L’apparato locomotore comprende organi costituiti da tessuti duri, le ossa e le cartilagini, e da tessuti molli, muscoli, tendini e legamenti.
I primi hanno nell’esame radiografico la tecnica d’elezione, mentre i secondi hanno come tecniche di scelta la TC e la RM. L’ecografia riveste un ruolo importante nello studio dei tessuti molli. I suoi limiti principali sono la visione sempre parziale dell’organo oggetto di studio, la barriera rappresentata dall’osso e la necessità di effettuare estese tricotomie. Difficilmente, nei piccoli animali, si fa ricorso alle metodiche di MN (scintigrafia, SPECT, PET) per studiare lesioni dell’apparato locomotore.
In questa lezione parleremo più diffusamente della tecnica radiografica applicata allo scheletro appendicolare mentre le altre tecniche verranno solo accennate. Inoltre, nei materiali di studio, sono disponibili le lezioni sull’apparato locomotore del cavallo. Come al solito, per gli approfondimenti, si rimanda alla consultazione dei testi.
Lo studio radiografico del sistema scheletrico prevede:
Posizioni e proiezioni per i vari segmenti dello scheletro appendicolare.
In alcuni casi, l’adozione di posizioni poco stressanti o meno disagevoli per il paziente può non evidenziare la lesione.
Nella figura 1 si può notare come nella proiezione VD con arti flessi ed abdotti è difficile vedere la lussazione e il distacco epifisario della testa del femore che, invece, sono facilmente riconoscibili nella proiezione VD con arti posteriori iperestesi caudalmente.
Se il segmento non è visibile per intero non è apprezzabile.
Quando il distretto anatomico è complesso o poco familiare è utile estendere l’esame anche all’arto controlaterale per poter effettuare un confronto.
L’esame radiografico è utile per la diagnosi e la caratterizzazione della lesione, per controllare l’efficacia degli interventi terapeutici adottati (riduzione, fissazione) e per verificare l’andamento dei processi riparativi. Infine, l’esame RX rappresenta un documento con valore medico-legale.
Il tessuto osseo è l’unico che, grazie alla densità ed al contrasto con i tessuti molli, può essere valutato radiograficamente nella sua struttura. Le lesioni fondamentali dell’osso determinano una riduzione o un aumento della densità del tessuto osseo.
L’esame RX è estremamente sensibile nel visualizzare alterazioni scheletriche: molte alterazioni possono essere caratterizzate in maniera definitiva con la radiografia; altre, invece, avendo segni radiografici sovrapponibili, richiedono ulteriori esami per una diagnosi definitiva.
Radiograficamente possono essere diagnosticate le seguenti lesioni:
Le flogosi, la degenerazione (infarti, necrosi) e le neoplasie, sebbene visibili, possono difficilmente essere differenziate, a causa di alcuni caratteri radiografici comuni (osteosclerosi, reazione periostale, osteolisi). Come vedremo, per queste lesioni ossee si valutano una serie di segni radiografici che, considerati nel loro insieme, contribuiscono a definire la lesione “benigna” o “maligna”.
Le alterazioni fondamentali dell’osso possono avvenire in senso negativo, cioè, con riduzione della densità, o in senso positivo, cioè con aumento della densità.
Nel primo caso si parla di “osteorarefazione”, nel secondo di “osteoproliferazione”.
L’osteorarefazione può avvenire a spese di tutte le componenti scheletriche (osteoporosi, osteomalacia) o essere limitata ad una porzione di un segmento con distruzione della normale struttura scheletrica (osteolisi).
L’osteoproliferazione può avvenire con ispessimento della compatta (osteopetrosi), a spese della cavità midollare (osteosclerosi) o verso l’esterno (reazione periostale).
Per frattura si intende un’interruzione di continuità di un osso, di una cartilagine o di entrambi.
Radiograficamente, almeno per quanto riguarda il tessuto osseo, la frattura può definirsi come una linea di radiotrasparenza, più o meno irregolare che interrompe la struttura del segmento o dei segmenti interessati.
L’esame radiografico è l’unica indagine in grado di caratterizzare le fratture. L’esame clinico, sebbene condotto da un esperto, non sempre è in grado di far capire esattamente il tipo di frattura.
La classificazione delle fratture può essere fatta utilizzando come criteri:
A seconda della localizzazione sul segmento scheletrico coinvolto, si possono avere fratture diafisarie, metafisarie, epifisarie, apofisarie. Dopo la chiusura dei dischi epifisari, non si parla più di metafisi ma solo di diafisi ed epifisi, distale e prossimale.
A seconda dell’estensione della linea di frattura, possiamo avere fratture incomplete o complete.
Nei soggetti giovani, a causa dell’elasticità della compatta e dello spessore del periostio, spesso le fratture sono incomplete, a volte con un caratteristico sfrangiamento della linea di frattura definito “a legno verde“.
A seconda dell’orientamento della linea di frattura si possono avere fratture trasverse, oblique, spiroidali o longitudinali.
A seconda del numero dei monconi, possiamo avere fratture semplici (solo due monconi) o segmentarie (più di due monconi), scheggiose (due monconi oltre a tre o più schegge di grandi dimensioni, a volte dette “a farfalla” per la loro forma) o comminute (due monconi oltre a multiple piccole schegge).
A seconda della dislocazione dei monconi possiamo avere fratture composte o scomposte.
La scomposizione può avvenire:
A seconda se un’articolazione sia interessata o meno dalla linea di frattura, avremo fratture extra-articolari o intra-articolari.
Naturalmente, il coinvolgimento di un’articolazione, riduce la prognosi di una frattura.
Sebbene in maniera a volte approssimativa e non esattamente specifica, l’esame radiografico può chiarire le cause di una frattura.
È così possibile distinguere una frattura traumatica, da una patologica (cioè, intervenuta su un substrato patologicamente indebolito, spesso senza un vero e proprio “trauma”) o da una “da stress” (fratture che si verificano nei soggetti da lavoro, in particolare sulle apofisi dove prendono attacco i tendini).
I tessuti molli sono sempre coinvolti a causa della lesione diretta dei monconi al momento del trauma. Tuttavia, tale coinvolgimento può essere complicato dall’esposizione di uno dei capi di frattura. Quindi, si possono avere fratture chiuse, di solito non complicate, o esposte, complicate.
Nelle ossa lunghe dei soggetti giovani sono presenti le fisi (sin. dischi epifisari, piastre o cartilagini di accrescimento). Le fisi rivestono un ruolo essenziale per la crescita in lunghezza delle ossa. Una lesione a questo livello è, perciò, causa di accorciamenti o deformità del segmento interessato.
Le lesioni fisarie (fig. 2) vengono classificate utilizzando lo schema di Salter ed Harris, originariamente proposto per i bambini. In tale classificazione la gravità della lesione, dal tipo 1 al tipo 5 (fig. 3), è progressivamente crescente e, perciò, al crescere del numero si riduce la prognosi.
Naturalmente, anche la guarigione di una frattura può andare incontro a patologie. L’esame radiografico è, di solito, sufficiente per caratterizzare il problema.
Sebbene l’esame radiografico non permetta di visualizzare tutte le componenti articolari (in particolare la cartilagine, la sinovia, la capsula, i legamenti) molti segni radiografici, anche se non specifici, sono tipici della malattia articolare, primaria o secondaria.
Molte sono le cause che possono portare alla malattia articolare degenerativa (artrosi): età, traumi, displasie, infiammazioni, infezioni, neoplasie, malattie immuno-mediate.
Nelle artriti acute, radiograficamente potrà evidenziarsi un ampliamento dei recessi articolari (ectasie). Nei processi cronici o caratterizzati da erosione della cartilagine di incrostazione si può avere, invece, una riduzione dell’ampiezza dello spazio articolare.
Con la cronicizzazione, compaiono altri segni quali la sclerosi e le cisti dell’osso subcondrale, gli osteofiti periarticolari e gli entesiofiti in corrispondenza di inserzioni tendinee o legamentose.
Le lussazioni sono uno degli eventi traumatici più frequenti.
A volte, le lussazioni sono complicate dalla presenza di fratture parcellari.
Quando la perdita dei rapporti articolari non è totale e duratura, si parla di sublussazione. La sublussazione può essere anche non traumatica ma espressione di lassità articolare.
L’ecografia può essere considerata un utile esame complementare per alcune articolazioni maggiori quali il ginocchio e la spalla.
La cartilagine di incrostazione normale è ipo-anecogena, di spessore regolare e con un interfaccia con l’osso subcondrale liscia. Quando presenti, gli osteofiti o le irregolarità di spessore della cartilagine sono facilmente apprezzabili. Inoltre, potrà essere valutato lo stato di altri componenti articolari quali la capsula ed i legamenti.
Nelle patologie articolari caratterizzate da instabilità per la rottura o la sovradistensione di un legamento o della capsula, è utile eseguire degli esami radiografici in stress, cioè, mentre si effettua la manovra che elicita l’instabilità.
In questo caso l’esame radiografico ha un valore prettamente medico-legale perché, è chiaro, l’instabilità è già apprezzabile all’esame clinico.
La displasia dell’anca è una patologia comune delle razze canine di taglia grande e gigante. Le anche vengono studiate radiograficamente per includere o escludere la displasia, per stabile la prognosi e per programmarne la terapia. Il protocollo di studio è molto particolareggiato e richiede la proiezione VD con arti posteriori estesi, con femori paralleli fra loro e intrarotati in maniera da far proiettare le rotule sulle troclee femorali. La simmetria del posizionamento è fondamentale per la valutazione dei radiogrammi.
In Italia la displasia d’anca viene valutata secondo i criteri dettati dalla Federatione Internationale Cinologique (FCI) che prevedono 5 classi: A) esente da displasia, B) dubbia displasia, C) lieve displasia, D) moderata displasia, E) grave displasia.
Il gomito è spesso sede di displasia nelle razze canine di taglia grande e gigante. Le lesioni comprese in questo termine sono la mancata unione del processo anconeo (Ununited Anconeal Process – UAP), la frammentazione del processo coroneoideo mediale (Fragmented Coronoideal Process – FCP), l’osteocondrosi dissecante del condilo omerale (OCD) e l’incongruenza articolare da radio corto o da ulna corta.
L’esame TC è molto più specifico della radiografia nel caratterizzare la lesione responsabile.
In questo termine vengono ricomprese numerose patologie che presentano come tratto comune l’immaturità o la degenerazione della cartilagine di incrostazione o di accrescimento di alcuni segmenti scheletrici. Spesso la patologia è bilaterale. Radiograficamente, l’OCD appare come un difetto sul profilo di una articolazione o, a volte, come una piccolo frammentazione.
Le articolazioni colpite sono, in ordine di frequenza, la spalla, il gomito, il ginocchio ed il tarso.
Per il tarso, nel caso di lesioni localizzate sul labbro trocleare laterale, coperte dal calcaneo nella proiezione DPl, è prevista una proiezione aggiuntiva rispetto alle ortogonali di base, la dorso-plantare con piede flesso.
La necrosi asettica della testa del femore (sin. Malattia di Legg-Calvé-Perthes) è una patologia tipica delle razze canine toy.
Radiograficamente sono presenti aree di lisi localizzate nell’epifisi prossimale della testa del femore, associate a sclerosi della spongiosa del collo femorale. La necrosi può portare al collasso o alla frattura patologica della testa femorale. Le alterazioni morfologiche della testa conducono alla malattia articolare secondaria.
Le osteodistrofie possono essere congenite o acquisite.
In genere, si caratterizzano per una perdita generalizzata di densità del tessuto osseo che però conserva la sua normale struttura (osteomalacia): le corticali sono assottigliate, le lamelle della spongiosa rarefatte, la compatta assottigliata e, a volte, sdoppiata. L’indebolimento del tessuto osseo è causa di deformità più o meno accentuate delle ossa lunghe.
Le forme secondarie a carenze alimentari sono ormai rare a riscontrarsi.
L’esame RX è molto sensibile nel dimostrare alterazioni ossee flogistiche, degenerative o neoplastiche, perché, come abbiamo più volte detto, lo scheletro presenta un elevato contrasto rispetto ai tessuti molli. Tuttavia, molti dei segni radiografici presenti in queste lesioni non sono specifici.
Esistono, comunque, dei criteri radiografici che ci possono indicare se il processo è acuto o cronico, se è attivo o spento, se interessa uno o più segmenti, se interessa anche l’articolazione o solo un segmento, se i tessuti molli sono coinvolti o meno.
La diagnosi definitiva è, come al solito, demandata agli esami cito- ed isto-patologici su materiale raccolto direttamente dalle lesioni.
La reazione periostale può essere:
Un altro carattere radiografico interessante da valutare è la zona di transizione tra la lesione e l’osso integro.
La transizione può essere:
Lesione benigna
Lesione maligna
La TC essendo basata sulla trasmissione dei raggi X unisce i vantaggi del contrasto offerto dal tessuto osseo all’assenza dei problemi di sovrapposizione. Inoltre, la maggiore risoluzione di contrasto e l’abbinamento di studi con somministrazione di mdc, permette una migliore caratterizzazione delle lesioni. Nel caso di lesioni neoplastiche, la TC permette anche la stadiazione.
I principali limiti di questa metodica sono la necessità di ricorrere a sedazioni profonde o narcosi per la sua esecuzione e i maggiori costi.
I tessuti molli dell’apparato locomotore possono essere studiati con l’ecografia o, meglio, con la TC o la RM.
L’ecografia è considerata la tecnica di 1° livello per la sua economicità ed innocuità, nonostante i molti limiti che essa presenta.
I muscoli, i legamenti ed i tendini presentano ecograficamente una caratteristica organizzazione fibrillare che, nelle scansioni longitudinali rispetto alle fibre, appare come una serie di strie parallele, (intervallate da bande ipoecogene nei muscoli, strettamente addossate tra loro nei tendini e nei legamenti) e che, nelle scansioni trasversali, appare come un’omogenea distribuzione di punti ecogeni/iperecogeni (distanziati nei muscoli e ravvicinati nei tendini e legamenti). Qualsiasi alterazione di questa ecostruttura è da considerare patologica.
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Posizioni e proiezioni per lo studio dello scheletro appendicolare
Lo studio degli arti dei cavalli (Lezioni del Corso di Radiologia e Medicina Nucleare del Modulo di "Clinica e Patologia degli Animali da Reddito" del 5° anno)