Nella precedente lezione sull’equilibrio acido-base abbiamo discusso:
Nella presente lezione discuteremo invece della valutazione di laboratorio dell’EAB, e delle principali alterazioni dell’EAB, che sono:
L’analisi dell’EAB è una delle indagini più delicate in biochimica clinica, sia perché spesso ci si trova di fronte a pazienti “critici”, e quindi è necessario fornire un risultato rapido ed attendibile su cui si imposteranno le eventuali terapie, sia perché vi sono alcune norme delicate per il prelievo di sangue.
Nei grossi ospedali, la necessità di ottenere risultati rapidi e le norme di prelievo per l’EAB impongono che l’analisi venga effettuata al letto del paziente o poco distante, nei cosiddetti “laboratori decentralizzati” separati dal laboratorio centrale di Biochimica Clinica, e ciò pone problemi connessi alla qualità dell’esame.
L’esame dell’EAB in genere fornisce i dati di pH, concentrazione di bicarbonato e CO2 (espressa come pressione parziale, ossia pCO2).
Le principali norme connesse al prelievo sono:
Nelle prossime diapositive accenneremo ai disordini dell’EAB e, pur senza entrare in dettaglio sugli aspetti più strettamente clinici, discuteremo sul contributo che il laboratorio può offrire anche nell’inquadramento delle varie forme.
Inoltre, anche se schematicamente si riconoscono 4 forme di disordini dell’EAB (definiti semplici), in circa la metà dei pazienti più di una di queste forme possono coesistere, dando origine a disturbi misti dell’EAB.
Come abbiamo visto nella diapositiva n. 3, i disordini semplici dell’EAB sono: acidosi (metabolica e respiratoria) e alcalosi (metabolica e respiratoria); essi si riconoscono e si distinguono attraverso la valutazione del pH, del bicarbonato e della pCO2.
Infatti, in tutti i disordini dell’EAB, esistono delle semplici regole numeriche, che ci aiutano a riconoscere le varie forme, e a distinguere i disordini semplici da quelli misti. Queste regole sono:
Senza entrare in dettaglio su tutte le cause di acidosi metabolica (per approfondire, è possibile far riferimento a testi di medicina interna), possiamo dire che l’acidosi metabolica è dovuta a:
L’eccesso di H+ fa spostare la reazione del tampone bicarbonato verso destra (quindi il bicarbonato diminuisce molto), si produce CO2 in eccesso, ma la rapida attivazione del compenso respiratorio (iperventilazione) fa rapidamente ridurre i livelli di CO2 (anche se la riduzione è minore rispetto alla riduzione del bicarbonato).
La regola dei compensi attesi per l’acidosi metabolica prevede che, per ogni mEq di bicarbonato che diminuisce, vi sia una diminuzione di 1.2 mmHg della pCO2. Quindi, se in condizioni normali le concentrazioni di bicarbonato e CO2 sono rispettivamente:
24 mEq/L di HCO3- ; 40 mmHg CO2
ci aspettiamo che un quadro di acidosi metabolica fornisca i seguenti risultati:
pH < 7.4; ……… 18 mEq/L di HCO3- ; …………….. 32.8 mmHg CO2
Come si vede, sono rispettate le tre condizioni: entrambi gli elementi della coppia sono diminuiti; il pH indica acidosi; la regola dei compensi è rispettata. Infatti, il bicarbonato è diminuito di 6 mEq/L e quindi la CO2 è ridotta di 7.2 mmHg (1.2 x 6). Quindi, si tratta di un quadro compatibile con acidosi metabolica pura, e non con un disturbo misto.
Per la valutazione dell’EAB esistono una serie di nomogrammi attraverso i quali è possibile, partendo dai valori di HCO3- e pCO2 stabilire se il soggetto si trova in condizioni normometaboliche, oppure in acidosi o alcalosi, metabolica o respiratoria.
Nella figura è mostrato un esempio.
Una volta confermato che si tratta di acidosi metabolica, il laboratorio può contribuire a definire la causa. In particolare, può essere utile stabilire se si tratta di un’acidosi dovuta ad eccessiva produzione di acidi, oppure alla ridotta eliminazione renale di acidi, oppure infine se si tratta di un’acidosi da perdita di bicarbonato.
Nelle acidosi da perdita di bicarbonati, si verifica un aumento del “gap anionico”. Vediamo cos’è questa misura: poiché è essenziale che nel sangue vi sia un equilibrio tra cariche positive e negative, la somma degli ioni positivi e negativi deve essere uguale a zero. Il gap anionico è l’insieme di tutte le valenze negative ad eccezione dello ione cloro e del bicarbonato presenti in un campione di sangue. Include quindi lo ione lattato, lo ione acetoacetato, e così via. Per evitare di dosare tutte queste sostanze, il gap anionico si calcola attraverso la formula:
Gap anionico = (Na+ + K+) – (Cl- + HCO3-)
Vengono infatti presi in considerazione sodio e potassio (principali ioni positivi presenti nel sangue) e bicarbonato e cloro (principali ioni negativi). Nelle acidosi dovute a perdita di bicarbonato (ad esempio diarrea o acidosi tubulare) il gap anionico aumenta poiché si perde più bicarbonato; nelle altre acidosi metaboliche invece il gap anionico non aumenta.
Una volta confermato che si tratta di acidosi metabolica, il laboratorio può contribuire a definire la causa. In particolare, può essere utile stabilire se si tratta di un’acidosi dovuta ad eccessiva produzione di acidi, oppure alla ridotta eliminazione renale di acidi, oppure infine se si tratta di un’acidosi da perdita di bicarbonato. Nelle acidosi da perdita di bicarbonati, si verifica un aumento del “gap anionico”. Vediamo cos’è questa misura: poiché è essenziale che nel sangue vi sia un equilibrio tra cariche positive e negative, la somma degli ioni positivi e negativi deve essere uguale a zero. Il gap anionico è l’insieme di tutte le valenze negative ad eccezione dello ione cloro e del bicarbonato presenti in un campione di sangue. Include quindi lo ione lattato, lo ione acetoacetato, e così via. Per evitare di dosare tutte queste sostanze, il gap anionico si calcola attraverso la formula:
Gap anionico = (Na+ + K+) – (Cl- + HCO3-)
Vengono infatti presi in considerazione sodio e potassio (principali ioni positivi presenti nel sangue) e bicarbonato e cloro (principali ioni negativi). Nelle acidosi dovute a perdita di bicarbonato (ad esempio diarrea o acidosi tubulare) il gap anionico aumenta poiché si perde più bicarbonato; nelle altre acidosi metaboliche invece il gap anionico non aumenta.
Il laboratorio può contribuire anche ad identificare le acidosi dovute a ridotta eliminazione renale (legate in genere a ridotta filtrazione glomerulare).
Infatti, in queste forme potremo documentare un aumento sierico di creatinina o un’alterazione della clearance della creatinina non presenti nelle altre forme di acidosi renale (vedasi anche lezione sulla valutazione di laboratorio della funzionalità renale).
Infine, nelle acidosi legate ad aumentata produzioni di acidi, il laboratorio può contribuire ad identificare la causa: per esempio, è possibile documentare un aumento plasmatico del lattato e quindi orientarsi verso un’acidosi lattica; ancora, è possibile dosare i chetoni e quindi documentare una chetoacidosi e attraverso la valutazione del glucosio ed altri parametri del metabolismo glicidico (vedasi la lezione sul metabolismo glicidico) stabilire che si tratta di una chetoacidosi diabetica, e così via.
L’acidosi respiratoria è dovuta ad alterazioni nella ventilazione polmonare; di conseguenza vi è una ridotta eliminazione di CO2 che aumenta nel sangue. La reazione del sistema tampone del HCO3- si sposta a sinistra verso la produzione di HCO3-, che a sua volta aumenta nel sangue (anche se di meno rispetto alla CO2). Quindi, il rapporto HCO3- /CO2, e di conseguenza il valore di pH arterioso diminuiscono.
Anche nell’acidosi respiratoria esiste la regola dei compensi attesi: in particolare, per ogni 10 mmHg di aumento della pCO2, si verifica un aumento di 1 mEq/L della concentrazione di HCO3-.
Quindi, se in condizioni normali le concentrazioni di HCO3- e CO2 sono rispettivamente:
40 mmHg CO2; 24 mEq/L di HCO3-
ci aspettiamo che un quadro di acidosi respiratoria fornisca i seguenti risultati:
pH < 7.4 ….. 50mmHg CO2; …. 25 mEq/L di HCO3-
Come si vede, sono rispettate le tre condizioni: entrambi gli elementi della coppia sono aumentati; il pH indica acidosi; la regola dei compensi è rispettata. Infatti, la pCO2 è aumentata di 10 mmHg e HCO3- è aumentato di 1 mEq/L. Quindi, si tratta di un quadro compatibile con acidosi respiratoria pura, e non con un disturbo misto. Per il resto, il laboratorio non offre un grosso contributo alla diagnosi di acidosi respiratoria; le cause (neurologiche, meccaniche, etc.) che determinano l’acidosi vengono definite su base clinica.
L’alcalosi metabolica è dovuta a perdita di acidi (attraverso le feci, vomito, etc.), che causa uno spostamento a sinistra della reazione del sistema tampone del HCO3- (che aumenta); l’apparato respiratorio reagisce riducendo la ventilazione polmonare e quindi anche la pCO2 aumenta (di meno rispetto al HCO3-). Quindi, il rapporto HCO3-/CO2, e di conseguenza il valore di pH arterioso risultano aumentati.
Anche nell’alcalosi metabolica esiste la regola dei compensi attesi: in particolare, per ogni 10 mEq/L di aumento della concentrazione del HCO3-, si verifica un aumento di 7 mmHg della pCO2.
Quindi, se in condizioni normali le concentrazioni di HCO3- e CO2 sono rispettivamente:
24 mEq/L di HCO3- ; 40 mmHg CO2
ci aspettiamo che un quadro di alcalosi respiratoria fornisca i seguenti risultati:
pH>7.4 34 mEq/L di HCO3-; ……… 47 mmHg CO2
Come si vede, sono rispettate le tre condizioni: entrambi gli elementi della coppia sono aumentati; il pH indica alcalosi; la regola dei compensi è rispettata. Infatti, la concentrazione di HCO3- è aumentata di 10 mEq/L e la pCO2 è aumentata di 7 mmHg. Quindi, si tratta di un quadro compatibile con l’alcalosi metabolica pura, e non con un disturbo misto.
L’alcalosi respiratoria è dovuta all’aumentata eliminazione di CO2 attraverso la respirazione che causa uno spostamento a destra della reazione del sistema tampone del HCO3- (che a sua volta diminuisce, anche se in misura minore rispetto alla CO2). Quindi, il rapporto HCO3- /CO2, ed il valore di pH arterioso risultano aumentati.
Anche per riconoscere l’alcalosi respiratoria vale la regola dei compensi attesi: in particolare, per ogni 10 mmHg di riduzione della pCO2, è attesa una riduzione di 2 mEq/L della concentrazione di HCO3-.
Quindi, se in condizioni normali le concentrazioni di HCO3- e CO2 sono rispettivamente:
24 mEq/L diHCO3- ; 40 mmHg CO2
ci aspettiamo che un quadro di alcalosi respiratoria fornisca i seguenti risultati:
pH>7.4 ; 20 mmHg CO2 ; ………. 20 mEq/L di HCO3-
Come si vede, sono rispettate le tre condizioni: entrambi gli elementi della coppia sono aumentati; il pH indica alcalosi; la regola dei compensi è rispettata. Infatti, la pCO2 è ridotta di 20 mmHg e quindi la concentrazione di HCO3- è ridotta di 4 mEq/L. Quindi, si tratta di un quadro compatibile con alcalosi respiratoria pura, e non con un disturbo misto.
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19. Il laboratorio nel metabolismo del ferro
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L. Spandrio, Biochimica Clinica, Sorbona, 2000
L. Sacchetti, Medicina di laboratorio e diagnostica genetica, Sorbona, 2007
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