I due corpi sono posti a contatto termico ed isolati dall’ambiente, essi raggiungono dopo un certo tempo una temperatura intermedia di equilibrio. Per trovare la temperatura di equilibrio te basta usare la conservazione dell’energia (calore scambiato).
Esempio:
Quanto calore è necessario per far passare la temperatura di un contenitore di alluminio di 10 Kg riempito con altri 10 Kg di acqua da 40 °C a 80 °C ?
(calore specifico dell’alluminio = 0.21 kcal /kg °C).
Q = QH2O + QAl = (cH2O mH2O + cAl mAl)(tf – ti) = 1.22 x 10 x 40 kcal = 484 kcal = 2026 kJ.
Esempio:
Calcolare la temperatura di equilibrio quando si mettano a contatto 1 kg di Al posto a 30 °C con un 1 kg di Ag 40 °C.
La somministrazione di calore ad un corpo non ha sempre l’effetto di aumentarne la temperatura. Ad esempio, se riscaldiamo una pentola d’acqua, la temperatura aumenterà fino a che l’acqua non comincerà a bollire, ma poi rimarrà costante durante tutta la fase di ebollizione. In questo caso, il calore fornito al corpo produce quello che si chiama cambiamento di stato.
Le sostanze possono trovarsi in natura in tre differenti stati di aggregazione: solido, liquido e aeriforme; questi stati, caratteristici di quasi tutte le sostanze, sono una funzione delle loro condizioni di pressione e di temperatura.
Per esempio, è noto che riscaldando il ghiaccio questo si liquefa e che riscaldando ulteriormente l’acqua questa evapora, mentre raffreddando il vapore o comprimendolo questo si trasforma in liquido. Queste trasformazioni vengono definite passaggi o cambiamenti di stato.
Il calore può essere trasmesso attraverso tre modalità:
Consideriamo una barra di metallo di lunghezza l e sezione S (l<< S1/2 ), le cui due estremità siano a temperatura differente, T1 e T2. La quantità di calore trasmesso nel tempo Δt risulta proporzionale a S, ΔT e Δt e inversamente proporzionale a l:
λ è detto coefficiente di conducibilità termica.
La conducibilità o conduttività termica (indicata con λ o k) è il rapporto, in condizioni stazionarie, fra il flusso di calore (Q/Δt S) ed il gradiente di temperatura (ΔT/l) che provoca il passaggio del calore.
In altri termini, la conducibilità termica è una misura dell’attitudine di una sostanza a trasmettere il calore e dipende solo dalla natura del materiale, non dalla sua forma.
Quando un sistema termodinamico cambia di stato, ovvero subisce una trasformazione le forze interne in generale compiono lavoro. Tuttavia poiché descriviamo il sistema termodinamico da un punto di vista macroscopico il lavoro fatto dalle forze interne non interviene nella descrizione del fenomeno. Il sistema può invece compiere un lavoro globale all’esterno. Se le forze esterne compiono un lavoro resistente, allora si dice che il lavoro è compiuto dal sistema sull’ambiente e lo si assume positivo . Altrimenti se le forze esterne compiono un lavoro attivo, allora si dice che il lavoro è fatto dall’ambiente sul sistema ed il suo segno sarà negativo.
Un caso comune nel quale s compie lavoro esterno è quando il sistema cambia di volume.
Se durante la trasformazione di espansione p è costante
È un lavoro positivo perché fatto dal sistema sull’ambiente ed è pari al prodotto tra pressione ed incremento del volume.
2. Termologia e Termodinamica - I
3. Termologia e Termodinamica - II
4. Termologia e Termodinamica - III
5. Termologia e Termodinamica - IV
8. Acustica
9. Ottica geometrica - I parte
10. Ottica geometrica - II parte
11. L'occhio umano
12. Tensione superficiale - I parte
13. Tensione superficiale - II parte
15. Emodinamica
16. Elettrostatica
18. Elettrodinamica - II parte
19. Modello atomico
20. Radiazioni elettromagnetiche
21. Radioattività