Si intende per “ALIMENTO” (o “prodotto alimentare”, o “derrata alimentare”) qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.
Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l’acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. (Art.2, Reg. n. 178/2002/CE)
Per “INGREDIENTE” si intende qualsiasi sostanza, compresi gli additivi, utilizzata nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare, ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma modificata. (Art.5, comma 1, D.L.vo n.109, 27/01/1992)
Per “COADIUVANTE TECNOLOGICO” si intende una sostanza che non viene consumata come ingrediente alimentare in sé, che è volontariamente utilizzata nella trasformazione di materie prime,prodotti alimentari o loro ingredienti, per rispettare un determinato obiettivo tecnologico in fase di lavorazione o trasformazione che può dar luogo alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tecnologici sul prodotto finito.
I principali requisiti di un coadiuvante tecnologico sono:
Per additivo alimentare si intende qualsiasi sostanza, normalmente non consumata come alimento in quanto tale e non utilizzata come ingrediente tipico degli alimenti, indipendentemente dal fatto di avere un valore nutritivo, aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, di trasformazione, di preparazione, di trattamento, di imballaggio, di trasporto o immagazzinamento degli alimenti, che si possa ragionevolmente presumere diventi, essa stessa o i suoi derivati, un componente di tali alimenti direttamente o indirettamente.
Un additivo alimentare è quindi una sostanza che:
Un additivo alimentare per essere approvato deve rispondere a determinati requisiti, quali:
Per la maggioranza degli additivi è prevista una dose di utilizzo o un limite massimo di residuo o dell’additivo in quanto tale o di un suo metabolita.
In alcuni casi tuttavia un additivo può essere utilizzato in base al principio del quanto basta.
La dizione “quanto basta” significa che non viene indicata una dose massima. Tuttavia, gli additivi alimentari devono essere utilizzati secondo le norme di buona fabbricazione ad una dose non superiore a quella necessaria per raggiungere lo scopo prefissato e a condizione che non traggano in inganno il consumatore.
È il caso degli antiossidanti, quali acido ascorbico ed ascorbato di sodio che vengono aggiunti ai prodotti carnei in base al criterio del “quanto basta” .
Tuttavia nel caso vengano utilizzati per i prodotti tradizionali italiani a base di carne elencati nell’allegato XVIII del DM 209/1996 la dose massima di utilizzo è dello 0,2 %.
Si intendono per:
“Conservanti” le sostanze che prolungano il tempo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato dai microrganismi.
“Antiossidanti” le sostanze che prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato dall’ossidazione, come l’irrancidimento dei grassi e le variazioni di colore.
“Acidificanti” le sostanze che aumentano l’acidità di un prodotto alimentare e/o conferiscono ad esso un sapore aspro.
“Correttori di acidità” le sostanze che modificano o controllano l’acidità o l’alcalinità di un prodotto alimentare.
“Antiagglomeranti” le sostanze che riducono la tendenza di particelle individuali di un prodotto alimentare ad aderire una all’altra.
“Antischiumogeni” le sostanze che impediscono o riducono la formazione di schiuma.
“Agenti di carica” le sostanze che contribuiscono ad aumentare il volume di un prodotto alimentare senza contribuire in modo significativo al suo valore energetico disponibile.
“Emulsionanti” le sostanze che rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili, come olio e acqua, in un prodotto alimentare;
“Sali di fusione” le sostanze che disperdono le proteine contenute nel formaggio realizzando in tal modo la distribuzione omogenea dei grassi e altri componenti;
“Agenti di resistenza” le sostanze che rendono o mantengono saldi e croccanti i tessuti dei frutti o degli ortaggi, o che interagiscono con agenti gelificanti per produrre o consolidare un gel;
“Esaltatori di sapidità” le sostanze che esaltano il sapore o la fragranza o entrambi di un prodotto alimentare;
“Agenti schiumogeni” le sostanze che rendono possibile l’ottenimento di una dispersione omogenea di una fase gassosa in un prodotto alimentare liquido o solido;
“Gelificanti” le sostanze che danno consistenza ad un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel;
“Sequestranti” le sostanze che formano complessi chimici con ioni metallici;
“Stabilizzanti” le sostanze che rendono possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare. Essi comprendono le sostanze che rendono possibile il mantenimento di una dispersione omogenea di due o più sostanze immiscibili in un prodotto alimentare e includono anche sostanze che stabilizzano, trattengono o intensificano la colorazione esistente di un prodotto alimentare;
“Sostanze Addensanti” le sostanze aumentano la viscosità di un prodotto alimentare;
Anche determinati gas dal punto di vista normativo sono considerati additivi e si distinguono in base alla funzione in:
“Gas d’imballaggio” i gas differenti dall’aria introdotti in un contenitore prima, durante o dopo aver introdotto in tale contenitore un prodotto alimentare;
“Propellenti ” i gas differenti dall’aria che espellono un prodotto alimentare da un contenitore;
“Agenti lievitanti” le sostanze, o le combinazioni di sostanze, che liberano gas aumentando il volume di un impasto o di una pastella.
I nitrati sono sali neutri dati dalla reazione dell’acido nitrico HNO3 con una base quale NaOH o KOH.
I nitriti sono sali neutri derivati dalla reazione dell’acido nitroso HNO2 con una base quale NaOH o KOH.
Sono additivi ad azione antimicrobica:
I nitriti esercitano azione batteriostatica diretta su quei microrganismi che presentano una bassa concentrazione di enzimi catalizzanti le reazioni di denitrificazione:
Nitrato reduttasi NO3- +2e- → NO2-
D nitrito reduttasi NO2 + e- → NO
Ossido nitrico reduttasi 2NO + 2e- → N2O
Ossido nitroso reduttasi N2O + 2e- → N2
A nitrito reduttasi NO2 + 6e- → NH4+
L’azione dei nitriti sui batteri si esplica attraverso:
Accanto all’azione antimicrobica i nitrati ed i nitri possono essere utilizzati come stabilizzanti del colore, infatti:
Il sito libero del ferro della mioglobina (principale pigmento muscolare)si può legare a molecole di ossigeno dando l’ ossiemoglobina (MbO2) color rosso brillante vivo.
Tale colore può essere stabilizzato quando molecole di monossido di azoto (derivato da nitrati e nitriti) si legano alla Mb dando nitrosomioglobina (MbNO) .
La reazione avviene secondo il seguente schema:
KNO3 K NO2_
KNO2_ (Acidità) HNO2
HNO2 + H (riduzione) NO + H2O
NO + Mb NOMb
La riduzione dei nitrati a nitriti è catalizzata dalla nitrato reduttasi, enzima presente nella flora batterica della cavità orale e del lume intestinale.
Gli effetti tossici di tipo acuto sono dovuti al potere metaemoglobinizzante dei nitriti.
Gli effetti tossici di tipo sub cronico e cronico sono dovuti alla reazione dell’ossido di azoto con le ammine (prodotti di derivazione aminoacidica) che può portare alla formazione di nitrosamine.
L’EFSA raccomanda che i livelli di nitriti e nitrati siano fissati nella legislazione come “quantità aggiunta” in quanto la formazione di C. botulinum è inibita non tanto dalla quantità residua di nitriti, quanto dalla dose aggiunta.
Il controllo delle quantità residue di nitriti/nitrati nel prodotto finale è di scarsa utilità, soprattutto perché il tasso di perdita dei nitriti in un prodotto dipende da una serie di fattori, tra cui il trattamento termico applicato, il pH del prodotto, la temperatura di immagazzinamento e l’aggiunta di acido ascorbico o altri agenti di riduzione.
Eliminata la possibilità di impiegare nitrati nei prodotti a base di carne trattati termicamente (sia cotti che sterilizzati). L’eventuale presenza di residui di nitrati in tali prodotti è da porre in relazione alla naturale conversione dei nitriti in nitrati in ambiente a bassa acidità.
Tuttavia, per determinati prodotti a base di carne tradizionali dovrebbero essere definite, in via eccezionale, le dosi residue massime, a condizione che i prodotti siano adeguatamente specificati e identificati.
L’Unione Europea – a seguito dell’entrata in applicazione del Regolamento 780/2006/CE – ha autorizzato l’impiego di nitrito di sodio, da utilizzare alternativamente al nitrato di potassio nei prodotti a base di carne biologici.
In particolare il regolamento stabilisce le seguenti condizioni d’impiego:
“Il loro uso è autorizzato soltanto qualora sia dimostrato, in modo soddisfacente per l’Autorità competente, che non esiste alcun metodo tecnologico alternativo in grado di offrire le stesse garanzie sanitarie e/o di preservare le peculiari caratteristiche del prodotto.”
Derivano dall’acido ortofosforico che a sua volta si ricava dal fosfato tricalcico mediante demolizione per via umida o per via secca (1350°C):
Dall’unione di due o più molecole di ac ortofosforico si hanno gli acidi polifosforici H4 P2O7 + H2O.
Dall’ac ortofosforico si ottengono mediante neutralizzazioni con soluzioni di un idrato alcalino tre sali definiti monofosfati (monosodico Na H2 PO4, disodico Na2 H PO4 e trisodico Na3 HPO4).
Polifosfati propriamente detti:
Appartengono alla categoria dei gelificanti, emulsionanti e addensanti.
Si differenziano in base a:
a) Rottura catene peptidiche in seguito al sequestro di ioni calcio che contribuiscono a mantenerle unite.
Passaggio di molecole di acqua che si fissano ai gruppi polari delle catene peptidiche.
Alcuni ioni (Ca Mg) abbassano la WHC (water holding capacity) del muscolo perché riducono la repulsione elettrostatica tra gruppi negativi determinando contrazione e addensamento della struttura proteica. I polifosfati, sequestrando tali ioni aumentano la WHC. I più efficaci sono i difosfati e i tripolifosfati in aggiunta a NaCl.
b) Allontanamento del pH (innalzamento) dal punto isoelettrico delle proteine muscolari con successivo rigonfiamento ed idratazione delle fibre muscolari.
c) Saponificazione degli acidi grassi liberi ad opera dei fosfati alcalini.
d) Abbassamento della tensione superficiale e facilitazione legame fra grasso e magro.
Possono alterare il rapporto Ca/P;
Il P in eccesso agirebbe come sequestrante a livello osseo (osteoporosi soggetti anziani con scarso assorbimento di Ca);
MTDI (introduzione giornaliera massima tollerabile) è 70 mg/kg p.c.
Polifosfati (E 338-341, 343. E 450-452)
In prodotti a base di carne pronti per il consumo dose max consentita 5g/Kg espressa come % di P2O5.
In surimi, pasta di pesce, crostacei in scatola, filetti di pesce o crostacei congelati o surgelati…
Dose Massima: 1 g/kg di trifosfati per surimi e di polifosfati per crostacei in scatola.
I solfiti sono additivi ad azione antimicrobica ed antiossidante. Vengono largamente impiegati in molti prodotti quali:
Si utilizza la semplificazione “SO2” per designare le diverse forme del biossido di zolfo, in passato chiamata anidride solforosa. L’anidride solforosa (SO2; PM = 64 g/mole) è un gas incolore, non infiammabile, solubile in acqua e con un forte odore pungente. La SO2 gassosa si dissolve nell’acqua dove dovrebbe produrre l’acido solforoso (fig. 1).
In soluzione acquosa questo composto si ripartisce in tre forme tra loro in equilibrio e più precisamente come molecola indissociata, l’acido solforoso (H2SO3), che darà origine, attraverso i relativi equilibri di dissociazione (pKa1= 1,78; pKa2 = 7,06), allo ione bisolfito (HSO3-) e allo ione solfito (SO3–) (fig. 2).
Queste tre forme H2SO3, HSO3- e SO3– costituiscono, per definizione, la SO2 libera.
anidride solforosa (E220)………………….solfito di sodio (E221)
sodio bisolfito (E222)……………………..metabisolfito di sodio (E223)
metabisolfito di potassio (E224)……………..solfito di calcio (E226)
calcio bisolfito (E227)……………………..potassio solfito acido (228)
Agiscono:
Prevengono tra gli altri effetti l’alterazione dei crostacei nota come “annerimento o melanosi o black spot” in quanto inibitori competitivi specifici della polifenolossidasi cioè di quel gruppo enzimatico che trasforma la tirosina in pigmenti melanici.
La normativa sugli allergeni alimentari cioè di quei prodotti alimentari, ingredienti e altre sostanze riconosciuti capaci di provocare un’ipersensibilità, include tra queste sostanze anche i solfiti.
A tal proposito sarà dunque obbligatorio l’indicazione in etichetta dei solfiti con la dizione “contiene solfiti” quando:
Anidride solforosa e solfiti sono presenti nel prodotto in concentrazioni superiori a 10 mg/kg o 10 mg/l espressi come SO2.
Altre forme di allergie o intolleranze possono essere dovute al glutine, dovuta alla presenza di leganti proteici quali proteine di soia in farcie ed impasti triti come:
1. Farine di soia da grani sgrassati;
2. Concentrati di soia da farina;
3. Isolati di soia;
o alla presenza di leganti polisaccaridici quali gli amidi:
1. Amido di frumento possono contenere tracce di glutine (estrazione);
2. Amido di mais, patata, riso possono contenere tracce glutine (contaminazione crociata).
Oppure al lattosio dovuta alla presenza di lattosio addizionato ai prodotti a base di carne per la sua azione sul pH, sul colore e sul miglioramento di gusto morbidezza e pastosità. Il lattosio può ritrovarsi nei prodotti a base di carne in quanto possono essere utilizzati ocme ingredienti:
1. Polvere di latte magro: massimo 4%;
2. Zuccheri (saccarosio, destrosio, lattosio, fruttosio e loro miscele): massimo 1,5% (D.M. 22.10.87 n.463);
3. Maltodestrine, proteine di soia isolate nei prodotti cotti o sterilizzati nonché caseinati, in alternativa al latte magro in polvere, negli insaccati: massimo 2% (D.M. 13.07.89 n. 270);
4. Soia, farine e proteine ristrutturate nei prodotti crudi, freschi o stagionati (D.M. 24.02.90 n. 106 più volte modificato).
I produttori alimentati devono:
2. Principi e metodi della analisi del rischio
3. Impiego delle basse temperature
4. Impiego del calore nella conservazione degli alimenti
5. Igiene e tecnologia dell'affumicamento
7. La tecnologia dei prodotti a base di carne cotti: il prosciutto cotto
8. Igiene e tecnologia dei prodotti a base di carne crudi: il salame
9. Igiene e tecnologia del latte
10. Igiene e tecnologia prodotti della pesca trasformati
11. Additivi nell'industria alimentare