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Leonardo Meomartino » 14.Ultrasuoni ed ecografia: Artefatti ecografici


Definizione di artefatto ecografico

Un artefatto ecografico può essere definito come una informazione falsa, multipla o distorta generata dalla macchina o dalla interazione degli ultrasuoni con i tessuti.


Artefatti in ecografia

Come abbiamo detto nell’introduzione delle lezioni dedicate all’ecografia, l’ecografia è strettamente operatore-dipendente. Uno dei motivi che rendono particolarmente difficile l’esecuzione dell’esame e la sua interpretazione è la frequente presenza di immagini artefattuali.


Perché si hanno gli artefatti

Gli artefatti ecografici si formano perché non sempre sono vere le seguenti assunzioni di principio:

  • La propagazione degli ultrasuoni è rettilinea.
  • Il fascio di ultrasuoni è infinitamente sottile nella sua direzione laterale e nello spessore.
  • La velocità del suono è costante nei tessuti.
  • L’eco rilevato origina dall’ultimo impulso inviato.
  • L’eco rilevato ha seguito la più breve strada possibile tra il riflettore e la sonda.
  • L’ampiezza degli echi è proporzionale alla differenza tra l’impedenza acustica dei diversi strati di tessuto.
  • L’ampiezza degli ultrasuoni diminuisce con l’aumentare della penetrazione in profondità.
  • I computer sono intelligenti.

Artefatti “buoni” e “cattivi”

Comunque, in ecografia, gli artefatti possono, a volte, essere utili elementi d’interpretazione.
Per questo è possibile parlare di artefatti “buoni”, nel senso che forniscono informazioni utili per la diagnosi, ed artefatti “cattivi”, che, invece, possono portare  a diagnosi incorrette o completamente errate.
Alla categoria degli artefatti “buoni” appartengono il rinforzo di parete posteriore, l’ombra acustica posteriore ed alcuni tipo di riverberi, quali, ad esempio, il ring down artifact.
Alla categoria dei “cattivi” appartengono la rifrazione, le immagini a specchio, l’anisotropismo, il range-ambiguity, gli artefatti da lobi laterali, da cambiamento della velocità, da volume parziale, il Doppler-aliasing.

Buoni e Cattivi

Buoni e Cattivi


Rinforzo di parete posteriore

Gli ultrasuoni che attraversano una raccolta liquida omogenea, non producono echi e, per questo, si attenuano poco. A lato della raccolta liquida, invece, il fascio subisce i normali fenomeni di riflessione, rifrazione e attenuazione.
Distalmente alla raccolta liquida, perciò, arrivano ultrasuoni più intensi di quelli che non hanno attraversato la raccolta stessa: i tessuti situati posteriormente alla raccolta liquida emetteranno, quindi, echi molto più intensi rispetto ai circostanti apparendo più ecogeni.
Questo artefatto può aiutare a distinguere (non sempre!) una lesione cistica da un nodulo solido ipoecogeno.

 

Rinforzo di parete posteriore (frecce)

Rinforzo di parete posteriore (frecce)

A sn: cisti ovarica, è presente il rinforzo posteriore. A dx: linfonodo linfomatoso, non è presente il rinforzo

A sn: cisti ovarica, è presente il rinforzo posteriore. A dx: linfonodo linfomatoso, non è presente il rinforzo


Cono d’ombra posteriore

Interfacce con impedenze acustiche marcatamente diverse possono causare la completa riflessione del fascio ultrasonoro. Tale fenomeno produce, distalmente alla superficie iperriflettente, una zona priva di echi, scura, detta “cono d’ombra posteriore”.
Il cono d’ombra posteriore (sin. “ombra acustica posteriore”) può essere prodotto da calcoli, gas, strutture ossee e strutture fibrose dense (cicatrici).
Oggetti con superfici iperriflettenti lisce o accumuli di piccoli oggetti iperriflettenti hanno un’ombra acustica posteriore “pulita” (nel senso di molto anecogena, ovvero, nera).
Oggetti piccoli con superficie irregolare od oggetti o sostanze meno densi hanno, invece, un’ombra acustica posteriore “sporca” (cioè, non completamente anecogena).

Cono d’ombra posteriore (frecce)

Cono d'ombra posteriore (frecce)

Ombra acustica “sporca” (frecce) di un calcolo vescicale poco mineralizzato

Ombra acustica "sporca" (frecce) di un calcolo vescicale poco mineralizzato


Artefatti da riverbero

Le riverberazioni sono prodotte da strutture (gas, osso, parete prossimale di una raccolta liquida), che producono una forte riflessione degli US, tale che questi colpiscono il trasduttore e da questo vengono inviati nuovamente nei tessuti: questo percorso viene effettuato più volte, dando origine a riflessioni multiple tra oggetto e trasduttore, che determinano una serie di bande ecogene distanziate tra loro da un intervallo costante, pari alla distanza tra oggetto e sonda, e con intensità decrescente.

Rappresentazione schematica della formazione dei riverberi

Rappresentazione schematica della formazione dei riverberi

Riverbero da gas (pneumoperitoneo): l’artefatto si ripete ad intervalli regolari

Riverbero da gas (pneumoperitoneo): l'artefatto si ripete ad intervalli regolari


Ring down artifacts

Il ring down artifact è un particolare tipo di artefatto da riverberazione che si produce in seguito a riflessioni multiple che avvengono tra parete posteriore ed anteriore di un oggetto (“ringing” = vibrare come un campanello elettrico). Queste riflessioni multiple producono una serie di echi paralleli e assai vicini tra loro, realizzando un’immagine assai caratteristica detta “a coda di cometa”.
Questo artefatto si verifica quando viene insonata una struttura di piccole dimensioni e ad elevata impedenza acustica quali piccole bolle gassose, microcalcificazioni, cristalli di colesterolo.

Rappresentazione schematica della formazione del ring down

Rappresentazione schematica della formazione del ring down

Ring down con aspetto a “coda di cometa” da microbolle

Ring down con aspetto a "coda di cometa" da microbolle


Ombra laterale da rifrazione

Quando un ultrasuono attraversa un’interfaccia devia dalla sua direzione rettilinea con un angolo che presenterà una deflessione verso il versante dell’impedenza maggiore.
Nelle immagini ecografiche i fenomeni di rifrazione si rendono evidenti in corrispondenza dei profili laterali di strutture rotondeggianti od ovalari, solide o liquide, determinando la comparsa delle cosiddette “ombre acustiche laterali”.
Le ombre acustiche laterali non vanno confuse con l’ombra acustica posteriore!

Ombre laterali da rifrazione (frecce piccole)

Ombre laterali da rifrazione (frecce piccole)

A sn, ombre laterali da rifrazione. A dx, ombra acustica posteriore (teste di frecce)

A sn, ombre laterali da rifrazione. A dx, ombra acustica posteriore (teste di frecce)


Ombra laterale da rifrazione

La rifrazione causa una distorsione delle immagini tale che i diametri laterali degli organi possono risultare sottostimati oppure che si può avere la mancata visualizzazione delle pareti, ad esempio della vescica, simulando una lesione di continuo.

Falsa rottura della vescica (punta di freccia)

Falsa rottura della vescica (punta di freccia)


Immagini a specchio (mirror artifacts)

Strutture poste presso interfacce ricurve e a forte riflessione sono riprodotte sia nella loro posizione reale che al di là dell’interfaccia che ha agito come specchio.
Questo artefatto si produce a causa di riflessioni multiple, che avvengono tra la superficie che agisce da specchio e la struttura posta a ridosso di essa, con conseguente allungamento del tragitto del fascio e allungamento del tempo impiegato dagli US per ritornare alla sonda: il computer interpreta gli echi riflessi una seconda volta come posti più profondamente e, quindi, riproduce un’immagine anche al di là della superficie specchio, in sede speculare a quella reale.
Questo artefatto è particolarmente insidioso perché può indurre in gravi errori diagnostici (false ernie diaframmatiche, false raccolte liquide, ecc.).
Un’immagine “reale” sarà visibile in tutte le scansioni, mentre, un artefatto da mirror no.

Lobi epatici e falda liquida anche al di là del diaframma!

Lobi epatici e falda liquida anche al di là del diaframma!


Distanza ambigua (Range ambiguity)

Questo artefatto si forma in presenza di raccolte liquide di notevoli dimensioni, come nel caso di vescica sovradistesa.
L’artefatto si genera perché gli echi provenienti dalla parete distale della raccolta raggiungono la sonda dopo che è partito un altro impulso di ultrasuoni, per cui l’elaboratore dell’ecografo interpreta questi echi come provenienti da molto più vicino del reale e li pone, quindi, all’interno della raccolta simulando la presenza di un deposito ecogeno.

Rappresentazione schematica dell’artefatto da range ambiguity

Rappresentazione schematica dell'artefatto da range ambiguity

Artefatto da range ambiguity (frecce)

Artefatto da range ambiguity (frecce)


Anisotropismo

Questo artefatto è causato dal fatto che, come abbiamo detto nella prima lezione dedicata all’ecografia, l’immagine è formata solo grazie agli echi che tornano verso la sonda. I restanti echi diffusi si disperdono nei tessuti senza contribuire alla formazione dell’immagine.
L’artefatto da anisotropismo è particolarmente insidioso nello studio dei tendini dei cavalli. Infatti, durante lo studio di queste strutture se la sonda non è perfettamente perpendicolare all’andamento delle fibre, il tendine apparirà ipoecogeno e ciò può indurre ad una diagnosi errata di edema.

Artefatto da anisotropismo in una scansione trasversale del nodello di un cavallo

Artefatto da anisotropismo in una scansione trasversale del nodello di un cavallo


Artefatto da lobi laterali (side-lobe artifacts)

Questo artefatto, piuttosto insidioso, è dovuto alla morfologia spaziale del fascio ultrasonoro. Nella prima lezione dedicata all’ecografia, abbiamo definito il fascio ultrasonoro come “un pennello” o “un ventaglio” di ultrasuoni. In effetti, oltre al fascio principale (che presenta la conformazione precedentemente detta), vi sono dei fasci minori, per intensità, disposti lateralmente al fascio principale e detti “lobi laterali”. La loro presenza può determinare la comparsa di echi in una raccolta liquida perché, mentre il lobo principale la attraversa senza che si creino echi, i lobi laterali interagiscono con strutture od organi posti lateralmente alla raccolta (ad esempio, nel caso della vescica, gas o materiale fecale nel colon) e gli echi da essi generati, giunti alla sonda, vengono interpretati come facenti parte del fascio principale e, quindi, disegnati nel lume della raccolta liquida.
Ciò può causare diagnosi di falsi sedimenti, lesioni occupanti spazio o calcoli.
L’effettuazione di più scansioni o una migliore regolazione dei fuochi permette una corretta interpretazione delle immagini.

Rappresentazione schematica del fascio ultrasonoro

Rappresentazione schematica del fascio ultrasonoro

Artefatto da lobi laterali: a sn, irregolari echi nella vescica, non più visibili spostando il fuoco

Artefatto da lobi laterali: a sn, irregolari echi nella vescica, non più visibili spostando il fuoco


Artefatto da volume parziale

Bisogna ricordare che le immagini ecografiche sono sì tomografiche ma che, in effetti, sono delle ricostruzioni bidimensionali di volumi (il fascio ha tutte e 3 le dimensioni!). Nel ricostruire l’immagine il computer fa una media delle riflessioni giunte un determinato volume.
Questo potrà determinare la comparsa di echi all’interno di raccolte liquide comprese all’interno di tessuto solido sia se la raccolta ha dimensioni maggiori a quelle del fascio US (quando la raccolta stessa viene colpita dal fascio US solo in parte) sia se la raccolta ha il diametro inferiore allo spessore del fascio.
La presenza di più fuochi o un fascio molto sottile riducono l’importanza di questo artefatto.

Rappresentazione schematica dell’artefatto da volume parziale

Rappresentazione schematica dell'artefatto da volume parziale

Una piccola formazione cistica epatica presenta omogenei echi interni e rinforzo (frecce)

Una piccola formazione cistica epatica presenta omogenei echi interni e rinforzo (frecce)


Artefatto da cambiamento di velocità

Gli ecografi ricostruiscono l’immagine come se gli US attraversassero il corpo umano a velocità costante; la velocità di propagazione, però, varia nei diversi tessuti.
Poiché gli US attraversano l’acqua ed il grasso più lentamente rispetto alla velocità costante presunta, accade che nell’immagine una struttura adiposa o liquida venga riprodotta più grande che nella realtà, a causa di uno spostamento in senso distale della parete posteriore.
Ugualmente spostate risulteranno tutte le interfacce, poste distalmente alla struttura in questione.
Una situazione esattamente contraria avviene per le strutture nelle quali la velocità di propagazione è più alta rispetto alla velocità costante di settaggio; in tale caso, tali formazioni risulteranno più piccole.
In ambedue i casi, questo artefatto può simulare la presenza di lesioni di continuo, ad esempio a carico del diaframma.

Interruzione e spostamento distale del diaframma (punte di frecce)

Interruzione e spostamento distale del diaframma (punte di frecce)


Artefatto da sdoppiamento/spostamento laterale

In presenza di fenomeni di rifrazione, le strutture colpite dal fascio rifratto vengono riprodotte in una posizione che non corrisponde alla loro sede reale.
L’effetto può essere lo sdoppiamento o lo spostamento dell’immagine.
In alcuni casi, questo artefatto può simulare la presenza di una lesione di continuo su una superficie iperriflettente.

Artefatto da sdoppiamento: il diaframma presenta una falsa lesione di continuo

Artefatto da sdoppiamento: il diaframma presenta una falsa lesione di continuo


Artefatti nell’eco-Doppler

Il più frequente artefatto dell’eco-Doppler è il cosiddetto “aliasing”.
Come abbiamo detto per il Doppler Pulsato (e per il Color Doppler) esiste un limite di velocità massima calcolabile legato al cosiddetto “numero di Nyquist”: se la velocità del flusso supera la metà del PRF (pulse repetition frequency) la direzione del flusso sembra invertire il suo senso (un flusso in avvicinamento sembrerà allontanarsi). A causa dell’aliasing viene simulata la presenza di turbolenze.
Questo fenomeno è simile a ciò che avviene se guardiamo un’elica che si mette a ruotare, ad un certo punto (il limite di Nyquist per la nostra retina) essa sembrerà ruotare al contrario.

Aliasing (frecce) e Doppler mirror: la direzione del flusso è ambigua

Aliasing (frecce) e Doppler mirror: la direzione del flusso è ambigua


Nella prossima lezione

Ci occuperemo dei principi fisici e della formazione delle immagini TC.


I materiali di supporto della lezione

Gli artefatti in ecografia, Prof.ssa Dominique Penninck (Presid. ECVDI)

Eartus dominique pennique

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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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