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Tiziana Pepe » 3.Polymerase chain reaction PCR


Metodologia PCR – Miscela di reazione

La Polymerase Chain Reaction (PCR) consente di ottenere l’aumento esponenziale di un frammento di DNA bersaglio.

Per amplificare il DNA e’ necessario partire da una miscela composta da:

  • DNA estratto e purificato;
  • DNA polimerasi termostabile (Taq-polimerasi-DNA);
  • Tampone;
  • MgCl2
  • dNTPs (nucleotidi A, T, G, C);
  • Primers (sequenze oligonucletodiche specifiche).

Primers

I primers sono brevi sequenze nucleotidiche complementari agli estremi del frammento di DNA da amplificare.

L’identificazione e l’amplificazione di tratti specifici di DNA richiedono quindi la conoscenza delle sequenze nucleotidiche che fiancheggiano il frammento target.

I primers devono:

  • essere sequenze oligonucleotidiche di 15-30 paia di basi;
  • presentare assenza di complementarità reciproca;
  • essere costituiti da sequenze differenti.

I primers rappresentano i fattori d’innesco della reazione di amplificazione.

TAQ polimerasi

E’ una DNA polimerasi estratta dal Thermophilus aquaticus batterio termofilo perciò è detta Taq polimerasi.

Ha il vantaggio di essere termostabile, quindi resistente alle temperature di denaturazione del primo step del ciclo di amplificazione.

Tale enzima interviene nella fase di extension e catalizza la reazione di ibridazione dei nucleotidi e l’allungamento dei filamenti di DNA.

L’amplificazione procede in direzione 5′-3′; si possono verificare piccoli errori di lettura.

Da ciò si deduce quanto sia importante ottimizzare tutti i parametri della reazione di amplificazione ed in particolare la scelta dei primers.

Amplificazione del DNA

La reazione di amplificazione prevede 3 step:

  1. DENATURATION
    • Temperatura >90 ºC che consente l’apertura della doppia elica di DNA (temperatura di melting);
  2. ANNEALING
    • Temperatura tra 50º e 60 ºC. I primers si legano per complementarietà al DNA target;
  3. EXTENSION
    • Temperatura di ~ 70 ºC che permette l’attivazione della Taq polimerasi e l’allungamento dei filamenti di DNA per attacco dei nucleotidi complementari al frammento da amplificare.

Temperatura di melting

La Temperatura di melting (Tm) e’ la temperatura alla quale il 50% delle molecole di DNA sono denaturate.

I fattori che influenzano la temperatura di melting sono:

  • Composizione del DNA
    • un incremento pari a 1% di basi complementari G e C determina + 0.4°C della Tm;
  • Concentrazione della soluzione salina
    • un aumento di 10 volte la concentrazione di cationi monovalenti della soluzione contenente il DNA determina un aumento di 16.6°C della Tm.

DNA estratto

Rappresentazione schematica di un  frammento di DNA.

Rappresentazione schematica di un frammento di DNA.


I step – denaturation

Frammento di DNA denaturato: apertura della doppia elica per rottura dei legami H.

Frammento di DNA denaturato: apertura della doppia elica per rottura dei legami H.


II step: annealing

Appaiamento dei primers complementari  ai frammenti di  DNA denaturato.

Appaiamento dei primers complementari ai frammenti di DNA denaturato.


III step: extension

Attivazione della Taq Polimerasi,  allungamento dei frammenti di DNA. 
In questa fase si ha la formazione dei long products, ossia di frammenti di DNA delimitati solo dal lato in cui i  primers ibridizzano.

Attivazione della Taq Polimerasi, allungamento dei frammenti di DNA. In questa fase si ha la formazione dei long products, ossia di frammenti di DNA delimitati solo dal lato in cui i primers ibridizzano.


III step: extension (segue)

A partire dal secondo ciclo di amplificazione si formano gli short product.
Il nuovo frammento ha polarità inversa ed i primers si legano nella direzione 5′-3′.

A partire dal secondo ciclo di amplificazione si formano gli short product. Il nuovo frammento ha polarità inversa ed i primers si legano nella direzione 5'-3'.


Thermocycler

La tecnica PCR è automatizzata per l’uso di apparecchi detti termociclizzatori (Thermocyclers). Ogni ciclo di amplificazione è composto da tre step:

  1. denaturazione
  2. appaiamento
  3. polimerizzazione.

Ciascun ciclo è ripetuto 20 – 30 volte e il processo di amplificazione dura ~ 2 ore.
La temperatura, la durata, ed il numero di cicli variano in base al tipo di esperimento che si intende impostare.

Termociclizzatori 
(Immagini da Applied Biosystems).

Termociclizzatori (Immagini da Applied Biosystems).


Visualizzazione dei prodotti di amplificazione

La visualizzazione dei DNA/prodotti di amplificazione avviene mediante elettroforesi su gel di agarosio.

Il gel è contenuto in una cella elettroforetica. Nella cella è presente una soluzione elettrolitica che favorisce il passaggio di corrente elettrica quando è collegata ad un alimentatore.

Il voltaggio è calcolato sulla base della lunghezza del gel (5 V/cm).

Il DNA estratto o i frammenti amplificati (gli acidi nucleici in soluzione hanno carica negativa per la presenza dei gruppi fosfati) migrano dal polo negativo verso il polo positivo con velocità differente in funzione di:

  • Dimensione dei frammenti di DNA
  • Concentrazione di agarosio nel gel
  • Voltaggio applicato ai due poli della cella elettroforetica
Cella elettroforetica orizzontale. 
Fonte:  eppendorf

Cella elettroforetica orizzontale. Fonte: eppendorf


Visualizzazione dei prodotti di amplificazione (segue)

Il DNA è visualizzato mediante radiazioni ultraviolette, l’apparecchio di emissione è il trasilluminatore.
In fase di polimerizzazione del gel è aggiunto un agente intercalante le basi azotate (bromuro di etidio).
Il bromuro di etidio reagisce emettendo fluorescenza quando esposto ai raggi UV e consente la visualizzazione delle bande di DNA.

Marker / ladder
Sono frammenti di DNA a concentrazione (marker)/lunghezza (ladder) nota, consentono per analogia di stabilire rispettivamente la concentrazione ed il numero di paia di basi dei frammenti amplificati.

A lato: Immagine di gel di agarosio mediante transilluminatore:
Lane 1: ladder
Lane 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9: frammenti di DNA amplificati

Journal of Food Protection, Vol. 72, No. 8, 2009, Pages 1718–1721

Journal of Food Protection, Vol. 72, No. 8, 2009, Pages 1718–1721


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