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Serena Calabrò » 5.Analisi biologiche per la stima del valore nutritivo


Valore nutritivo

  • Valore nutritivo = quantità di energia e principi nutritivi che i componenti chimici di un alimento possono rendere effettivamente disponibile per il metabolismo (mantenimento e produzione) dell’animale.
  • Il valore nutritivo di un alimento e/o delle sue frazioni dipende dalla velocità di degradazione e dal tempo di permanenza nell’apparato gastro-eneterico e, quindi, è strettamente correlata alle caratteristiche chimico-fisiche dell’alimento considerato.
  • La determinazione del valore nutritivo degli alimenti di interesse zootecnico, in particolare dei foraggi, è indispensabile per il razionamento e la formulazione delle diete destinate agli animali in produzione.
  • I foraggi presentano una notevole variabilità in funzione di molti parametri (specie vegetale, stadio vegetativo, associazione con altre specie, concimazioni, natura del terreno, clima) che influenzano la qualità dei glucidi di struttura nonché le proporzioni tra le varie frazioni.

Valore nutritivo II

  • Nei poligastrici, ancor prima che si approfondissero le conoscenze relative al complesso ecosistema ruminale, sono stati messi a punto due metodi per determinare il valore nutritivo degli alimenti per i ruminanti:
    • uno riguardante la capacità di fornire energia;
    • l’altro concernente il contenuto di proteine.
  • Purtroppo i due sistemi si sono sviluppati indipendentemente ed utilizzano unità di misura completamente distinte.
  • L’ottimizzazione del rapporto energia/azoto disponibili a livello ruminale, al fine di rendere massima l’efficienza delle sintesi microbiche, rende necessarie conoscenze approfondite delle varie frazioni che apportano energia e azoto sia per i vari alimenti sia, soprattutto, per le diete onde soddisfare con continuità le esigenze energetiche e azotate della micropopolazione ruminale.

Utilizzazione energia alimentare


Sistemi per la stima del valore nutritivo

Sistema inglese dell’energia metabolizzabile

Basato sugli studi di Blaxter (1965) e attualmente usato in Inghilterra per i ruminanti.

Sistema francese dell’unità foraggera

Sistema messo a punto dai ricercatori dell’Institute National de la Recherche Agronomique (INRA).

Sistema americano dell’energia netta di lattazione

Sistema recepito nei bollettini della National Research Council (NRC).

Sistemi per la stima del valore nutritivo II

Esistono numerosi metodi utili per studiare sia le caratteristiche degli alimenti che i fabbisogni nutritivi degli animali:

  • monitoraggio dell’ingestione alimentare;
  • determinazione della digeribilità;
  • stima della velocità di transito;
  • monitoraggio delle concentrazioni dei prodotti finali di fermentazione nel rumine;
  • determinazione dei principi nutritivi nel sangue.

Classificazione dei vari metodi

Metodi chimici

  • Si basano sul tenore in alcune frazioni chimiche (fibra grezza, lignina, ADF) dell’alimento e sulle correlazioni evidenziate in vivo.
  • Spettroscopia a riflettanza nel vicino infrarosso (Marten et al., 1988)

Metodi microbici (o biologici)

  • Si basano sull’impiego di microrganismi ruminali e sulla simulazione più o meno completa del processo digestivo che si realizza nell’apparato digerente dei ruminanti.

Metodi enzimatici

  • Si basano sull’impiego di enzimi, che sostituiscono e simulano l’attacco operato dai microrganismi ruminali.
  • Incubazione con enzimi (Kopecný et al., 1989): metodo volto a valutare la solubilità e la degradabilità dell’azoto degli alimenti per ruminanti.
  • L’intento è quello di operare indipendentemente dalla disponibilità di animali dotati di fistola e tenuti ad alimentazione controllata, ridurre gli inconvenienti derivanti dalla inevitabile variazione di attività della microflora ruminale.

Metodi biologici per stimare il valore nutritivo di un alimento

  • Prove in vivo:
    • bilancio ingesta-excreta;
    • metodo degli indicatori.
  • Degradabilità in situ dell’azoto
  • Metodi in vitro:
    • metodo a due stadi (Tilley e Terry, 1963): metodo gravimetrico di tipo statico che non fornisce informazioni sulla cinetica di fermentazione;
    • sistemi fermentativi continui (Hoover et al., 1976);
    • produzione cumulativa di gas (Theodorou et al., 1994): stima la fermentescibilità degli alimenti, ha trovato nell’ultimo decennio ampia diffusione;
    • degradabilità dell’NDF (Cornell University).

Prove in vivo e metodi in vitro

  • Gli studi in vivo sulla degradabilità dei prestomaci e digeribilità nei tratti successivi richiedono animali preparati chirurgicamente (fistole a livello di rumine, abomaso, duodeno, ileo), nonché opportuni indicatori che permettano di valutare le velocità di flusso dei nutrienti e di differenziarne l’origine microbica o alimentare.
  • Inoltre è difficile determinare i contributi endogeni dei principi nutritivi, necessari per ottenere corretti valori di digeribilità.
  • Tali studi sono:
    • costosi;
    • richiedono intenso lavoro di laboratorio;
    • richiedono gran dispendio di tempo;
  • per cui si è molto diffusa la tecnica dell’incubazione in situ o dei nylon bags.

Prove in vivo e metodi in vitro II

  • A causa della crescente sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei ricercatori ai problemi inerenti il benessere animale, l’uso di procedure chirurgiche invasive per le ricerche nutrizionali è sempre più difficile da giustificare.
  • Tutto ciò ha favorito un intenso e fruttuoso impegno per mettere a punto tecniche in vitro; inoltre, sono state rivalutate preesistenti metodiche che permettono di studiare le caratteristiche nutrizionali di foraggi e concentrati senza utilizzazione diretta degli animali.

Le tecniche in vitro vanno assumendo sempre maggiore importanza perché più rapide e precise.

Bilancio ingesta-excreta

  • N. 6-8 ovini adulti, posti in gabbie di digeribilità, in condizione standard e dotati di imbracatura per la raccolta integrale delle feci.
  • Fase preliminare di adattamento (2-3 settimane).
  • Fase sperimentale (10-14 gg): ogni giorno viene registrata la quantità di alimento ingerito e le feci prodotte.
  • Sul campione finale rappresentativo dell’intero periodo sperimentale vengono effettuate le seguenti analisi: SS, SO, N, NDF, EE.
  • Determinazione più facile per foraggi rispetto ai concentrati (effetti associativi).
Harness per la raccolta delle feci

Harness per la raccolta delle feci


Metodo degli indicatori

  • Indicatori interni (es. lignina, C.A.I., n-alcani).
  • Indicatori esterni [es. gli ossidi di metalli insolubili (Cr2O3); i marker radioattivi; vari elementi del gruppo delle terre rare ed i loro radioisotopi].
  • Calcolo del coefficiente di digeribilità apparente (CDA)

CDA = [(Cf – Ca) / Cf] x 100

  • dove Cf e Ca rappresentano la concentrazione dell’indicatore rispetto al contenuto di sostanza organica nelle feci e nella dieta, rispettivamente.

Degradabilità in situ dell’azoto

  • Questa metodica (Ørskov e McDonald, 1979) studia la cinetica di degradazione degli alimenti e stima la degradabilità della sostanza organica e/o dei singoli componenti alimentari tramite una diretta incubazione nel rumine dell’alimento, inserito in sacchetti di tessuto sintetico, poroso e non degradabile (nylon bags).
  • Considerando la sua semplicità operativa e la stretta correlazione dei dati ottenuti con quelli della digeribilità in vivo per una vasta gamma di alimenti, il metodo ha avuto una grande diffusione.
  • Tuttavia necessita di animali preparati chirurgicamente, il che ha accresciuto le problematiche etiche e morali.

Degradabilità in situ dell’azoto II

  • La degradabilità viene descritta come un processo regolato da una cinetica di primo ordine che caratterizza la proteina degli alimenti in base a tre parametri tipici:
    • una quota solubile e immediatamente degradabile (a);
    • una quota non solubile ma degradabile nel tempo (b);
    • velocità di degradazione (c).
  • Esistono numerosi fattori che possono modificare la cinetica di degradabilità degli alimenti e quindi la loro degradabilità effettiva:
    • Il tipo e la quantità di dieta basale.
    • La forma fisica degli alimenti da testare.
    • Trattamenti tecnologici subiti dagli alimenti.
    • La porosità dei sacchetti.
    • La quantità di campione incubato per unità di superficie dei sacchetti.

Degradabilità in situ dell’azoto III

  • L’incubazione dei bags viene eseguita impiegando animali dotati di fistola ruminale.
  • L’alimento viene pesato in sacchetti di nylon (porosità 40-50μ) che vanno legati a supporti in grado di garantire la massima esposizione all’ambiente ruminale, gli stessi vengono poi prelevati a tempi diversi (0, 2, 4, 8, 12, 24, 48, 72 e 120 ore).
  • Segue un lavaggio in acqua fredda, l’essiccazione in stufa a 65°C per 48 ore e la determinazione di SS, SO, fibra, proteine.
  • La quantità degradata viene calcolata come segue:

dgSS = (SSa – SSp)/SSa x 100

  • dove SSa rappresenta la quantità di SS incubata e SSp la quantità di SS recuperata.
Nylon bags

Nylon bags


Standardizzazione della metodica per la misura della degradabilità in situ dell’azoto – Commissione ASPA

Proteine nella nutrizione e nell’alimentazione dei poligastrici (1994)

  • Specie: ovino (bovino); n. 3 (4 o 5); stabulari idonei, fistola pulita e controllata.
  • Dieta: due pasti al giorno con intervallo di 8 ore; fase di adattamento (almeno 2 settimane); 75% fieno di graminacee e 25% concentrati (2 cereali e una fonte proteica – PG: 12% SS), integrazione con minerali e vitamine; livello di mantenimento.
  • Sacchetti: la quantità di alimento da incubare deve essere compresa tra 11 e 18 mg/cm2; N.ro di sacchetti max 8 (ovini) e 32 (bovini).
  • Granulometria e preparazione degli alimenti da incubare: concentrati macinati a 2 mm, foraggi secchi e paglie sminuzzati a mano (2-3 mm), foraggi freschi e insilati (2-3 mm) dopo congelamento.

Standardizzazione della metodica per la misura della degradabilità in situ dell’azotoCommissione ASPA II

  • Tempi di incubazione: tempo 0 lavaggio per 15 min in lavatrice, i concentrati almeno 6 tempi fino a 72 ore, i foraggi almeno 7 tempi fino a 120 ore, osservazioni più frequenti nella fase iniziale.
  • Procedura di lavaggio e di essiccazione: dopo il prelievo dal rumine stoppare la fermentazione immergendoli in acqua fredda e lavare in lavatrice per 15 min con centrifuga.
  • Calcolo della quota degradata: esempio di calcolo della degradabilità di un fieno (SS: 88% e PG 9%)

dgSS = (SSa – SSp)/SSa x 100

Quantità incubata = 2 g t.q., quantità recuperata dopo 6 ore = 1.3 g

s.s. con tenore in PG = 8.6% s.s.

dgSS = (2 x 0.88 – 1.3)/(2 x 0.88) x 100 = (1.76 – 1.3)/1.76 x 100 = 26.1 %

dgPG = (2×0.88×0.09 – 1.3×0.086)/(2×0.88×0.09)x100 = (0.1584–0.1118)/0.1584×100 = 29.4%

dgSSNP = [(1.76-0.1584)-(1.3-0.1118)]/(1.76-0.1584)x100 = (1.602-1.1882)/1.602×100 = 25.8%

Interpretazione dei risultati

Lo scopo della metodica in situ è quello di definire i valori di degradabilità effettiva (DG) necessari a calcolare le PDI. Inserendo la solubilità rilevata al tempo 0 e le degradabilità ottenute ai vari tempi nel modello di Ørskov e McDonald (1979) si ottengono i parametri che descrivono la cinetica di degradazione:

DG = a + b x [1 – e(-c x t)]

dove:

  • DG (t) = degradabilità ruminale al tempo t
  • a = frazione solubile al tempo t = 0
  • b = frazione potenzialmente degradabile per t = infinito
  • c = velocità costante oraria di degradazione della frazione b
  • e = numero di Nepero

La quota effettivamente degradabile nel rumine viene così calcolata:

DG = a + (b x c)/(c x k)

dove DG rappresenta la percentuale effettivamente degradata e k la velocità di transito ruminale (0.04 per i concentrati e 0.03 per i foraggi).

Degradabilità di alimenti per ruminanti


Metodo a due stadi di Tilley e Terry (1963)

  • Tra le tecniche in vitro più utilizzate per stimare la digeribilità ruminale degli alimenti.
  • Prevede due fasi:
    1. si sottopone l’alimento da testare ad una fermentazione con liquido ruminale filtrato per 48 ore a 39°C in condizioni di anaerobiosi (digestione microbica);
    2. si sottopone il residuo della prima fase ad un trattamento con acido cloridrico a pH 2 e poi a digestione enzimatica con pepsina per 48 ore (digestione enzimatica).
  • Il residuo finale viene filtrato, essiccato in stufa a 103°C ed incenerito in muffola a 550°C per calcolare SS e SO digerite.
  • Si tratta di un metodo gravimetrico di tipo statico che non fornisce informazioni sulla cinetica di fermentazione.

Degradabilità in vitro dell’NDF

  • Pesare 0.5 g del campione di alimento da testare in beute di vetro da utilizzare in un bagnomaria.
  • Aggiungere 40 ml di medium (soluzioni: macrominerale, microminerale, tampone, NaOH 0.1m, riducente).
  • Chiudere le beute e inserirle nel bagnomaria con i tubi collegati alla CO2 (anaerobiosi).
  • Inoculare 10 ml di liquido ruminale filtrato.
  • L’incubazione procede per 48 ore, agitando leggermente ogni tanto.
  • Alla fine dell’incubazione svuotare il contenuto delle beute nel Fibertec e determinare l’NDF residua.

Incubazione con enzimi

  • La tecnica di incubazione con enzimi valuta la solubilità e la degradabilità dell’azoto degli alimenti per ruminanti.
  • L’impiego di enzimi, di origine microbica e fungina, sostituisce e simula l’attacco operato dai microrganismi ruminali. Lo scopo è quello di operare indipendentemente dalla disponibilità di animali dotati di fistola ruminale e mantenuti ad alimentazione rigorosamente costante.
  • La tecnica prevede di incubare una determinata quantità di alimento a 39°C in una soluzione tampone con una proteasi.
  • A tempi prestabiliti si valuta la frazione di sostanza azotata degradata dall’enzima.

Incubazione con enzimi II

  • L’elaborazione dei dati con un opportuno modello matematico permette di valutare la cinetica di degradazione in esame.
  • Molto importante per questa metodica risulta la scelta dell’enzima, da cui dipendono i risultati.
  • Aufrère (1991) e Susmel et al. (1993) con una proteasi da Streptomyces griseus hanno evidenziato un’elevata correlazione tra dati ottenuti in vivo (r = 0.86) e quelli ottenuti in situ.
  • Altri autori hanno ottenuto migliori risultati con la papaina (Kopecny et al., 1989) o con la bromelina (Tománková e Kopecný, 1995).

Equazioni di stima

  • Regressione tra fibra grezza (FG, % s.s.) di Weende (%), NDF, ADF e ADL (% s.s.) e digeribilità in vivo della sostanza organica (DSO), vedi figura.
  • Regressione lineare tra digeribilità della sostanza secca (DSS) in vivo e quella in vitro (Tilley e Terry)

DSO in vivo = 0.99 x DSS in vitro – 1.01

  • Stima della digeribilità della sostanza organica (DSO) con il metodo del gas ottenuto a seguito di fermentazioni in vitro (Menke e Steingass, 1988)

DSO (g/kg SO) = 7.65 x Gas (ml a 24 h) + 535 (r = 0.82)


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